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Conferenza Rivoluzione liberale
Partito Radicale Gianfranco - 7 marzo 1998
CENSURA CINEMATOGRAFICA

La vicenda del mancato nulla osta della censura al film di Ciprì e Maresco

ha suscitato, anche in questa conferenza, generali e giuste proteste

circa l'arcaicità, l'illegittimità ecc.

di una simile decisione.

A questo proposito Paissan, mi pare, ha presentato, o si è proposto

di presentare, un disegno di legge che abroghi il nulla osta censorio,

lasciando libero ogni cittadino adulto di vedere

i film che preferisce (i film nei limiti del codice penale, naturalmente).

Ma il mio sbigottimento è nel constatare che, a quanto pare,

tutti, anche a sinistra, sono d'accordo nel conservare il divieto ai

minori di 18 anni.

Può sembrare un divieto scontato e marginale. A chi avrà la pazienza di

seguirmi cercherò di dimostrare che questo divieto incide pesantemente,

e repressivamente, sulla produzione cinematografica nazionale.

Occorre considerare due dati:

1) la percentuale maggiore degli incassi del film non è costituita oggi

nè dalla vendita dei biglietti nelle sale, né dal noleggio delle

videocassette,

ma dalla vendita dei diritti per la trasmissione televisiva dei film.

2) La legge Mammì proibisce che i film vietati ai minori di 18 anni siano

trasmessi in televisione A QUALSIASI ORA.

Ne consegue che un film a cui la censura appioppi un divieto ai minori

di 18 anni è, quasi sempre, da un punto di vista economico, un film

"bruciato", che non rientra dei costi di produzione.

Fino a qualche tempo fa, i produttori si difendevano presentando nelle

sale la versione del film vietata ai 18; montando una seconda versione

"tagliata", poi richiedendo un nuovo pronunciamento

della censura, per derubricare

il divieto ai 14, e vendere la nuova versione alla tv.

Un codicillo della legge sul cinema di qualche anno fa, rende improponibile

anche questo espediente, perchè oggi, per chiedere la revisione del

giudizio della censura, occorre far trascorrere circa quattro anni.

(Per far sì che il produttore fatichi a rientrare in tempi ragionevoli

dei soldi

spesi).

Il divieto ai 18 ha dunque, oggi, un valore intimidatorio nei confronti

di registi e produttori italiani,

che devono stare attenti a non affrontare

tematiche considerate scabrose, per non essere falcidiati dalla censura.

Di qui anche il generale clima rassicurante, natalizio,

inoffensivo della cinematografia nazionale.

Ci sono eccezioni naturalmente: come i film di Brass, molto commerciali

e popolari fino a qualche tempo fa, che potevano permettersi di non essere

trasmessi, almeno non in tempi brevi, in televisione.

O i film con le Parietti, le Marini, ecc., che, grazie alla popolarità

delle protagoniste, aspirano a rifarsi dei costi al cinema o con le

videocassette.

Ma quando Aurelio Grimaldi ha osato girare un film come "Nerolio", su un

episodio

di "Petrolio" di Pasolini (l'orgia sul pratone del Casilino),

non ha venduto i diritti d'antenna alla RAI e non ha trovato una

distribuzione.

Film come se ne giravano negli anni Settanta da Pasolini,

da Bertolucci, dalla Cavani, da Ferreri, ecc.

oggi sarebbero, per queste ragioni, economicamente improponibili.

Di qui, la necessità di abrogare il divieto ai minori di 18,

o il divieto di trasmettere i film vietati in tv (riservando loro magari

specifiche fasce orarie tarde).

 
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