Signor presidente,signori azionisti,
sono Gianfranco Dell'alba, azionista telecom e deputato al parlamento europeo.
un anno fa, nel corso dell'assemblea della societa' che ha ratificato l'applicazione della clausola della golden share, con altri esponenti della lista pannella avevamo facilmente profetizzato tutte le conseguenze negative della privatizzazione di telecom cosi come si stava delineando. Una privatizzazione fatta con la scelta del nucleo stabile, il limite del possesso azionario del 3% e la clausola della golden share ci sembrava non potesse che porre le premesse di un fallimento annunciato.
La madre di tutte le privatizzazioni, come l'aveva definita prodi, fatta strizzando l'occhio a bertinotti invece che al mercato non prometteva davvero nulla di buono.
Certo, la realta' e' andata ben oltre di ogni piu' funesta previsione. Quando la sesta azienda mondiale delle telecomunicazioni viene definita Torre di babele societaria dal financial time credo che qualche esame di coscienza vada fatto.
E non e' solo un problema di quello che e' stato misuratamente definito, caro presidente, il marasma dirigenziale che caratterizza la sua gestione dell'azienda,
I problemi sono molti, scelte imprenditoriali sbagliate certo, ovvero deliberamente contrarie alle regole dell'unione europea, ma anche e soprattutto
un impostazione statutaria sbagliata, opaca, perdente, Da questo punto di vista, presidente, sentirla illustrare qui un bilancio lusinghiero e avere a mente quello che i piu' autorevoli analisti hanno pubblicato in questi giorni sui giornali ha un che di kafkiano, forse vi e' una telecom reale, effettiva, e la telecom di alice del paese delle meraviglie di cui ci ha parlato lei.
da quando telecom e' privatizzata, come tutti sanno, il titolo ha avuto una performace pessima, crescendo meno di tutte le altre blue chips italiane.
Il fatto che il prezzo delle azioni sia salito di circa il 20% dal momento della messa in vendita, non significa molto, considerato che nellostesso periodo la borsa e' salita in media di oltre il 40% e che i titoli di France Telecom e di Deutsche telecom ad esempio sono saliti dal momento delle privatizzazioni rispettivamente di oltre 80% e 40%.
Ancora, anche se so che alcune delle cose che diro' sono state scelte obbligate dell'attuale dirigenza, l'abbandono del progetto socrates per la cablatura del territorio, messo fuori gioco dall'evoluzione tecnologica dopo esser costato oltre 10.000 miliardi di investimenti, assai dubbio anche sul piano della concorrenza, il sostanziale fallimento del progetto DECT, che mi risulta abbia meno di 200.000 abbonati, e l'incaponimento di TI a utilizzare una tecnologia che sara' presto superata, e che hanno avuto come solo risultato una perdita valutata a piu di 1000 miliardi e l'apertura di una procedura di infrazione CEE.,
il cambio delle alleanze, - certo nel solco della grande tradizione del trasformismo italiano- da ATT e Unisource a Cable e WIreless senza che siano state fornite motivazioni chiare, e con il risultato che il tesoro continua a detenere oltre il 5% delle azioni, una conflittualita' direi permanrte con bruxelles, in primo luogo, ma non solo, con il responsabile della concorrenza van miert, con tutta una serie di procedure di infrazioni aperte ed il mancato rispetto di impegni precisi assunti con la commissione cee, una politica tariffaria poco trasparente che suscita le legittime critiche delle associazioni dei consumatori, una nuova numerazione che sembra fatta apposta per complicare la vita dell'utente, e non parlo, per non infierire, sull'instabilita assoluta ai vertici dell'azienda a cui assistiamo, come un teatro delle ombre, mi sembra siano fattori eloquenti per dimostrare che quel marasma dirigenziale di cui parlavo e' anche frutto di un assetto societario e statutario sballato.
Manca oggi una proprieta chiaramente identificabile. In telecom deve comandare chi se la compra, o per dirla diversamente, chi vuole comandare in telecom se la compri, ne faccia uno dei suoi investimenti principali, se non il principale. altrimenti vi e' il rischio ovvero la certezza che sviluppo dell'azienda, sua strategia internazionale finalizzata all'esclusivo rafforzamento di telecom non siano la priorita' , ma una pedina di una strategia di diversificazione piu' ampia che alla fine penalizzi per l'appunto TI ed i suoi azionisti.
E questa, cari colleghi azionisti, non e' cosa dilazionabile nel tempo; per la fortuna di tutti gli italiani questi sono gli ultimi mesi di monopolio dellatelefonia fissa anche in italia, e se l'azienda non esce dall'impasse attuale nei prossimi mesi ci troveremo davanti a una momenti molto difficili.
Anche perche occorre chiedere, in questo nuovo quadro, al nostro maggior azionista a che gioco giochiamo, come magari direbbe in linguaggio chiaro un illustre azionista presente in sala: che vuole fare lo stato; l'arbitro imparziale in un mercato liberalizzato in cui si fanno concorrenza le societa da lui controllate?
Insomma, come se al casino si vinca non solo sia che esca nero sia che esca rosso, ma se il giocatore fa anche il croupier.
cosa vuole fare l'azionista telecom tesoro, ad esempio nella telefonia mobile, alla luce delle scelta del terzo gestore: consentira' che tim si rafforzi per prepararsi alla concorrenza del terzo gestore, di wind, o preferira' viceversa, per ottimizzare la sua presenza complessiva nel settore, cercare di rallentare tim per facilitare la partenza di wind. per noi piccoli azionisti ne converrete, questi elementi sono di una certa importanza.
C'e' da chiedersi davvero cosa giustifichi, oggi, quando siamo tra l'altro entrati in un unione economica e monetaria, la presenza dello stato in TI e quanto viceversa questa presenza non sia controproducente rispetto non solo agli interessi della societa' e dei suoi azionisti, ma anche rispetto all'interesse generale.
In un mercato che si apre secondo regole fissate a tutela della concorrenza e dell'interesse generale, lo Stato che resta coinvolto nelle decisioni aziendali dell'ex monopolista anche dopo la privatizzazione e' sostanzialmente in conflitto di interessi. L'interesse dello Stato azionista e dello Stato regolatore nell'interesse della concorrenza e dei consumatori si scontrano chiaramente ad esempio nella fissazione delle tariffe di interconnessione (dove Telecom Italia ha esercitato un'indebita pressione sul ministero ritardando l'entrata in vigore del Decreto che prevede modalita' d fissazione dei costi in linea con i parametri europei), il bando e la valutazione della gara per il terzo gestore (ritardata fino ai limiti della decenza), la definizione dell'ambito del servizio universale ed il suo costo e cosi via.
Non va inoltre dimenticato che i poteri speciali legati alle Golden shares italiane sono oggetto di una procedura di infrazione comunitaria per violazione delle norme sulla libera circolazione delle societa' e deicapitali. In tale procedura si riconosce che questi poteri, oltre ad andare contro la logica del mercato europeo, possono arrecare danni per i piccoli azionisti in termini di maggior valore economico dei loro titoli. Oltre ai rischi di cattiva gestione sopra evidenziati.
Come si vede, vi sono fondati dubbi sulla possibilita' per lo stato azionista di promuovere coerentemente l'interesse generale garantendo gli interessi di consumatori. Non sfugge a nessuno allora che la la residua forte presenza dello Stato in Telecom Italia rappresenta l'ennesima forma di occupazione partitocratica, con tutti i rischi di perdite exconomiche, soprattutto per i piccoli azionisti, e di coinvolgimenti in guerre di potere edio poltrone in TI.
Ne' e' prova eloquente la stampa di oggi: leggo che un partito da sempre avvezzo ad interessarsi da vicino alla Societa', intendo dire a questa societa', TI, Stet, eccetera, il PPI tanto per non far nomi, ha espresso insofferenza - definendola un '"iniziativa demagogica" - per la presenza come azionista del senatore Di Pietro, e immagino degli altri "politici", a questa riunione.
Poi leggo anche, per la precisione sul Corriere della Sera, che il nostro nuovo Direttore Generale Massimo Sarmi sarebbe stato "adottato" dallo stesso PPI, sarebbe insomma, sempre secondo il Corriere, "in quota" PPI.
Nil sub sole novi, allora, in barba alle privatizzazioni. Francamente, mi pare allora che sia olto piu' sano venire a parlare qui, al Lingotto, che "adottare" a Roma questo o quel direttore generale, come ai bei tempi dei boiadi di stato.
(e non me ne voglia naturalmente il dottor Sarmi per la citazione).
Come ho gia' detto, la via italiana alle privatizzazioni con questo simulacro di public company e' fallimentare . se si sceglie il mercato, bisogna sceglierlo fino in fondo si deve lasciare al mercato il compito di garantire la piu' efficente collocazione del controllo della societa che si privatizza.
telecom italia deve essere scalabile, gli azionisti sono indifferenti al fatto che il controllo della societa' sia in mani italiane o straniere.
Occorre che il CdA proponga la modfifica dello statuto con l'abolizione della golden share e del limite del possesso azionario.
Occorre fare chiarezza su chi ha effettvaente la responsabilita' ed i poteriper guidare TI. Occorre fare chiarezza sul ruolo che devono assolvere i poteeri pubblici, occorre infine, se permettete, definire la nostra stretegia in materia di sviluppo internazionale. Non pretendo che TI si trasformi in Amnesty Internazional o in Non c'e' Pace senza giustizia, ma quando penso che mentre milosevic si appresta a massacrare il popolo del kossovo e i nostri piloti, in sede nato, rischieranno la vita per impedire l'ennesima pulizia etnica voluta da belgrado, sapere che probabilmente gli ordini saranno trasmessi da telekom serbia, societa'nella quale abbiao realizzato uno dei nostri piu' importanti investimenti a puntello di quel regime, beh caro presidente, cari azionisti c'e' qualcosa che davvero non va.