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Conferenza Rivoluzione liberale
Poretti Donatella - 6 maggio 1998
LA RAI? DIAMOLA AI PARTITI...
STA PER PARTIRE L'ENNESIMA LOTTIZZAZIONE: E ALLORA TANTO VALE FAR CADERE L'IPOCRISIA

da LA REPUBBLICA, mercoledi' 6 maggio 1998

di CURZIO MALTESE

La voce secondo cui un certo Claudio Velardi, gia' consigliere di D'Alema, starebbe furiosamente trattando col vertice di viale Mazzini le nuove nomine dei direttori di tg e reti, su mandato del Pds o come si chiama, riapre tragicamente il capitolo Rai. Che fare della prima, ma a tratti ultima azienda culturale italiana? Lasciare andare tutto in malora, cosi'? Chiudere, privatizzare, chiedere a Ciampi, agganciarla all'euro, chiamare la Bundesbank, vendere a Murdoch?

Tutte le ipotesi sembrano migliori di questa sorda deriva. Ma nessuna purtroppo e' praticabile, stante la prevalenza degli interessi politici, sotto qualsiasi regime.

In fondo a un trentennale "dibbattito", il rebus Rai sembra avere un'unica possibile soluzione: affidarla ai partiti. Bella nuova, si dira'. Quando mai i partiti non hanno fatto il brutto e pessimo tempo alla Rai. Si', ma attenzione, qui non stiamo parlando di lottizzazione, di nomine decise nelle sedi, di appartenenze (sia pur mutevoli) da leggere in controluce, tizio trattino popolari, caio trattino, con le sdegnate smentite del caso.

NON SI FA l'elogio, ci mancherebbe, dell'orrida praticaccia dorotea che oggi vede nel tal Velardi l'ultima incarnazione dell'eterno Cencelli.

Al contrario, si tratta di far cadere l'ultimo velo o velina d'ipocrisia, per arrivare a un solare, esplicito dominio delle segreterie. La "Rai in mano ai partiti" smettera' d'essere uno slogan per tradursi in una onesta assunzione di responsabilita' diretta. Perche' accontentarsi dei portaborse quando i leader sono senz'altro migliori?

Lo chiede la democrazia, l'economia, l'Europa. Magari l'Europa no, ma insomma. Certo, il momento storico e' favorevole. L'opinione pubblica e' maturata. Nel senso che non e' rimasto un solo imbecille, neppure nelle piu' sperdute e ingenue periferie di telelandia, capace di credere ancora ai discorsi, anzi al Discorso che celebra ogni nuova ondata lottizzatoria. Quel Discorso delle Nomine con le sue maiuscole, rotonde e proverbiali formule, il Passo Indietro (dei partiti), il Recupero della Professionalita' e Autonomia dell'Azienda, che un tempo faceva ridere e ora evoca la mestizia di un vecchio numero di varieta' o della tromba finale de I Clowns di Fellini.

E sono maturi i politici. Gia' Pasolini, con altri argomenti, proponeva di dare la tv di Stato direttamente ai partiti. Ma allora i leader erano al governo e capivano poco della materia. Oggi, sgravati da compiti governativi in favore dei tecnici, con indubbio guadagno generale, i capi partito possono e debbono ora dedicarsi a tempo pieno all'attivita' che comunque ne riempie giornate, studi, pensieri, e ne scandisce le carriere: l'immagine televisiva.

Perche' insomma limitarsi a Velardi quando c'e' un D'Alema cui offrire un impegno concreto e una ciambella di salvataggio dal Titanic bicamerale? E se alla Quercia va di rigore la prima rete, a Raidue s'addice meglio la gestione personale di Berlusconi, liberato dall'incongruo ruolo di capo dell'opposizione, piuttosto che all'altalenante e comunque fininvestiana diarchia Freccero- Mimun. Quanto a Raitre, destinata all'estinzione, perche' non incaricare direttamente la simpatica Giovanna Melandri invece che insistere sul cugino Giovanni Minoli e la sua corte di miracolati? Va da se' che nel nuovo organigramma tocchera' una poltronissima (presidente o direttore generale) a Walter Veltroni, archivio Rai ambulante, oggi sprecato a inseguire musei, enti lirici, cinema, teatro e altre polverose anticaglie.

Dalla diretta gestione, la Rai dei partiti, oltre a migliorare il personale aziendale, ne caverebbe altri vantaggi economici e culturali. Per esempio. 1) Fine della lottizzazione e conseguente risparmio di centinaia o migliaia di stipendi a perdigiorno, portaborse e voltagabbana; 2) controllo democratico dei cittadini attraverso l'audience. Se il presidente Veltroni sbaglia, va a casa lui e non l'incolpevole esecutore Siciliano; 3) un rapporto piu' onesto col pubblico. Grazie alla riconoscibilita' delle fonti, e magari anche all'adozione di simboli di partito al posto di quelli di rete o tg, e di distintivi all'occhiello degli speaker; 4) l'agognato ritorno alla cultura, sia pure di partito. Si pensi a una bella storia della Resistenza a puntate, la Storia di Salo' di Violante-Fini, un kolossal sul '48 prodotto da Mediaset e Forza Italia, un serial sull' impegno cattolico da Don Sturzo a Buttiglione, documentari sulla natura dei Verdi, rubriche di viaggi (dall'Albania al Costarica) a cura della lista Dini, l

etture marxiste di Rifondazione in coda ai film di Ken Loach, quiz sulla Padania presentati da Bobo Maroni e cosi' via. Questa si' sarebbe una riforma d'interesse mondiale. La profezia compiuta di un' autentica e democratica politica spettacolo.

 
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