lo stato introvabile / di Sabino Cassese
L'INTERROGATIVO CHE TUTTI si pongono, dopo la crisi asiatica e quella russa, è : dipendono dalle debolezze dei mercati e dell'economia, oppure dalla debolezza delle istituzioni che dovevano reggere quei mercati e quelle economie? Due risposte possono già darsi. la prima è che in Russia e nei Paesi asiatici mancavano quelle regole e quelle strutture che possono far funzionare mercati efficaci. Sono assenti chiare leggi sul governo societario e sulla responsabilità degli amministratori; un " corpus" di disposizioni sulla trasparenza dei mercati finanziari; giudici che sanzionino rapidamente i comportamenti devianti; autorità amministrative indipendenti chiamate a far rispettare le regole del diritto pubblico e del diritto privato dell'economia; buone leggi antitrust. In alcuni dei Paesi c'è di peggio: l'attuazione delle poche leggi è turbata dalla corruzione; il potere fiscale dello Stato non è rispettato; il centro non riesce a far rispettare le sue decisioni dalla periferia.
LA SECONDA RISPOSTA riguarda l'ordine economico internazionale. In questi anni si sono sviluppate autorità "regionali", come l'Unione Europea e il Mercosur, ma l'economia internazionale è presidiata solo parzialmente da organismi come l'Organizzazione mondiale del commercio e il Fondo monetario internazionale. Le economie si sono aperte, tanto che si può parlare di "un'economia -mondo" (globalizzazione) . Ma a questa apertura non si sono accompagnate regole che possano essere fatte valere anche dove quelle statali e "regionali" non possono applicarsi. Gli Stati non controllano ciò che va oltre il loro territorio, e nessuno ha preso il loro posto. Questa carenza è particolarmente sentita nell'area finanziaria, dove l'ingegnosità degli operatori ha inventato nuovi prodotti, di secondo e di terzo grado, che possono essere moltiplicati nell'arena internazionale, non presidiata né da regole, né da controllori.
SE QUESTA E' LA DIAGNOSI, bisogna, nel correre ai ripari, evitare due errori. Il primo è quello di trarre dal cattivo funzionamento dei mercati internazionali la conclusione che dei mercati non c'è da fidarsi, che bisogna far ricorso di nuovo allo Stato. Si tratta, innanzitutto, di un errore di semplificazione, perché, se i mercati non hanno funzionato, non è a causa di una mancanza di pianificazione o di guida statale o pubblica, ma a causa della mancanza di regole del gioco, rispettate da tutti, conformi al mercato. Si tratta, in secondo luogo, di un errore, perché o riporterebbe indietro a un mondo economico internazionale diviso da barriere nazionali, o richiederebbe l'istituzione di un poliziotto economico internazionale, soluzione macchinosa e irrealistica.
Una volta riconosciuto che basterebbe un trattato internazionale, che fissi poche regole per tutti, e un'osservatorio che segnali i comportamenti devianti agli Stati o alle autorità "regionali", come l'Unione Europea, bisogna evitare l'altro errore: quello di stabilire regole rigide ed esterne, sia perché l'economia cambia a una velocità superiore a quella delle norme, sia perché quelle regole debbono essere applicate in ambienti e contesti diversi. L'esperienza dell'ultima grande ondata di diritto pubblico dell'economia, quella degli anni '29 -'48, dettata prima dalla grande crisi economica , poi dalla seconda guerra mondiale, dimostra che,se i legislatori procedono con mano pesante, non stabiliscono limiti temporali a i loro atti, mettono in piedi meccanismi troppo dettagliati e complessi, i benefici, in breve, sono sopravanzati dai costi.