hai di certo male interpretato alcune opinioni che ho espresso, ma voglio dirti che il fatto che tu abbia deciso di intervenire in questo pur disertato spazio di dibattito, che assai assai di rado è spazio di dibattito, mi conforta davvero. Purtroppo anche in luoghi in cui ci si attende attenzioni più diffuse su questioni sempre più importanti risulta piuttosto raro trovare attenzioni e cura. Quindi, ottimo.Non ho mai salutato con entusiasmo o con favore i test nucleari di nessuno, e dovrebbe essere evidente, oltre che noto. E nell'esprimere le mie posizioni ho sottolineato il fatto che la situaizone nel sub-continente indiano rendeva ulteriormente palese - per chi ne aveva bisogno - la assenza di Europa, e la incapacità e non volontà dell'Europa di agire con forza nelle dinamiche internazionali. Oltre che la convinzione, banale, tanto è ormai anche nelle sue basi diffusa, che non è possibile fare a meno di porsi il problema di dare un governo politico (cioè di governare politicamente) alle dinamiche in corso.
Se vogliamo, le cose comunque trovano governo, ma il come è il che cosa che ne risulta non sono interscambiabili o neutri.
La fine della guerra fredda ha certo lasciato impreparati molti, e molti delusi; ma qualche sforzo per non inquadrare tutto e tutti in quella logica, qualche sforzo per evitare di non riuscire a guardare oltre quella logica, alla possibilità di andare oltre quella logica, probabilmente è necessario. E' necessario, perché è possibile, non guardare alla realtà di oggi evitando di usare esclusivamente gli schemi della guerra fredda. Forse c'è qualche altra cosa, e forse le cose funzionano in maniera anche diversa.
Chi abbia cominciato tra India e Pakistan è questione oziosa. Mi sembra che rimproveri a me di avere voluto soffermarmi su tale questione, mentre l'ho esclusa io per primo.
Ma quel che mi preme dire è soprattutto un'altra cosa.
Il punto di equilibrio di prima è caduto, e a quel punto di equilibrio, quello del terrore, dei blocchi, del... quello su cui si basava la guerra fredda, non trova sostituzioni. Ma una cosa sembra certa, evidente: il bisogno di un nuovo equilibrio è centralissimo. E non lo dico io, e non lo dicono gli irrealisti appassionati della libertà propria e quindi di quella degli altri, ma molti a Wall Street, ma molti al FMI, e non solo i Soros.
Guarda, Claudio, guardate, che il problema non è affatto nei valori, nella volotà di democrazia, nella libertà, nei valori occidentali o meno che qui sono diventati cultura... No.
La cosa va vista proprio cercando i possibili nuovi equilibri.
A me sembra poco realistico, poco serio, ma proprio poco realistico pensare di potere estendere ad una situaizone mutata schemi identici. E' proprio questione di realismo.
Democrazia, libertà, stato di diritto non appartengono a molte culture, e dobbiamo aspettare, i tempi fisiologici... Tanto evidente da essere ovvio. Ma il punto di vista è diverso, deve essere diverso. Può, almeno, essere diverso.
Trovo banale, e pericoloso, guardare ai diritti umani, alla democrazia, alle libertà politiche soltanto da un punto di vista ideale, di buona volontà, di anime candide. Mi sembra superficiale, errato, e antieconomico, e molto naive.
Un esempio può essere utile: la difesa dell'ambiente naturale è stata vista per molto tempo come valore, come idealità, come goodwill, come aspirazione di cui tener conto, ma cercando di evitare i fastidi. Agli ambientalisti si è sempre detto "sì, hai pure ragione; ma lasciaci lavorare, ragazzo".
Poi, in relativamene pochi lustri, vediamo che in grandi aree del pianeta i detersivi si reclamizzano enfatizzandone la scarsa nocività per l'ambiente. Si investono risorse enormi nella ricerca e soprattutto nella promozione commerciale di prodotti sottolineandone la biodegradabilità assai più che la loro capacità di lavare bianco più bianco del bianco. Quei valori ambientali sono fattori centrali di mercato, dunque. Lo sono diventati. Una multinazionale dei detersivi peccherebbe mortalmente di ingenuità e di scarso realismo se non tenesse conto dei "valori" ambientalisti, della sensibilità ecologica di molti consumatori. Insomma, sono in ballo soldi, non valori. Soldi, e molti; cioè cose serie, serissime. Non chiacchiere.
A me sembra un po' o molto ingenuo, quindi, ritenere che l'optare dell'Europa, dei paesi europei per una o l'altra delle opzioni possibili in Asia sia ininfluente rispetto ai soldi, al commercio, alle risorse, al mercato.
Non solo rispetto, ma tendo al realismo, insomma, e proprio perché lo ritengo una cosa seria e necessaria credo sia giusto non ridurlo a slogan, a valore o contro-valore...
Il fatto che non vi sia una politica estera comune da parte della UE - semplificando molto e molto - favorisce interessi realissimi di alcuni; ma nuoce molto e molto ad interessi di altri. E dire e dirsi che uno scontro tra questi interessi (tutti economici, per lo più)  si riduce ad un confronto sognatore e idealistico tra valori è semplicemente un errore, un irresponsabile errore di superficialità e scarso realismo.
Che l'Europa abbia investito sulla Cina piuttosto che sulla democrazia indiana è un fatto. Che sul piano economico e politico questo possa convenire nel breve termine può essere. Che possa convenire sul medio e lungo periodo è molto dubbio. Mentre non è dubbio che queste opzioni e le loro conseguenze sono pagate sempre e comunque dai contribuenti, dalle economie, ...
E' una questione di interessi che prevalgono, non di idealità.
Quali sono gli interessi che devono prevalere? Queli che prevalgono, ovviamente. A me basta che sia noto che una certa politica o la assenza di una politica costa, e a chi costa.
Che sia noto, che sia oggetto di dibattito.
Sul piano, poi, delle questioni più strettamente militari strategiche, Claudio, rimproveri a me certezze che tu mostri di superare in graniticità. A me sembra che non tieni conto di altri fattori e nemmeno di quel che ha preceduto i testi indiani.
Poi, non so... Non so perché non sono un fisico nucleare; ma sei davvero certo che il porre in atto un test sotto terra, invece che per esempio, al computer, cambi tutto? Mi sembra un po' ingenuo guardare ai test sotterranei come a qualcosa che cambia tutto, cambia la capacità offensiva di un sistema bellico. Le rafinatissime analisi che si leggono in giro potevano valere, mi sembra, allo stesso modo il giorno prima dei test, come mesi prima... Spezzare il capello in quattro su questioni strettamente militari mi sembra fuorviante, a meno di saperne davvero. Perché soprattutto rischia di far perdere di vista questioni e punti di osservazione più importanti e utili - perché opportunamente più complessi.
Ma poi... Fino a soltanto dieci anni fa, o nove, nessuno, ma proprio nessuno avrebbe investito sul crollo del muro. E nessuno lo ha fatto, salvo pochi. Dove stava il realismo? Sarebbe interessante saperlo. E soltanto 5 anni fa nessuno, nessuno, avrebbe investito dieci lire sulla possibilità di creare un tribunale internazionale come quello che dovrebbe uscire dalla conferenza che si apre a Roma tra dieci giorni. E quel tribunale, se non si è ingenui, avrà conseguenze reali, reali, tutt'altro che marginali. A me sembra che la pecca più grossa e pericolosa dei realisti sia proprio la loro ingenuità.
Che il nuovo punto di equilibrio non possa essere trovato se non nel sistema che è stato superato mi sembra, ripeto, non realistico, schematico, ingenuo. Così come il ritenere che le istituizoni progressivamente globali non possano esserlo, questo punto di equilibrio, con nuove regole. Poi, nelgi ultimi mesi, ci si accorge pure che chi le vuole e chiede sono proprio gli investitori, sono proprio i realisti senza cuore e senza valori... Chissà perché...
Un'ultima annotazione, a margine.
Stiamoci attenti con le definizioni e - ancora una volta - gli schemi.
A me sembra che chi pecca di eurocentrismo sia chi non riesce a vedere che il nazionalismo scoppiato in India non è lo stesso nazionalismo che può scoppiare in Serbia, o in altri luoghi in cui la base della omogeneità sia l'appartenenza etnica o religiosa. Mi sembra, Claudio, che proprio tu che giustamente sottolinei la necessità di non guardare le cose con occhi esclusivamente europei questo errore hai fatto molte volte nel tuo scritto. E una volta in più nel ritenere e dire che ciò che si chiama nazionalismo è uguale ovunque. Questo è proprio un errore, una deformazione che deriva dalla incapacità o non disponibilità a guardare le cose fuori da schemi eurocentrici, come se la storia fosse una, una soltanto.
Non è così.
Voglio ripetere che sono grato a Claudio per avere espresso opinioni politiche, e aperto una oasi di dibattito in quello che spesso sembra deserto.
Paolo P.