"Difendete la memoria di Lombardini"
Contrada: capisco il suicidio, non è un'ammissione di colpa
[Unione Sarda 13 agosto 1998]
"Mi auguro che i sardi sappiano difendere i loro uomini nelle istituzioni meglio di quanto hanno fatto i siciliani. Non potendo difendere Lombardini, almeno se ne difenda la memoria".
Parla così Bruno Contrada, l'ex numero tre dei servizi segreti condannato per concorso esterno in associazione mafiosa dopo 31 mesi d'indagini passati in carcere. Dalla sua casa di Palermo, dove vive rinchiuso, attende la conclusione del processo d'appello che potrebbe restituirgli l'onore dell'innocenza. "Ormai vivo in un altro mondo di idee. Soltanto se dovessero assolvermi cambierebbe qualcosa, perché qualcuno finirebbe nel fango". E la moglie, a fianco, che lo incalza: "Bruno era in Sicilia quello che Lombardini era in Sardegna, un uomo stimato al di sopra di ogni sospetto. Possiamo capire quello che ha fatto il magistrato: mio marito non si è suicidato soltanto perché ogni giorno gli mandavo un telegramma. Ma la storia ristabilirà sempre la verità".
Già, la storia che a volte cambia e a volte si ripete. Ma per Lombardini che si è sparato un colpo in bocca non ci saranno chances. Contrada lo dice, lo sa. E incrocia il suo destino con quello del magistrato sceriffo, trae considerazioni amare e comuni. "Non conoscevo il dottor Lombardini, negli anni '70 e '80 mi occupavo soltanto di sequestri fatti in Sicilia. Però lo conoscevo di fama, sapevo che questa era la sua specialità". E poi, il giudizio: "Dopo quello che ho passato, fino a che non ci sono prove non mi sento di accusare un uomo delle istituzioni sulla base di sospetti. E sin troppo facile costruire castelli accusatori sulla base di calunnie e illazioni".
E Contrada è questo che teme: nonostante i giudici di Palermo l'abbiano condannato sulla base delle dichiarazioni di alcuni collaboratori di giustizia, sa che la verità trionferà. "Non ho mai pensato al suicidio", dice, "perché è lontano dalla mia mentalità e perché avevo la famiglia che cercava di sostenermi anche nei momenti più duri in carcere". La moglie gli mandava un telegramma al giorno e lui, per non impazzire nell'isolamento di Forte Boccea, scriveva e scriveva. "Ma non credo che il gesto di Lombardini possa essere interpretato come ammissione di colpa. Tutti gli uomini a cui viene tolta la libertà possono avere di questi momenti, i meccanismi che scattano nella mente umana sono tanti. Anzi, il fatto che Lombardini conoscesse i colleghi può averlo determinato a fare questo". Il superpoliziotto che si è sempre dichiarato vittima di un complotto avrebbe voluto essere in quella stanza al palazzo di giustizia "prima, durante e dopo, per vedere cos'è accaduto". Lombardini che taglia il cordone dei poliz
iotti alle spalle, si barrica nella sua stanza e si toglie la vita. Macchiato dall'accusa di aver estorto denaro alla vittima di un sequestro, accusa più grande di lui. Per Contrada, che ha retto a questo meccanismo, è diverso: "Sono sereno con me stesso, perché ho la coscienza della mia innocenza. Ma certo che non ho più fiducia negli organi giudiziari dopo aver conosciuto i magistrati della Procura di Palermo che mi hanno massacrato e continuano a massacrarmi da sei anni". L'investigatore accusato di essere troppo vicino a Cosa Nostra non ha paura a parlare, nemmeno ora che lo attende la sentenza d'appello: "Quei magistrati mandano gli uomini della Dia a girare per le patrie galere alla ricerca di nuovi pentiti, di pendagli da forca che mi accusino. E vergognoso che a criminali si chieda notizie del poliziotto Bruno Contrada che per trent'anni ha fatto il suo mestiere".
Il 22 ottobre a Palermo riprende il processo ma la scadenza più importante è tra undici giorni quando sarà deposito la sentenza della Corte per i diritti dell'Uomo di Strasburgo. Non ci sarà Contrada e non ci saranno nemmeno i suoi legali, gli avvocati Bruno Nascinbene e Filippo Tortorici quando i giudici internazionali comunicheranno la decisione. I magistrati potrebbero adeguarsi a quanto stabilito un anno fa dalla Commissione europea, che per Contrada si era già pronunciata favorevolmente contro la lunga carcerazione preventiva senza che lo Stato italiano si adeguasse. "Ma quello che per me conta di più è riconquistare l'onore che non ho mai perduto".