Perché il cacciatore di banditi fu accantonato
[Unione Sarda 13 agosto 1998]
La nomina di Giancarlo Caselli a Palermo e un dossier raccolto da Lombardini sulle operazioni "politiche" da compiere nella Procura del capoluogo siciliano. Un dossier del quale parla Grauso ricordando una confidenza recente di Lombardini: "Qualcuno conosce questa vicenda. Parlò di Violante come "il regista" e sempre utilizzando i nomignoli parlò di un esponente della Dc che chiamava "il Capitano di corvetta"".
Sono questi gli ingredienti dell'ultimo mistero divampato come un incendio a un giorno appena dalla tragica morte del procuratore Lombardini. I primi spunti sono contenuti in un capitolo dei documenti scritti dal magistrato, consegnati all'imprenditore che ne ha consegnato soltanto alcuni alla stampa.
Una "curiosa bocciatura": questo il titolo che nel dossier viene dedicato alla vicenda nella nomina del Procuratore della Repubblica presso il tribunale di Palermo. Il magistrato sardo ricorda che nel 1991, dopo gli attentati nei quali persero la vita Falcone e Borsellino, presentò domanda per il posto di Procuratore di Palermo subito dopo che l'allora titolare dell'ufficio, Giammanco, chiese di essere trasferito alla Corte di Cassazione. Lombardini conferma che il Consiglio superiore della magistratura respinse la domanda, motivando il diniego sulla base del mancato compimento del periodo di quattro anni alla Procura presso la Pretura di Cagliari. "Una valutazione estremamente formale - si legge nel dossier - che lo stesso Csm non ha ritenuto necessaria quando si è trattato di accogliere la domanda del procuratore Giammanco, che pure non aveva conseguito il medesimo quadriennio alla Procura presso il tribunale di Palermo".
Sin qui le ultime parole del cacciatore dell'Anonima sequestri, concordate col suo difensore Luigi Concas e destinate ad essere consegnate ai giornalisti nella conferenza stampa del magistrato che si sarebbe dovuta tenere ieri. Ad integrare il suo discorso, il procuratore della pretura di Cagliari allegava un appunto scritto a mano: "...... nonostante il dottor Lombardini avesse una maggiore anzianità la sua domanda non venne accolta, come meglio spiegherà lo stesso dottor Lombardini ai giornalisti".
E allora, per capire, sono necessari i dati di cronaca. La nomina di Giancarlo Caselli a Procuratore della Repubblica di Palermo avvenne il 17 dicembre del 1997. Il plenum del Consiglio superiore della magistratura lo scelse a maggioranza, con 24 voti a favore e 5 astenuti. Al voto del plenum Giancarlo Caselli (all'epoca presidente della Corte d'assise del Tribunale di Torino), era giunto in corsa con il giudice Pietro Grasso (ricopriva la carica di vice capo di Gabinetto del ministro di Grazia e Giustizia), così come proposto dalla Commissione incarichi direttivi dello stesso Csm: 3 preferenze per il primo, due per il secondo. Il mese precedente, la stessa commissione aveva ascoltato i candidati che si riteneva raccogliessero i maggiori consensi: oltre a Caselli e Grasso, a Palazzo dei Marescialli erano stati sentiti, come candidati alla carica di procuratore a Palermo, anche l'allora procuratore aggiunto del capoluogo siciliano Elio Spallitta e il sostituto procuratore generale della stessa città, Luigi C
roce. Il nome di Lombardini era stato inserito in una lista di nomi di candidati ritenuti non legittimati poichè non avevano compiuto il quadriennio necessario per legge. Eccoli: Lucio La Valva, Marco Antonio Motisi, Giuseppe Prinzivalli, Francesco Marzachì, Salvatore Celesti, Vittorio Aliquò (oggi procuratore aggiunto a Palermo, cioè vice di Caselli), Salvatore Centaro, Consolato Labate e Vincenzo Scolastico. Nel verbale della seduta del Csm intitolato "Conferimento dell'ufficio direttivo di procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Palermo", il consigliere relatore Amatucci rileva che "il dottor La Valva non assicura la permanenza di almeno due anni nell'ufficio a concorso in relazione alla data del suo collocamento a riposo per limiti di età". Amatucci rileva ancora "che i dottori Motisi, Prinzivalli, Celesti, Aliquò, Lombardini, Cantaro, Labate e Scolastico non hanno trascorso nei rispettivi uffici di provenienza il periodo minimo di permanenza quadriennale di cui all'articolo 194 dell'ordiname
nto giudiziario". Per la commissione incarichi direttivi, nessuno dei magistrati esclusi poteva giovarsi del secondo comma dell'articolo 194, quello che prevede la deroga al termine di legittimazione quadriennale "per gravi ragioni di servizio" visto che, spiega Amatucci, "ci sono comunque valide domande di aspiranti legittimati".
Al procuratore cagliaritano che s'impunta, scrive al Csm chiedendo conto del perché abbia concesso la deroga al procuratore Giammanco per trasferirlo in Cassazione e la neghi a lui, Amatucci replica sostenendo che "le due decisioni sono assolutamente autonome e non interdipendenti".
Resta un dubbio: perché Lombardini non reagì con un ricorso al Tar? Contro Caselli avrebbe potuto far valere la sua maggiore anzianità professionale. Aveva saputo qualcosa? O sono altri quelli, dentro Magistratura indipendente, Magistratura democratica e Unità per la costituzione, a sapere qualcosa?