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Conferenza Rivoluzione liberale
Vernaglione Piero - 17 maggio 1998
Prendo lo spunto dall'intervento di Antonio Grippo (RIl PDS a livello nazionale parlicchia di antiproibizionismo aggiungendo subito che però "il paese non è maturo" -) per rendere esplicita una posizione personale, maturata negli ultimissimi anni, che si rivela purtroppo distante dalle convinzioni, dalle analisi e dalle lotte dell'area politica a cui faccio riferimento. In sostanza io sono d'accordo con D'Alema. Non uso l'espressione "il paese non è maturo" perché detesto per formazione culturale un'affermazione simile. Faccio invece un'affermazione più semplice e più netta: sulla legalizzazione siamo in minoranza nel paese. Tutti i sondaggi sono univoci a tale proposito, attribuendo alle posizioni contrarie alla legalizzazione percentuali che si aggirano intorno al 65-70%, contro il 35-30% di favorevoli. E tali risultati coincidono con la mia esperienza quotidiana, con il confronto di opinioni che mi capita di avere con le persone.
A chi utilizza l'argomento della vittoria del referendum del 1993 è facile replicare che quel referendum riguardava la depenalizzazione del consumo, non la legalizzazione dell'offerta, e a favore votarono ampi settori di elettorato cattolico, più o meno moderato, mossi da ispirazioni "solidaristiche" e di "recupero" della persona, ma decisamente contrari ad ogni ipotesi di legalizzazione. Ne' si può paragonare la vicenda del divorzio con quella delle droghe. In genere il parallelo viene da noi istituito per evidenziare l'esistenza di uno iato tra la maggior parte dei cittadini e una classe politica miope, che, oggi come allora, non avrebbe la percezione del grado di consapevolezza raggiunto dall'opinione pubblica. Nel 1974 la battaglia di Pannella, volta a far pronunciare direttamente il popolo, fu vincente. Oggi non lo sarebbe. Le tecniche di conoscenza delle opinioni della popolazione sono molto più raffinate di allora, e, lo ripeto, i risultati dei sondaggi sulla legalizzazione mi sembrano difficilmente c

onfutabili. Dunque, un referendum sulla legalizzazione lo perderemmo. Naturalmente si può legittimamente affermare che la cosa più importante è comunque interpellare i cittadini. Ma la posizione espressa più volte da Pannella non è soltanto di "metodo"; se non ho interpretato male, per Marco, oggi, nella coscienza di strati maggioritari della popolazione la legalizzazione sarebbe acquisita. Tanto da far diventare negli ultimi tempi le iniziative per la legalizzazione non una battaglia fra tante, ma "la" battaglia. E ci si comporta così se si è convinti che quel traguardo è a portata di mano, non per fare pura testimonianza. Ma io non ritengo affatto che quell'obiettivo sia a portata di mano.

Quanto affermo non significa ovviamente rinunciare alle proprie ragioni. Io sono profondamente convinto che sulla legalizzazione abbiamo ragione. Ma a volte capita di avere ragione in minoranza. E' accaduto così spesso nella storia... Però in democrazia contano le decisioni della maggioranza: punto e basta.

Tali considerazioni naturalmente comportano conclusioni politiche, che già in sedi ufficiali ho espresso ai compagni: qui non voglio farla lunga, ma in estrema sintesi la mia conclusione in termini strategici è di non investire gran parte delle energie su questa battaglia (anche per motivi di consenso) e di concentrare l'attenzione sulle tematiche liberiste.

Ciò detto, comunque, il mio piccolo, piccolissimo, infimo contributo alle battaglie antiproibizioniste continuerò a darlo. Ma più per testimoniare e mantenere viva una posizione, che non per la convinzione di poter acquisire a breve o a medio termine una concreta riforma di libertà.

 
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