A chi utilizza l'argomento della vittoria del referendum del 1993 è facile replicare che quel referendum riguardava la depenalizzazione del consumo, non la legalizzazione dell'offerta, e a favore votarono ampi settori di elettorato cattolico, più o meno moderato, mossi da ispirazioni "solidaristiche" e di "recupero" della persona, ma decisamente contrari ad ogni ipotesi di legalizzazione. Ne' si può paragonare la vicenda del divorzio con quella delle droghe. In genere il parallelo viene da noi istituito per evidenziare l'esistenza di uno iato tra la maggior parte dei cittadini e una classe politica miope, che, oggi come allora, non avrebbe la percezione del grado di consapevolezza raggiunto dall'opinione pubblica. Nel 1974 la battaglia di Pannella, volta a far pronunciare direttamente il popolo, fu vincente. Oggi non lo sarebbe. Le tecniche di conoscenza delle opinioni della popolazione sono molto più raffinate di allora, e, lo ripeto, i risultati dei sondaggi sulla legalizzazione mi sembrano difficilmente confutabili. Dunque, un referendum sulla legalizzazione lo perderemmo. Naturalmente si può legittimamente affermare che la cosa più importante è comunque interpellare i cittadini. Ma la posizione espressa più volte da Pannella non è soltanto di "metodo"; se non ho interpretato male, per Marco, oggi, nella coscienza di strati maggioritari della popolazione la legalizzazione sarebbe acquisita. Tanto da far diventare negli ultimi tempi le iniziative per la legalizzazione non una battaglia fra tante, ma "la" battaglia. E ci si comporta così se si è convinti che quel traguardo è a portata di mano, non per fare pura testimonianza. Ma io non ritengo affatto che quell'obiettivo sia a portata di mano.
Quanto affermo non significa ovviamente rinunciare alle proprie ragioni. Io sono profondamente convinto che sulla legalizzazione abbiamo ragione. Ma a volte capita di avere ragione in minoranza. E' accaduto così spesso nella storia... Però in democrazia contano le decisioni della maggioranza: punto e basta.
Tali considerazioni naturalmente comportano conclusioni politiche, che già in sedi ufficiali ho espresso ai compagni: qui non voglio farla lunga, ma in estrema sintesi la mia conclusione in termini strategici è di non investire gran parte delle energie su questa battaglia (anche per motivi di consenso) e di concentrare l'attenzione sulle tematiche liberiste.
Ciò detto, comunque, il mio piccolo, piccolissimo, infimo contributo alle battaglie antiproibizioniste continuerò a darlo. Ma più per testimoniare e mantenere viva una posizione, che non per la convinzione di poter acquisire a breve o a medio termine una concreta riforma di libertà.