LA DESTRA DI FINI E LA POLITICA SOTTO LA CINTURAda IL CORRIERE DELLA SERA sabato, 11 Aprile 1998
di Francesco Merlo
Chi ha conosciuto il Movimento sociale di Almirante e di Fini, chi da cronista ha frequentato la destra italiana e ne ha seguito le evoluzioni sino a Fiuggi e Verona, ha spesso riso delle camicie nere e dei busti di Mussolini. Ancora recentemente ci e' capitato di incrociare alla Camera dei deputati uomini come Benito Paolone o Teodoro Buontempo, i simpatici selvaggi di Alleanza nazionale, spiriti forti, liberi come animali, e di aver gridato loro: "Camerata, a noi!". Sempre quelli ci hanno risposto, anche nel famoso Transatlantico, con un ironico "a noi!", lanciandosi in un saluto romano come in una caricatura, ridendo di quel gesto che finiva col rivelare una perversione quasi poetica della politica contemporanea, un grottesco irreale. E tuttavia la scenetta sempre ha avuto bisogno di un veloce ricomporsi fisico, di piccole scosse di assestamento, a cominciare dalle dita tra i capelli per finire con l'immancabile "toccatina" sotto la cintura, quando la mano corre veloce alla pesa, e la coscia si allarga e
si richiude come fosse a molla. I cronisti di Montecitorio lo sanno e se lo dicono: c'e' molta piu' politica nella "toccatina" che nel saluto romano, perche' e' sempre il dettaglio che rivela l'essenza delle cose.
E invece e' il saluto romano, e' Mussolini, e' la Repubblica di Salo', sono l'orbace e il Voi che Alleanza nazionale e' stata ed e' quotidianamente costretta a ripudiare, abiurare, maledire, in un riesame infinito che gli italiani conoscono bene: oggi c'e' una bella dichiarazione di revisione storiografica, domani e' con un'intervista esclusiva che si addentera' un altro bel pezzo di passato. E il fascismo, che nel peggiore dei casi era ormai il desiderio ringhioso, amaro e inappagabile di parte dei militanti di An, si riduce alla ferita che un genitore criminale ha procurato loro generandoli. In fondo e' - pensateci - la stessa trasformazione che avviene a sinistra dove e' d'obbligo ripudiare Stalin, rinnegare Togliatti, inventarsi un Gramsci liberale, tanto la storia e' impostura, come diceva Sciascia, e dunque la si usi a piacimento, l'importante e' imporsi. Eppure anche li' c'e' il dettaglio traditore che segnala la politica della doppiezza, la sornionita', il dirne una che ne significa altre cento, il c
ercare tra i peli del baffo la menzogna, la doppia verita', che e' la vera cifra irripudiabile, un impasto che sfugge alle revisioni storiche e ai "libri neri" perche' e' innanzitutto un'antropologia.
Proprio come a destra, dove la toccatina, la politica della toccatina, e' una cultura ben piu' greve e ben piu' grave del folclore tricolore e dei vecchi busti del duce, e' l'insulto "spiritosamente sboccato" che Francesco Storace gridava all'onorevole Paissan durante un triste dibattito alla Camera, e' la risata sguaiata, e' il razzismo verso tutto cio' che pare anormale, dalla donna-cannone ai neri, agli omosessuali, e' il raid contro le prostitute, e' tutto un modo d'essere e di pensare che si situa appunto sotto la cintura.
Ed e' la politica dei colpi bassi, violenti e demagogici, come quello che Gianfranco Fini ha sferrato in televisione, durante lo show di Maurizio Costanzo: oggi ci ha messo pensosamente in guardia contro i maestri omosessuali, domani invochera' la pena di morte, dopodomani ci spieghera' che l'immigrato...Ci vuol poco, in attesa della fine del secolo, a solleticare la bestia feroce che si nasconde in ciascuno di noi, ci vuol poco a farci diventare intolleranti e razzisti. Persino tra i cattolici c'e' risentimento, voglia di riaccendere qualche rogo. Chi dunque crede che la politica si faccia in Bicamerale o nei vertici di Palazzo Chigi e' stato servito: Gianfranco Fini gli ha dato una lezione.
Raccontano adesso che Fini avesse letto un sondaggio sulle paure degli italiani, molti giurano che il leader di An si era tutto preparato. Certamente intendeva stabilire una corrispondenza tra un malessere emotivo diffuso e la cultura della toccatina, tra la scorciatoia del pensiero e lo sgomento per gli orrori commessi sui bambini, la paura delle violenze fisiche, il richiamo alle mille malattie dell'anima che potrebbero contagiare i nostri figli. Questa cultura e', se volete, incultura, perche' semplifica, impoverisce, involgarisce l'Italia. E' mangiare con le mani, fare pernacchie al cinema, sputare per strada... Ed e' davvero stucchevole leggere, tra le mille reazioni a Fini, tutto questo sdottoreggiamento sull'omosessualita' e sulla pedagogia, da Socrate a Saffo, da Molie're ai film di Scola, con tutti questi facili filosofemi che rischiano di esaltare le semplificazioni, di renderle drammaticamente accettabili. Pensate che c'e' persino chi sostiene che un maestro omosessuale e' migliore di un maestro e
terosessuale, offrendoci la stessa frittata, ma al rovescio. Come se quella di Fini fosse davvero un'opinione da smontare con le enciclopedie della scienza e non una politica da smascherare: la politica del colpo basso, appunto. Provate a misurare, per esempio, quanta cultura della toccatina c'e' nelle parole che Daniela Fini ha regalato al collega Aldo De Luca del "Messaggero". Domanda: chi e' un omosessuale per lei? Risposta: "Non lo so, una persona malata, una che lo fa per soldi, una che gli piace farlo, sono affari suoi, non mi riguarda. Come quello che e' cornuto: e' cornuto, sono affari suoi, non e' un problema mio, diventa un problema mio quando diventa il maestro di mia figlia. Io ce l'ho la liberta' di scegliere, o no?". Lasciamo dunque Daniela Fini alle prese con questa materia plastica al punto di fusione. Certamente il suo stile mozzo, nodoso, bene rende le brevi strozzature della nostra angoscia dinanzi alla politica. Ecco, se questa e' la destra moderna, trasformata, democratica, civile, sdoga
nata... ebbene, allora: aridatece i fascisti.