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Conferenza Rivoluzione liberale
Colombo Emilio - 14 marzo 1998
SEGNI: CON DI PIETRO CONTRO I PARTITINI
Intervista di Maria Teresa Meli

(la Stampa, mercoledì 11 marzo 1998)

ROMA. Mario Segni ci riprova per la terza volta. La più difficile, perché a raccogliere le firme per questo referendum elettorale non ci saranno partiti organizzati sotto questo profilo, come il pds o i radicali. E non è affatto scontato che i nomi di sostenitori famosi, quali Di Pietro, colmeranno questa lacuna. "Con Tonino - racconta Segni - ci siamo incontrati, dopo che lui aveva fatto delle dichiarazioni pubbliche a favore del referendum. Quando le ho lette, l'ho chiamato, ci siamo visti, abbiamo parlato, e ci siamo trovati d'accordo su molti punti. Lui mi ha spiegato che come me è contrario alla proliferazione dei partitini e, più in generale, alla partitocrazia".

Segni, ma cosa l'ha spinta a tentare questa avventura?

"Tutto ebbe inizio alla fine dell'anno scorso, quando Peppino Calderisi e Augusto Barbera mi spiegarono che c'era una persona, Emilio Colombo, che aveva trovato il modo di superare l'obiezione della Corte costituzionale nei confronti del referendum elettorale. Io ne rimasi colpito. Però per qualche mese quell'idea restò a bagnomaria".

E poi perché acceleraste?

"Ci fu un fatto ben preciso che fece scattare in noi una molla: l'uscita di Berlusconi a favore della proporzionale. Io ne rimasi molto impressionato. E Barbera, in quell'occasione, mi chiamò al telefono e mi disse: ''Se non ci muoviamo subito, se non ci rimbocchiamo le maniche, tutto quello che abbiamo fatto finora va a farsi benedire''. Non perdemmo tempo: tre giorni dopo ci incontravamo a casa mia io, Barbera, Calderisi, Adornato, Scoppola e Petruccioli".

E là che vi siete detti?

"Eravamo tutti d'accordo su un fatto, che bisognava agire perché la situazione diventava grave: altro che rilancio della Bicamerale, stava partendo un'offensiva al ribasso. A quel punto il ragionamento comune fu questo: abbiamo una sola arma nelle nostre mani, il referendum, e non possiamo tirarci indietro. E così iniziammo a lavorare".

Il pidiessino Fabio Mussi, afferma che con questo referendum 155 seggi verranno distribuiti in modo casuale.

"Fare eleggere chi ha più voti è casuale?".

Il capogruppo del ppi alla Camera Mattarella sostiene che è inutile e che, semmai, moltiplica i partitini.

"Ma se questo referendum è inutile, se non cambia nulla, perché si preoccupano tanto? Non è un caso che l'offensiva dei partitini sia fortissima. Lasciamo stare queste obiezioni. La verità è che la proporzionale ha mantenuto la riserva indiana della partitocrazia e dei partitini. Il nostro obiettivo, invece, è quello di dare stabilità al Paese con la lotta alla frammentazione dei partiti. Se entriamo in Europa lo dobbiamo al fatto che c'è un sistema maggioritario, ma con questo sistema maggioritario imperfetto in Europa non ci rimaniamo".

Non le sembra di esagerare?

"No. Se fosse stato ancora in vigore il vecchio sistema il governo Prodi sarebbe entrato in crisi almeno tre volte. Così non è stato, però con l'Albania, le 35 ore e l'Iraq abbiamo rischiato di grosso. E questo perché l'attuale sistema elettorale obbliga ad accordi privi di base programmatica, come quello con Rifondazione. E il referendum è quello che ci vuole, perché darà la spallata decisiva che ci condurrà verso un vero bipolarismo. Ecco perché c'è tanto allarme in giro".

Segni, lei non teme che D'Alema possa utilizzare questo referendum come arma di pressione nei confronti dei partiti, con lo scopo di far approvare la bozza della Bicamerale?

"Il referendum è un treno su cui molti saltano, cercando di fargli imboccare strade diverse, ma la mia esperienza dice che alla fine il referendum va dritto per la sua strada. Il referendum è dei cittadini e non è facile per nessuno impossessarsene".

Sì, però qualcuno più noto di altri ci può provare... Di Pietro, per esempio.

"Guardi, io considero un fatto fortemente positivo che accanto ai ''vecchi'' referendari abbia aderito anche Di Pietro, e con lui altre personalità come Letizia Moratti, Abete, Marzotto, Occhetto, Martino, Cossiga. Personaggi diversi, anche diversissimi, che non formeranno mai un partito, ma che si sono trovati insieme, in un momento particolare, in questa ''unione sacra'' per il referendum. Si tratta di nomi di prestigio, ma non facciamoci illusioni: trovare le firme sarà dura, perché questa volta non abbiamo partiti organizzati alle spalle. Perciò dobbiamo fare appello ai cittadini".

 
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