Legge elettorale e proposta Segni-Di Pietrodi GIOVANNI SARTORI
Roma, 14 marzo 1998
Che Pannella abbia già pronta una nuova dissennata sventagliata di 45, diconsi quarantacinque, referendum oramai non sorprende più. Il clamoroso fallimento della sua sventagliata precedente non gli ha insegnato nulla. In verità, a Pannella nulla insegna nulla. Il personaggio è catafratto, corazzato nelle sue fissazioni. Tra queste la più nociva è forse quella sul sistema elettorale, che per lui deve essere maggioritario a un turno, all'inglese. In questo momento sono gli stessi inglesi a non volere più il loro sistema, e il governo Blair si ripromette di cambiarlo. La Nuova Zelanda lo ha già fatto, abbandonando il maggioritario puro per passare a un sistema misto. Non so se Pannella queste cose le sappia. Ma anche se le sa, nulla lo scuote. Il suo disco si è rotto al detto »monoturno o morte e gracida così da decenni.
Per fortuna, la fortuna dei messaggi di Pannella è in ribasso. Resta che nel suo strafare referendario Pannella ha screditato lo strumento. Io non sono, in linea di principio, un patito del referendum. Ma quando ci vuole, ci vuole. La riforma elettorale è diventata il nodo di Gordio delle riforme. O lo si taglia con la spada del referendum, oppure rischia di restare un nodo che nessuno sa sciogliere. E dunque sì; un qualche referendum sul sistema elettorale è bene che avvenga, o comunque che venga minacciato.
Le proposte referendarie sono varie. Una, la più circoscritta, chiede che dalla legge elettorale vigente venga eliminato lo scorporo. Non sto a spiegare che cosa sia (lo scorporo). Ma siccome è un meccanismo che, nell'avvantaggiare i partiti minori produce anche distorsioni, se venisse eliminato, il Mattarellum ne risulterebbe razionalizzato. L'abolizione dello scorporo ha anche la virtù di tradursi in un questito referendario semplice, e per ciò stesso sicuramente accoglibile per la Corte costituzionale. La proposta di peso è peraltro quella di eliminare la quota proporzionale del Mattarellum. E qui la spada comincia davvero a tagliare.
Ma ecco subito una complicazione, posta - va senza dirlo - dal nostro Giamburrasca, alias Pannella. Tra i 45 referendum già da lui depositati è inclusa la proposta anti-proporzionalistica. A quasi tutti sembra che quella proposta potrebbe vincere soltanto se diventa preminente e quindi se presentata da sola. Difatti Segni e il comitato che include i nomi di Occhetto, Barbera, Calderisi (e molti altri) al quale si è poi associato Di Pietro, propone soltanto il referendum che elimina la quota proporzionale. Così sembra a quasi tutti, ma non all'egolatrico Pannella, che accetta di fondere le due iniziative solo alle sue condizioni, che sono poi condizioni inaccettabili. Ora come ora, dunque, si prospettano due referendum aventi lo stesso oggetto e pressoché identici nel loro testo: uno di Pannella (affogato nella sua ammucchiata), e uno a sé stante di Segni e Di Pietro. Un pasticcio dal quale non so come usciremo.
Questo pasticcio non è - si avverta - soltanto di duplicazione; è anche di sostanza. Perché i due referendum hanno sottintesi diversi. Pannella, già lo dicevo, è un maniaco di quel monoturno che nemmeno gli inglesi vogliono più. La proposta Segni-Di Pietro è invece sottoscritta da fautori del doppio turno. Il referendum su questa opzione non può dire nulla. Ma siccome tanto l'elezione a un turno quanto l'elezione a due turni rientrano nel contesto dei sistemi maggioritari, il sottinteso è che la vittoria del referendum Segni-Di Pietro travolgerebbe non soltanto la quota proporzionale ma, volendo, anche il monoturnismo.
S'intende che un sottinteso è soltanto un sottinteso, e che i sottintesi si prestano a scherzi e malintesi. Come evitarli? Come garantirsi? L'idea è venuta al senatore Passigli della Sinistra indipendente. I sottoscrittori del referendum Segni-Di Pietro sottoscrivano anche - ecco l'idea - una proposta di legge di iniziativa popolare per l'introduzione del doppio turno nei collegi uninominali (proposta che Passigli ha già redatto). Per le proposte di legge di iniziativa popolare occorrono soltanto 50 mila firme. Quindi in questo caso lo sforzo è piccolo. In compenso la chiarezza che ne deriva è grande. Se, per esempio, Segni non sottoscrivesse la proposta Passigli io mi guarderei bene, a mia volta, dal sostenere l'iniziativa Segni. E se Segni cercasse di incorporare Pannella nel suo referendum, a tanta maggior ragione io mi tirerei indietro.
Con la garanzia suggerita da Passigli il referendum Segni-Di Pietro mi sembra quindi da appoggiare. Anche perché non trovo convincenti le critiche con le quali Rifondazione, Popolari e altri stanno cercando di impallinarlo.
Una prima critica - cito per tutti Dario Franceschini, vicesegretario del Ppi - è che »il referendum elettorale è solo un colossale imbroglio perché »con questa proposta non si elimina la quota proporzionale, ma semplicemente la si attribuisce in modo diverso . Ma è chi dice così che imbroglia o si imbroglia. Il quesito referendario abolisce la distribuzione proporzionale dei seggi basata su un voto di lista, e la sostituisce trasformando un quarto dei collegi in collegi binominali (che eleggono due rappresentanti invece di uno solo). E aspetto che Franceschini spieghi quale è la proporzionalità di questo »modo diverso .
La seconda critica è, immancabilmente, quella di Rifondazione che per bocca di Bertinotti ci fa sapere che una legge elettorale che cancella la proporzionale, cancella anche l'esistenza dei partiti ed è, perciò, »lesiva della democrazia . Capisco che per un comunista in cerca di rifondazione (del comunismo) capire la democrazia sia difficile. Ma il fatto è, onorevole Bertinotti, che in Inghilterra i partiti sono fortissimi senza proporzionale. E sostenere che i Paesi maggioritari (ivi inclusi gli Stati Uniti) ledono la democrazia è davvero esagerare.
Se queste sono le critiche, allora il referendum elettorale non ha vere controindicazioni. Se poi le critiche saranno altre, vedremo.