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Conferenza Rivoluzione liberale
Orofino Veronica - 19 maggio 1998
NEL SEGNO DELLA COOPERAZIONE

di Enrico Sassoon / il sole 24 ore

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Come le acque del Mar Rosso, le grandi onde dell'Atlantico si sono aperte ieri per consentire a Bill Clinton di annunciare la sospensione della legislazione che consente all'Amministrazione Usa di imporre sanzioni alle imprese che fanno affari con Iran e Libia. Artefice quel Tony Blair che, in questo momento, sembra riuscire a trasformare in oro tutto tutto quello che tocca (sia pure con la parziale eccezione del dialogo iosraelo-palestinese), il presidente della Commissione europea e lo stesso Clinton hanno messo la parola fine a una querrelle che avvelenava i rapporti euro-americani da lungo tempo. E tocca anche alla legislazione Helms-Burton, che prevede a sua volta sanzioni per chi << traffica >> con il regime cubano.

Così Clinton, nel mezzo di una settimana cruciale per i rapporti economici mondiali (dal vertice degli Otto di Birmingham alla Conferenza Wto di Ginevra), lavora per propiziare la ripresa di un dialogo che, qualcuno spera, potrebbe portare a una nuova fase dei rapporti dei rapporti euro-americani, sotto il segno di un possibile accordo a largo raggio sul piano commerciale.

E' un caso che, nonostante la riluttanza del Congresso, Clinton si prodighi per riallacciare le fila del dialogo transatlantico ? Certamente no, Il presidente americano aveva reagito fin da subito con evidenti manifestazioni d'interesse alla proposta del commissario europeo Leon Brittan di lanciare un grande patto transatlantico. Per costruire un'area di libero scambio tra Europa e Stati Uniti. Un'area che creerebbe un mercato immenso di oltre 600 milioni di persone e che potrebbero costruire il primo nucleo di una liberalizzazione globale nell'ambito dell'Organizzazione mondiale del commercio.

Certo, le perplessità non mancano, sia in Europa (la Francia si dichiara per ora contraria al patto transatlantico, e la Germania non nasconde i propri timori), sia negli Stati Uniti (percorsi da un nuovo vento di isolazionismo, sia all'interno del Congresso che tra i cittadini comuni).

Ma l'inatteso successo dell'operazione euro sta imponendo negli Stati Uniti un rapido ripensamento ai più alti livelli. Non si tratta più solo di una questione di rapporti commerciali. Dopo la crisi asiatica, e con la prospettiva di una nuova concorrenza al dollaro da parte della monetaunica europea, gli Stati Uniti si interrogano su quali passi intraprendere per non rischiare in futuro un confronto con l'Europa, dal quale tutti avrebbero da perdere.

In questo quadro, le sanzioni ai Paesi amici, e alleati, che pure non seguono le indicazioni strategiche della superpotenza americana, paiono sempre meno efficaci, sempre meno giustificabili, ma soprattutto sempre meno opportune. Un'intesa a largo raggio appare una soluzione assai migliore di queste scaramucce che fanno moltiti danni senza risolvere alcun problema. A esserne soddisfatte saranno in primo luogo le aziende nel mirino (la Total francese, la Gazprom russa, ma anche, fuori dall'Europa, la malayisiana Petronas). Ma le ricadute saranno ben superiori, poichè l'Europa dovrà ricambiare questa manifestazione di buona volontà dichiarando a sua volta la propria disponibilità a trattare su larga scala.

 
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