Radicali.it - sito ufficiale di Radicali Italiani
Notizie Radicali, il giornale telematico di Radicali Italiani
cerca [dal 1999]


i testi dal 1955 al 1998

  RSS
ven 18 lug. 2025
[ cerca in archivio ] ARCHIVIO STORICO RADICALE
Conferenza Rivoluzione liberale
Radio Radicale Sergio - 5 giugno 1998
Zuffa in tv: il sottosegretario Mattioli blocca la
trasmissione

Drago: "Il Ponte lo faremo noi"

LA SICILIA - 04/06/98 - T. Zermo

Rissa in tv per il Ponte sullo Stretto. Ieri sera su Rai3 era in

programma "Dalle 20 alle 20" un confronto tra il

sottosegretario ai lavori Pubblici Mattioli (Verde) e il

presidente della "Stretto di Messina" Nino Calarco. E' finita a

baruffa e Mattioli ha chiesto il taglio di alcune sequenze. Al che

Calarco ha ribattuto: "Se toccate la cassetta vi denuncio".

Risultato? La trasmissione non è andata in onda perché

naturalmente i responsabili di Rai3 hanno immediatamente

obbedito. "Un incredibile atto di arroganza. Mattioli è stato in

difficoltà e ha preteso di bloccare tutto", ha detto Calarco.

Sarebbe interessante sentire il parere del garante

dell'informazione.

Dannazione questo Ponte che si intreccia con la politica,

come se arcate e travature abbiano qualcosa a che fare con la

tenuta del governo Prodi e con le riforme. Proprio ieri

Mediocredito Centrale ha consegnato il rapporto costi-ricavi

per vedere se il piano economico sta in piedi e si possa fare

quindi un "project financing" con i privati: tu costruisci, tu

gestisci (prendendoti i pedaggi) e poi restituisci (allo Stato).

Ebbene, secondo questo rapporto, basterebbe che lo Stato

scucisse la (quasi) bazzecola di 475 miliardi nel 2009 per

rendere conveniente l'operazione per i privati. Se pensiamo

che il deficit dei traghetti delle ferrovie in esercizio sullo Stretto

è di centinaia di miliardi l'anno sarebbe un affarone anche per

le pubbliche casse. Se non ci fossero di mezzo Bertinotti e

Verdi, che vedono il Ponte come il fumo negli occhi,

l'operazione potrebbe partire anche subito. Ma Prodi dice:

"Non ci sono elementi nuovi. E poi il progetto dovrà essere

analizzato molto bene".

Certo gli viene difficile ammettere che se dà via libera al Ponte

sullo Stretto c'è il rischio che Rifondazione e Verdi piantino in

asso il governo. E allora se ne esce con "il Ponte non è una

priorità, stiamo a vedere, stiamo ad approfondire...". Ma ieri il

presidente della Regione Drago ha parlato fuori dai denti: "A

questo punto lo Stato dica se vuole partecipare: in caso

negativo faremo il Ponte con la Regione Calabria. Ma sia

chiaro che il Ponte si porta dietro la questione complessiva

dell'unità d'Italia. Il governo centrale dica con chiarezza se

vuole abbandonare questa parte dell'Italia. Se così fosse

saremmo ben lieti di giocarci le nostre carte per il destino del

Mezzogiorno e della Sicilia".

Vuoi vedere che Drago minaccia la secessione? Ma no, ma

no, non è un Bossi e non siamo sui prati di Pontida. Dice solo

che bisogna finirla di parlare di riscatto del Sud, di posti di

lavoro, di colmare il gap strutturale e poi quando si tocca

l'argomento Ponte si svicola, senza comprendere che sarebbe

un segno tangibile, concreto, fatto d'acciaio e di piloni,

dell'unità del Paese. A che gioco giochiamo?, chiede Drago.

E mentre c'era ha pure annunciato che chiederà alla Snam

l'abbassamento delle tariffe del metano, dato che in Sicilia si

paga più che altrove a dispetto del fatto che il metanodotto

dall'Algeria passa proprio nel sottosuolo dell'Isola. "Non solo

discuteremo dell'abbassamento dei prezzi - ha detto -, ma

anche del fatto che la centrale elettrica di San Filippo del Mela,

invece di usare olio combustibile che inquina l'aria, dovrebbe

utilizzare il metano che passa a duecento metri".

In Sicilia raffiniamo metà del petrolio d'Europa, dalla Sicilia

passa il gasdotto algerino, e domani passerà quello libico,

eppure da tutta questa energia abbiamo solo guasti

ambientali e nessun concreto beneficio. E Drago cerca di dire

basta, anche se capisce benissimo che deve affrontare

colossi industriali con una spada di latta.

Un mozione al Senato impegna il governo a convocare il Cipe

per esprimersi sul Ponte. Ma sapete già che Prodi

sull'argomento è duro d'orecchi. Del resto come fa a scrollarsi

di dosso quel mastino di Bertinotti, che gli è diventato

indispensabile dopo la rottura di qualunque discorso con il

Polo?

Il Ponte come si vede surriscalda gli animi. Crediamo che

l'ottanta per cento degli italiani sia favorevole, ma il venti per

cento che è contrario è di quelli che strillano più degli altri. E

allora contro il progetto-Ponte ecco che arrivano i soliti vecchi

siluri: ma perché non facciamo ospedali, ma perché non

rinnoviamo le ferrovie, ma che ce ne facciamo di un'opera

faraonica e antidiluviana? Ormai siamo stanchi di ripetere che

i soldi, al novanta per cento, li debbono mettere i privati per

avere i pedaggi trentennali. Quanto all'utilità del Ponte non c'è

da sprecare altre parole, bastano i numeri: diecimila posti di

lavoro per dieci anni e rilancio turistico alla grande. Scusate se

è poco. Se poi ci mettiamo che costruiscono nuovi ponti in

Scandinavia, in Giappone, in Turchia, in Portogallo e adesso

l'Egitto ne vuol fare uno che unisca Africa e Asia, viene da

chiedersi: ma siamo davvero più fessi degli altri?

 
Argomenti correlati:
stampa questo documento invia questa pagina per mail