Conferenza Rivoluzione liberale |
Vernaglione Piero
- 28 maggio 1998
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Prendo spunto dalle sacrosante dichiarazioni di Benedetto Della Vedova e di Vincenzo Donvito sulle poste per una breve riflessione: contrariamente all'opinione consolidata, anche presso molti economisti, il servizio postale non è affatto un monopolio naturale, cioè un settore le cui caratteristiche tecniche (elevato investimento in impianti fissi, economie di scala, vincoli tecnici) rendono inefficiente ed inutile la duplicazione (o la moltiplicazione) dei soggetti offerenti. Monopoli naturali possono essere la rete ferroviaria, il trasporto di energia elettrica, o le infrastrutture delle telecomunicazioni. Ma il servizio postale può essere tranquillamente svolto da più soggetti in concorrenza, con i noti vantaggi in termini di prezzo e di qualità che da essa promanano. L'altro luogo comune è che deve essere garantita l'universalità, che in un regime di mercato puro verrebbe meno: infatti il privato taglierebbe le parti del servizio non remunerative (es.: la consegna della posta alla casa sperduta sul picco |
della montagna). Ma tale obiezione poteva essere valida alcuni decenni fa, quando il grado di sviluppo tecnologico delle comunicazioni rendeva il servizio postale decisivo per le comunicazioni urgenti fra individui. Ma oggi con il telefono, il servizio di "pubblica utilità" è garantito; ed anzi è opportuno far emergere i costi veri del servizio postale, anziché mantenere i prezzi più bassi grazie al finanziamento tramite tributi del servizio, in modo che i soggetti economizzino le proprie risorse. Dunque, non solo il servizio postale non deve essere gestito dallo stato, ma non vi è nemmeno bisogno che sia affidato al privato tramite il meccanismo della concessione con l'imposizione di standards (come si fa per i monopoli naturali): lo si affidi al mercato e basta. |
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