trasmissioneDrago: "Il Ponte lo faremo noi"
LA SICILIA - 04/06/98 - T. Zermo
Rissa in tv per il Ponte sullo Stretto. Ieri sera su Rai3 era in
programma "Dalle 20 alle 20" un confronto tra il
sottosegretario ai lavori Pubblici Mattioli (Verde) e il
presidente della "Stretto di Messina" Nino Calarco. E' finita a
baruffa e Mattioli ha chiesto il taglio di alcune sequenze. Al che
Calarco ha ribattuto: "Se toccate la cassetta vi denuncio".
Risultato? La trasmissione non è andata in onda perché
naturalmente i responsabili di Rai3 hanno immediatamente
obbedito. "Un incredibile atto di arroganza. Mattioli è stato in
difficoltà e ha preteso di bloccare tutto", ha detto Calarco.
Sarebbe interessante sentire il parere del garante
dell'informazione.
Dannazione questo Ponte che si intreccia con la politica,
come se arcate e travature abbiano qualcosa a che fare con la
tenuta del governo Prodi e con le riforme. Proprio ieri
Mediocredito Centrale ha consegnato il rapporto costi-ricavi
per vedere se il piano economico sta in piedi e si possa fare
quindi un "project financing" con i privati: tu costruisci, tu
gestisci (prendendoti i pedaggi) e poi restituisci (allo Stato).
Ebbene, secondo questo rapporto, basterebbe che lo Stato
scucisse la (quasi) bazzecola di 475 miliardi nel 2009 per
rendere conveniente l'operazione per i privati. Se pensiamo
che il deficit dei traghetti delle ferrovie in esercizio sullo Stretto
è di centinaia di miliardi l'anno sarebbe un affarone anche per
le pubbliche casse. Se non ci fossero di mezzo Bertinotti e
Verdi, che vedono il Ponte come il fumo negli occhi,
l'operazione potrebbe partire anche subito. Ma Prodi dice:
"Non ci sono elementi nuovi. E poi il progetto dovrà essere
analizzato molto bene".
Certo gli viene difficile ammettere che se dà via libera al Ponte
sullo Stretto c'è il rischio che Rifondazione e Verdi piantino in
asso il governo. E allora se ne esce con "il Ponte non è una
priorità, stiamo a vedere, stiamo ad approfondire...". Ma ieri il
presidente della Regione Drago ha parlato fuori dai denti: "A
questo punto lo Stato dica se vuole partecipare: in caso
negativo faremo il Ponte con la Regione Calabria. Ma sia
chiaro che il Ponte si porta dietro la questione complessiva
dell'unità d'Italia. Il governo centrale dica con chiarezza se
vuole abbandonare questa parte dell'Italia. Se così fosse
saremmo ben lieti di giocarci le nostre carte per il destino del
Mezzogiorno e della Sicilia".
Vuoi vedere che Drago minaccia la secessione? Ma no, ma
no, non è un Bossi e non siamo sui prati di Pontida. Dice solo
che bisogna finirla di parlare di riscatto del Sud, di posti di
lavoro, di colmare il gap strutturale e poi quando si tocca
l'argomento Ponte si svicola, senza comprendere che sarebbe
un segno tangibile, concreto, fatto d'acciaio e di piloni,
dell'unità del Paese. A che gioco giochiamo?, chiede Drago.
E mentre c'era ha pure annunciato che chiederà alla Snam
l'abbassamento delle tariffe del metano, dato che in Sicilia si
paga più che altrove a dispetto del fatto che il metanodotto
dall'Algeria passa proprio nel sottosuolo dell'Isola. "Non solo
discuteremo dell'abbassamento dei prezzi - ha detto -, ma
anche del fatto che la centrale elettrica di San Filippo del Mela,
invece di usare olio combustibile che inquina l'aria, dovrebbe
utilizzare il metano che passa a duecento metri".
In Sicilia raffiniamo metà del petrolio d'Europa, dalla Sicilia
passa il gasdotto algerino, e domani passerà quello libico,
eppure da tutta questa energia abbiamo solo guasti
ambientali e nessun concreto beneficio. E Drago cerca di dire
basta, anche se capisce benissimo che deve affrontare
colossi industriali con una spada di latta.
Un mozione al Senato impegna il governo a convocare il Cipe
per esprimersi sul Ponte. Ma sapete già che Prodi
sull'argomento è duro d'orecchi. Del resto come fa a scrollarsi
di dosso quel mastino di Bertinotti, che gli è diventato
indispensabile dopo la rottura di qualunque discorso con il
Polo?
Il Ponte come si vede surriscalda gli animi. Crediamo che
l'ottanta per cento degli italiani sia favorevole, ma il venti per
cento che è contrario è di quelli che strillano più degli altri. E
allora contro il progetto-Ponte ecco che arrivano i soliti vecchi
siluri: ma perché non facciamo ospedali, ma perché non
rinnoviamo le ferrovie, ma che ce ne facciamo di un'opera
faraonica e antidiluviana? Ormai siamo stanchi di ripetere che
i soldi, al novanta per cento, li debbono mettere i privati per
avere i pedaggi trentennali. Quanto all'utilità del Ponte non c'è
da sprecare altre parole, bastano i numeri: diecimila posti di
lavoro per dieci anni e rilancio turistico alla grande. Scusate se
è poco. Se poi ci mettiamo che costruiscono nuovi ponti in
Scandinavia, in Giappone, in Turchia, in Portogallo e adesso
l'Egitto ne vuol fare uno che unisca Africa e Asia, viene da
chiedersi: ma siamo davvero più fessi degli altri?