ti rispondo con piacere alle tue ulteriori et critiche osservazioni, anche per precisare meglio il mio "pensiero".1. "Il bisogno di un nuovo equilibrio é centralissimo", tu scrivi. Sono del tutto d'accordo. Ma quale sarà il "nuovo equilibrio" prossimo futuro nel grande scacchiere asiatico?
Un equlibrio garantito d aun sistema di sicurezza e di relazioni multilaterali, da un mercato continentale aperto e da istituzioni politico-giuridiche transanzionali; oppure un equlibrio dominato da una potenza egeminica, la Cina per fare un nome a caso; oppure ancora un "equlibrio delle potenze" con coalizione incerte ed instabili secondo l'esempio del Concerto delle potenze dell'Europa di Fine ottocento?
Come puoi facilmente immaginare si tratta di tre Modelli ben diversi.
Una cultura e una politica occidentale che si ricordi della propria civiltà politica e giuridica dovrebbe necessariamente preferire il modello "Multilaterale"; una politica "imperiale" potrebbe favorire la Pax Egemonica Cinese; la politica "insulare" (all'inglese, per capirci...) sarebbe fortemente tentata dal modello "dell'equlibrio delle potenze". Ovviamente l'Occidente dovrà scegliere la via che preferisce; ed anche l'Asia, o meglio le potenze asiatiche dovranno scegliere.
Una strada, persò secondo me, l'Occidente deve assolutamente evitare: quella dell'"equilibrio all'inglese", ovvero la strategia del "reciproco contenimento strategico" fra le grandi potenze del continente, Cina, India, Giappone, Russia. Il perché mi sembra ovvio: un assetto siffatto può facilmente innescare conflitti su scala globale, combattuti con armi di distruzione di massa; e presuppone un sistema di aree monetarie (yuan, yen, rupia et rublo) chiuse: Guerre, Protezionismi, Autarchie, Fascismi sarebbero il frutto avvelenato di un tale assetto internazionale. Esattamente come nella vecchia Europa di inizio-Novecento.
Vogliamo ripetere su scala enormemente più ampia il "calcolo" inglese sulla Germania alla fine dell'ottocento? Questo é il vero punto.
Una parentesi: come tu dice, l'Europa é assente. Il che é vero e non accade per caso. L'Europa é storicamente divisa, é incerta, nonostante il successo dell'unione economica e monetaria. Il perché é anche frutto della recente storia del nostro piccolo continente. L'Europa ha combattuto due guerre globali sul suo suolo, ha inventato fascismo, nazionalsocialismo e Olocausto proprio grazie alle mobilitazioni belliche totali. Perché tutto questo? Perché ,come insegnano i grandi padri del pensiero federalsita europeo, l'Europa era un "sistema di stati sovrani" in eterno conflitto ed equlibrio instabile fra di loro. Un sistema di stati ove l'Inghilterra, potenza "insulare" cercava di evitare a tutti i costi che si formasse e si consolidasse una coalizione dominante a guida germanica sul continente. Per questo l'Europa moderna é rimasta profondamente divisa ed é incapace di fare politica estera comune. Proprio per questo l'Europa moderna ha inventato gli orrori del Secolo Breve. Fine parentesi...
L'India del Bjp (i nazionalisti hindu) sembra voler puntare esattamente allo scenario all'inglese. E' nell'interesse dell'Occidente? Come ho già detto, non credo proprio.
Ma é nell'interesse dell'India stessa? Sarò brutale. L'India del Bjp sta facendo, secondo me, il gioco del "re di prussia". In questa congiuntura internazionale, la Cina é la potenza economica che garantisce l'apertura delle economie est-asiatiche, che eviti la guerra delle svalutazioni competitive selvaggie, che garantisce un certo livello di domanda effettiva con le commesse. Come é ben noto, se si vuole evitare la guerra monetaria et commerciale fra Est Asia e Resto del Mondo il gioco é semplicemente appeso alla politica cinese. Quindi qualsiasi azione indiana che danneggi o mini la posizione cinese é e non può non essere percepita dall'Occidente come assolutamente contraria agli interessi di fondo del capitalismo globale. Può non piacere ma é esattamente così.
E' vero che l'Occidente ha sempre snobbato la democrazia indiana: perché era una potenza periferica; perché l'India di Nerhu era amica dell'Urss; perché la Cina maoista era molto più interessante come alleato strategico antisovietico. Ma se l'India vuole conquistare il suo posto nel "sistema" Occidentale, secondo me, ben altra deve essere la strada: quella della costruzione di un sistema asiatico "multilaterale" e probabilmente di un rapporto India-Cina molto simile a quella Francia-Germania dei nostri giorni.
2. Una cosa però dovrebbe essere ben chiara: un sistema "globale" di sicurezza e di relazioni multilateriali basato sul diritto non può non essere anche un forte sistema di interventi sociali ed economici anche a livello trans et sovranazionale. E qui vedo la grande debolezza di tanti, bellissimi discorsi su "democrazia, stato di diritto et legalità" a livello globale.
"Fra un decennio saremo sommersi dalle merci ben più competitive dei paesi asiatici: o loro introduco - tu dici - la costosa democrazia o noi dovremo abolire la nostra costosa democrazia". Questo ragionamento può sembrare suggestivo ma é errato (e forse anche pericoloso..ma di questo ne parleremo in un'altra occasione...).
A. In primo luogo é bene precisare che il confronto effettivo é fra i costi unitari di produzione mediati dalle rispettive valute. Quindi l'aspetto rilevante, per la competitività internazionale, non é dato, come pensi tu, dai costi orari del lavoro, e dei fattori produttivi, bensì dalla produttività dei fattori. Detto in altre parole: la sfida viene vinta dalle economie con i lavoratori e i fattori più produttivi, non dalle economie con i lavoratori e i fattori meno costosi.
B. In secondo luogo é assolutamente necessario ricordare che lo sviluppo capitalistico autoregolato non é di per se' efficiente. Tuttaltro: come autorevoli economisti (liberisti seri...) hanno ampiamente dimostrato in sede teorica una economia di mercato pefettamente autoregolata semplicemente identica ad una economia pianificata perfettamente collettivistica. Ed é ugualmente immobile.
Una economia capitalistica é strutturalmente imperfetta (come la democrazia liberale...), tende al monopolio, si fa beffa della concorrenza, preferisce le collusioni; genera squilibri continui e vive sulle disuguaglianze; distrugge tradizioni, costumi, storie. Produce innovazioni e trasformazioni. Ma ha prezzi et costi sociali, civili, umani elevati; tende strutturalmente ad autodistruggersi se lasciato a se stesso poiché aumenta a dismisura l'entropia del sistema sociale. La si chiami alienazione, conflitti antagonistici, emarginazione, proletarizzazione, crisi strutturale di sovrapproduzione o di sottoconsumo é sempre la stessa cosa. L'economia capitalistica senza adeguata eteroregolazione provoca deflazione e depressione. L'economia capitalistica per funzionare richiede diritto, stato et comunità; per correggersi ed evitare l'autodistruzione abbisogna di riforme sociali, socialìliberali, social-democratiche o social-......
L'attuale grande deflazione est-asiatica sta lì a dimostrarlo per l'ennesima volta: di fronte a un miliardo circa di consumatori con una capacità di reddito aldilà della sussistenza ci sono due miliardi circa di produttori impegati dal sistema capitalistico. La crisi di questi mesi dell'intera economia asiatica sta tutta in queste semplici cifre.
Può un sistema multilaterale di sicurezza e di relazioni fondate sul diritto vivere, anzi esistere, in un mondo di deflazione e di depressione economica, sociale et civile, fra centinaia di milioni di disoccupati, di precari, di incazzati con la globalizzazione? La risposta ovviamente non può non essere che negativa.
Solamemte le giuste riforme social-liberali, al giusto livello istituzionale, può impedire le Grandi Crisi del mercato sregolato.
C. Ultima questione. Quindi la vera sfida é come re-inventare il Welfare, l'Intervento Sociale in modo da migliorare, incrementare, sviluppare la produttività dei fattori garantendo allo stesso tempo la domanda effettiva (quindi la redistribuzione sociale). Si tratta di un problema particolarmente importante et attraente
MORALE. Fra dieci anni, se l'Asia non adotterà un sistema politicoistituzionale di democrazia social-liberale non riusciranno a governare lo sviluppo capitalistico...la democrazia non é un costo ma un capitale, un grande investimento civile, quindi economico di lungo periodo...L'alternativa per questi paesi é la Guerra fra opposti e identici nazionalismi razzistici, confessionalistici, totalitari.
caro Pietrosanti,
il punto di fondo é semplice: l'economia e la società di mercato, lasciate libere a se stesse si autodistruggono e distruggono democrazia politica et liberalismo. Come Luigi Einaudi, Joseph Schumpeter, Karl Polany, tanto per fare solo tre nomi, ci ricodano.
Ma senza economia e società di mercato non possono esistere né democrazia politica né liberalismo.
Semplice vero?
Un carissimo saluto
Claudio Landi