sulla vicenda dell'informazione e di radio radicale inviato al Presidente
del Consiglio, al governo, alla
Commisione Cultura della Camera
ed al Presidente della commissione
di Vigilanza
I FATTI
LE RAGIONI, GLI OBIETTIVI E
LE MODALITA' DELLA
PRIMA MANIFESTAZIONE
ORGANIZZATA E COLLETTIVA - NON SOLO IN
ITALIA - DI SCIOPERO DELLA SETE. A PARTIRE DA
DOMENICA 17 MAGGIO.
PRONTI E DETERMINATI A CHIUDERE NON SOLO
RADIO PARLAMENTO, MA ANCHE RADIO
RADICALE DAL 1 GIUGNO.
RICHESTA DI IMMEDIATO INCONTRO CON IL
PRESIDENTE DEL CONSIGLIO, E DI IMMEDIATA
AUDIZIONE DA PARTE DELLA COMMISSIONE
CULTURA DELLA CAMERA DEI DEPUTATI, E
DELLA COMMISSIONE DI INDIRIZZO E VIGILANZA
SULLA RAI.
Roma, 14 maggio 1998
Mentre al movimento radicale italiano della Lista Pannella e a
tutte le organizzazioni dell'area - impegnati per la quinta volta
in un semestre in un Satyagraha che ha coinvolto oltre
diecimila digiunatori, e ne coinvolge oggi circa 3.500 - sono
radicalmente e letalmente tolti i diritti civili fondamentali, da
quello all'immagine, all'onore e alla reputazione, alla
manifestazione del proprio pensiero e all'esistenza secondo
l'art. 49 della Costituzione, prosegue l'azzeramento violento,
l'annientamento doloso operato dalla RAI-TV, da Mediaset,
dal sistema informativo "privato" della stampa confindustriale
o a essa omologata.
Tutto è usato contro la legge, il diritto, contro democrazia e
libertà, con la violenza delle omissioni, degli inganni e della
censura.
Le cifre e le documentazioni ufficiali sono totalmente
convergenti e univoche: da anni, ininterrottamente, e negli
ultimi semestri e trimestri in modo ancora più violento,
l'azzeramento (la riduzione allo 0% aritmetico)
dell'informazione dei cittadini italiani sull'attività politica del
Movimento e di Marco Pannella si è realizzato con perfezione
assoluta. L'ostracismo, la censura, l'eliminazione totale da
ogni forma di dibattito pubblico (cioè l'esclusione dal 100%
aritmetico degli spazi dei mass-media) della storia, delle
persone e delle idee radicali, così come la deturpazione della
loro immagine e la distruzione della loro identità attraverso la
parzialità delle pretese "notizie" pur rarissimamente fornite,
sono continuamente confermati, cioè - in sostanza -
preannunciati e preventivati.
Il comportamento letteralmente infame e infamante
dell'ordine giudiziario italiano, dei poteri pubblici del regime,
dei partiti di Governo e (tranne rare eccezioni) di opposizione,
delle autorità di garanzia costituzionale e civile, si esplica così
sia in una miriade di violenze e di denegate giustizie nei
confronti di privati e inermi cittadini (donde il primato di
condanne dello Stato italiano da parte delle "corti" europee)
sia in una "reazione" sistematica e deliberata contro
l'antifascismo e l'anticomunismo, l'antitotalitarismo e la lotta
democratica, liberale, legalitaria, del movimento radicale dei
liberali, dei liberisti, dei liberal-socialisti, dei libertari, dei
referendari, dei nonviolenti gandhiani.
Con brevissime parentesi è questo l'esito - per ora - della lotta
in corso da oltre settanta anni, in Italia, contro il potere
fascista di ogni colore, composizione, edizione; contro "la
peste italiana" che rischia di tornare per la seconda volta a
dilagare nel mondo. In questo contesto si situa la vicenda di
Radio Radicale, e del servizio di trasmissione delle sedute
parlamentari, che essa ha assicurato, dopo aver vinto la gara
e stipulato la relativa convenzione, con unanime attestato di
eccellenza, dal 21 novembre 1994 al 21 novembre 1997, e, da
allora sino a oggi, secondo le medesime modalità, ma senza
alcun impegno formale e "contrattuale" da parte del Ministero
delle comunicazioni. E' il primo e unico esempio di riuscita
"privatizzazione" di un servizio pubblico, riconosciuto tale,
oltreché necessario, da tutti.
Sin dal 21 maggio dello scorso anno il Senato della Repubblica
con un ordine del giorno aveva impegnato il Governo a
garantire "senza soluzione di continuità" la prosecuzione del
servizio, in vista della scadenza della Convenzione (il 21
novembre) con implicita ma incontestabile - e incontestata -
conferma del regime di gara e convenzione, contro le
pregresse normative stataliste e, per di più, inattuate.
Risultato: da sei mesi il servizio è tornato ad essere assicurato
a suo totale carico da Radio Radicale, e dalla sola Radio
Radicale, ancorché truffaldinamente si sostenga che anche la
RAI-TV stia, sia pur parzialmente, svolgendolo con la propria
"rete parlamentare".
Il 17 dicembre la Camera dei Deputati, con suo ordine del
giorno, considerato tra l'altro che: "dare attuazione a distanza
di sette anni dall'approvazione della legge a quanto previsto
dall'art.24 della legge n. 223/1990 (la rete parlamentare della
Rai, N.d.R.) senza considerare tanto le successive
acquisizioni normative, - ivi comprese quelle relative alla
tutela della concorrenza e degli utenti - quanto l'evoluzione
dello specifico settore determinerebbe un incomprensibile
'passo indietro'" ha impegnato il Governo ad "assicurare
anche con l'adozione delle necessarie iniziative legislative non
solo la continuità del servizio, ma anche e soprattutto il suo
reale potenziamento".
Intanto, a più riprese, il Presidente del Consiglio aveva
pubblicamente affermato che il Governo era ed è per il
regime "di mercato", di gara e di convenzione; contro, quindi,
ogni proseguimento o ripresa di impostazione stataliste di
concessione o incarico alla RAI-TV. A sostegno delle
posizioni e delle decisioni del Parlamento e del Governo, e
perché queste divenissero realtà, migliaia e migliaia di militanti
radicali, democratici, nonviolenti e l'intero gruppo dirigente
radicale italiano o pannelliano sono stati costretti giorno e
notte a una lotta senza precedenti per costo umano e civile,
(Emma Bonino ha a due riprese trascorso sei notti
all'addiaccio, abbandonata sui marciapiedi prospicienti Palazzo
Chigi, senza che in un solo dibattito pubblico si
"approfondissero" le sue ragioni e le sue richieste).
Sulla stessa linea si sono mobilitati, con straordinario e
generoso
impegno e con singolare assunzione di responsabilità, con
iniziative legislative e di indirizzo, gli ex presidenti della
Repubblica Francesco Cossiga e Giovanni Leone; i senatori a
vita Giovanni Agnelli, Giulio Andreotti, Carlo Bo, Norberto
Bobbio, Paolo Emilio Taviani, Leo Valiani; 556 deputati e
senatori della Repubblica, maggioranza assoluta degli eletti
nelle due Camere, e, a loro sostegno, otto presidenti emeriti
della Corte Costituzionale su dieci viventi (Antonio
Baldassare, Vincenzo Caianiello, Francesco Paolo Casavola,
Giovanni Conso, Aldo Corasaniti, Mauro Ferri, Ettore Gallo,
Livio Paladin); i direttori de "Il Corriere della Sera", "La
Stampa", "Il Messaggero". L'Autorità Garante della
Concorrenza e del Mercato ha confermato l'incompatibilità
del regime di gara e di convenzione con la persistenza,
ancorché solo nominale o provvisoria (ma tornata a essere
prospettata e richiesta) di una attribuzione istituzionale del
servizio alla RAI-TV. Le opposizioni si sono fin qui schierate,
con i loro leader e i loro parlamentari, in totale sostegno delle
richieste e degli obiettivi di Radio Radicale e della Lista
Pannella che, come abbiamo visto, coincidono perfettamente -
almeno in teoria o a parole - non solo con le delibere del
Parlamento, ma anche con le posizioni e gli impegni del
Governo e del Presidente del Consiglio (ancorché
continuamente vanificate e annullate dal Ministero delle
Comunicazioni e da un gruppo di fuoco del "partito RAI" e di
nuovo fascismo, che sembra essersi impossessato saldamente
della formale rappresentanza, nel settore e nel caso, del
PDS).
Il 16 gennaio il Governo approvò un ddl per molti versi vicino
alle richieste dei senatori a vita e di Radio Radicale, ma il 10
febbraio (25 giorni dopo!) un ddl assolutamente diverso fu
presentato al Senato, nell'ultimissima ora utile per i
regolamenti, in modo volutamente imperfetto, esattamente il
giorno dopo l'inizio (espressamente autorizzato dal Ministro
delle Comunicazioni) della "fornitura" del servizio-bidone da
parte della RAI-TV.
L'8 aprile, in sede legislativa, la ottava Commissione del
Senato, bocciava - con un solo voto di maggioranza - la
proposta legislativa Cossiga - Leone - Andreotti - Agnelli -
Bo - Bobbio - Taviani - Valiani, mentre il Governo, anziché
difendere le posizioni del Presidente del Consiglio e del
Consiglio dei Ministri si "rimetteva" al Parlamento, cioè alla
maggioranza divenuta in questa occasione succube del partito
RAI (a eccezione del senatore Antonio Di Pietro). Il Senato
approvava così un testo suscettibile, oltre tutto, di annientare
l'intero sistema radiofonico privato italiano, ingiungendo ai
"concessionari" di sottostare all'egemonia e di allinearsi ai
contratti del giornalismo ufficiale dell'Ordine: una vera
insalata russa di norme e di principi. E, per tacitarla, conferiva
a Radio Radicale le somme corrispondenti a due anni di
proroga della convenzione.
Ma non possiamo farci comprare nemmeno con quel denaro,
con quel centesimo, rispetto a quello dato al malaffare di
regime della RAI-TV, letteralmente eversivo e sovversivo,
oltreché in condizione di piena flagranza di reato di attentato
ai diritti civili dei cittadini (e con l'ordine giudiziario italiano che
- in concorso esterno - continua ad assicurarle un regime di
impunità). Riteniamo che la base essenziale di modifica della
legge sul servizio di trasmissione delle sedute parlamentari
debba essere costituita da una versione arricchita e
aggiornata dell'emendamento presentato al Senato da
Cossiga, Leone, Agnelli, Andreotti, Bo, Bobbio, Taviani,
Valiani, e respinto per un solo voto nella Commissione
Trasporti del Senato a causa della mancata difesa da parte
del Ministro delle Comunicazioni delle posizioni del Presidente
Prodi e del Consiglio dei Ministri.
Intanto il servizio continua a gravare solamente sulle casse
esangui di Radio Radicale, costretta a prendere in prestito
danaro dalle banche, a costi "italiani". Se ci atteniamo alle
valutazioni ufficiali e mai responsabilmente smentite dalla
RAI-TV, in ordine ai costi del servizio di trasmissione delle
sedute parlamentari, la situazione di Radio Radicale è così
riassumibile: essa ha già speso metà del costo annuale di
mera gestione del servizio, pari al 50 % di 25 miliardi, cioè 12
miliardi e mezzo. E ha, a causa del sistema fiscale italiano,
altri 13 miliardi di crediti da vantare nei confronti dello Stato,
per il 60% costituiti da altre spese anticipate per imposte e
tasse.
Inoltre, per iniziativa del gruppo di fuoco Nappi-Vita, dei
comunisti cominformisti, del partito RAI, del Ministero delle
Comunicazioni, tutti gli organi di partito possono da quest'anno
riscuotere i contributi dell'editoria con tempi fortemente
accelerati. Tutti: tranne Radio Radicale.
Per anni, e con maggiore precisione negli ultimi 6 mesi, il
regime, e anche i suoi nuovi "gruppi di fuoco"- alcuni suoi
Dumini di oggi (anche se ormai siamo ben più in situazione
analoga a quella del 1935 che a quella 1925), hanno cercato in
ogni modo di abbatterci.
Lo ripetiamo radicalmente e ufficialmente. In Italia sono
negati i diritti politici e costituzionali del cittadino, del
movimento politico, del paese. La Corte Costituzionale ha
imposto una giurisprudenza assolutamente politica, "ad hoc",
contro il solo movimento referendario esistente in quanto tale,
e con propria forza autonoma; ha espropriato i cittadini del
diritto di partecipazione e decisione politica diretta; solamente
nel 1997 ha stracciato oltre nove milioni di firme autenticate di
elettori, e proibito referendum già vinti nella coscienza del
paese che sarebbero stati elettoralmente plebiscitati. Vi è,
contro di noi e contro la storia radicale e ogni scelta
nonviolenta, un ostracismo di stampo letteralmente fascista e
comunista; è proibito ed abrogato qualsiasi diritto di
manifestazione del proprio pensiero e dei propri obiettivi.
L'ordine giudiziario assicura da decenni impunità assoluta a
ogni violenza fascista, comunista, partitocratica nei nostri
confronti.
Ormai, anche i migliori cantautori sono trasmessi e ritrasmessi
con invettive contro "i liberisti"; la diversità radicale è
criminalizzata, quando non sia possibile o conveniente negarne
totalmente l'esistenza. Si conferisce a una RAI-TV che
oltraggia e ridicolizza perfino il Parlamento partitocratico,
quando le impone un minimo di rispetto delle leggi e di
riparazione ai delitti che commette, anche quel "servizio" che
è nato, è cresciuto, contro quella stessa RAI, con Radio
Radicale.
Ormai scienza, medicina sono concordi nell'individuare nelle
lesioni prolungate e violente di immagine, di identità, di
reputazione una tremenda forza distruttiva di vite fisiche, oltre
che morali. Così, ormai, e da tempo, si è cercato di usare la
nonviolenza nostra per assassinarci: togliendole con dolo, con
miserabile ferocia quella forza e possibilità di comunicazione
sociale, umana che ne costituisce il contesto naturale e
obbligato. Non possiamo, confondendo pudore con pudicizia,
non accusarli di assassinii, di stragi, non del solo Enzo Tortora
e dei tanti suicidi e "impazziti".
Per quanto qui ricordato noi accusiamo formalmente di stragi,
di tentato omicidio plurimo, oltre che di attività sovversive, di
attentato ai diritti civili e politici dei cittadini, di interessi privati,
di falsi ideologici, di associazione di stampo mafioso gli autori
dei fatti suddenunciati. Lo faremo e lo facciamo in ogni sede
competente: dal Tribunale dei ministri, ai tribunali penali, civili
e amministrativi. Ci rivolgeremo alle istanze internazionali e
comunitarie, al mondo democratico, agli intellettuali liberi di
ogni paese, ai mass media. Stiamo approntando "libri bianchi",
così come istanze giudiziarie.
Lottiamo tuttora in primo luogo perché cessi il sistema di
complicità omissive che l'ordine giudiziario italiano ha
realizzato e realizza, e denunciamo la flagranza dei reati che
chiediamo di interrompere, e non di continuare a proteggere,
quando non di istigare e commettere.
Per quanto riguarda Radio Radicale e Radio Parlamento noi
siamo pronti a rinunciare a qualsiasi forma di finanziamento e
di contratto se il prezzo è quello di accordarci con i gruppi di
fuoco delle mafie di regime: e non solamente quelle della
RAI-TV e delle maggioranze ufficiali del regime.
Noi dichiariamo formalmente e fin d'ora che: 1) se le nostre
ragioni e le nostre informazioni non fossero prese
preventivamente immediatamente in considerazione dal
Presidente del Consiglio, dai competenti organi della Camera
dei Deputati- come, per cominciare, la Commissione Cultura -
dalla Commissione Parlamentare di Indirizzo e Vigilanza sulla
Rai Tv e dall'Autorità garante della concorrenza e del
mercato, noi non accetteremo - per quanto ci concerne - di
partecipare in alcun modo alla realizzazione di leggi che
contraddicono principi generali, impegni e norme specifiche,
principi di ragionevolezza e di imparzialità. Siamo pronti a
chiudere Radio Parlamento, se non anche Radio Radicale,
dall'1 giugno. Chiediamo quindi, formalmente, di essere
ricevuti "ad horas" dalle suddette istituzioni o autorità;
2) daremo vita alla prima manifestazione organizzata e
collettiva di sciopero della sete, già preparata- prima nella
storia della nonviolenza non solamente in Italia, ma nel
mondo-, nell'ambito del rilancio e del rafforzamento dello
sciopero della fame in corso. Ciò a partire da domenica, se
non intervengono sostanziali novità, fra le quali l'accettazione,
da parte di personalità al di fuori delle parti, di una forma di
giudizio di verità e di equità, di parere "pro veritate".
In tal modo il nostro movimento intende sostenere quanti
ritengano di voler e potere rischiare la vita, contro non il solo
rischio, ma la certezza della morte del diritto e dei diritti, della
speranza democratica, di un minimo di regole civili.
La nostra ammirata riconoscenza va alle migliaia di donne e
di uomini, ai cittadini che sono stati e sono in lotta
democratica e nonviolenta per libertà e giustizia. A quanti,
come sarebbe necessario e auspicabile, li raggiungeranno.
Essi stanno dando vita ad una Resistenza, quale non mai si è
realizzata: fatta con metodi e con obiettivi, per ideali e per
convinzioni, che rappresentano la garanzia d'essere
alternativa anziché potenziale erede del male che si combatte.