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Conferenza Rivoluzione liberale
Vernaglione Piero - 22 settembre 1998
In relazione all'ultimo intervento di Landi

1. Le ragioni "strumentali" che invochi a sostegno di politiche redistributive (perchè questo è in fondo l'esito dell'estensione dei diritti economici) sono state confutate negli ultimi trent'anni da una schiacciante evidenza empirica. Prendiamo in considerazione la relazione, che dalle tue parole mi sembra di intuire, fra livello della domanda effettiva e redistribuzione (via propensione al consumo). Si riteneva che la propensione al consumo (rapporto consumo/reddito) fosse decrescente al crescere del reddito. Dunque, una politica redistributiva, togliendo a chi consuma poco (relativamente al reddito) e trasferendo reddito a chi consuma molto, avrebbe dovuto aumentere il livello dei consumi e per quella via la domanda effettiva. Tale tesi, sostenuta anche da Keynes a livello macroeconomico (quanto più un paese diventa ricco tanto minore sarà la propensione al consumo), è stata clamorosamente smentita dalla storia recente. Tanto è vero che già negli anni Sessanta, esponenti della sintesi neoclassico-keynesia

na come Duesenberry e Modigliani (non cito volutamente Friedman, bensì due autori più vicini alla tua impostazione culturale) modificarono la teoria del consumo keynesiana per tener conto dei dati empirici, che andavano in direzione opposta rispetto alle previsioni catastrofiche di Keynes e dei suoi epigoni (il "ristagno secolare" di Hansen).

Se invece l'elevato livello di domanda effettiva è fatto discendere "tout court" dall'intervento dello Stato, anche in questo caso l'evidenza empirica ormai smentisce tale collegamento. Infatti, dalla metà degli anni Ottanta, l'incremento percentuale medio del Pil di quattro paesi di matrice anglosassone, Stati Uniti, Gran Bretagna, Irlanda e Nuova Zelanda, che hanno sperimentato politiche di segno più marcatamente liberista, è stato doppio rispetto alla crescita del pil dei paesi europeo-continentali. Nella classifica dell'Economic Freedom Network, nel periodo 1985-1995, i paesi con maggiore libertà economica sono quelli che hanno avuto i più alti tassi di sviluppo; i quindici paesi dove le libertà economiche si sono ridotte hanno fatto registrare contrazioni del Pil pro-capite in termini reali.

2. Dunque restano le ragioni "ideali". Poichè in questa conferenza, accennando a (per te) auspicabili politiche socialdemocratiche, hai sottolineato più "ciò che non siamo ciò che non vogliamo", cioè più il rifiuto delle vecchie modalità di intervento che non l'indicazione di concreti modelli di Welfare, per sottrarre il dibattito ai rischi di un'eccessiva astrattezza, ti sottopongo le seguenti ipotesi di assetto di alcuni fra i principali settori caratterizzanti il Welfare contemporaneo:

a) in materia previdenziale, un sistema a capitalizzazione sul modello cileno;

b) in materia di sanità, l'introduzione di un "buono", personale e non negoziabile, che può essere utilizzato o direttamente per l'acquisto di farmaci e servizi sanitari o per sottoscrivere un'assicurazione sanitaria presso una compagnia privata; il servizio sarebbe prestato da strutture private in concorrenza fra loro (ospedali, laboratori, cliniche, medici), ma i costi di questi servizi non sarebbero a carico delle persone, soprattutto di quelle più svantaggiate;

c) scuola: assegnazione agli studenti di un "buono" utilizzabile liberamente presso un qualsiasi istituto, pubblico o privato (stesso effetto del settore sanitario: offerta non più monopolizzata dallo Stato e possibilità di accedere all'istruzione anche per i meno abbienti);

d) privatizzazione di tutte le imprese, di trasporto, di telecomunicazione, elettriche, municipalizzate, di credito; per quelle poche che rappresentano monopoli naturali (rete ferroviaria, distribuzione di energia elettrica, rete, o parti di rete, autostradale), introduzione di meccanismi simil-concorrenziali quali la possibilità di mutamenti proprietari (contendibilità), aste per la concessione ecc.

e) Flessibilizzazione del mercato del lavoro: eliminazione dei vincoli all'entrata e all'uscita; si potrebbe introdurre una completa libertà di recesso a fronte del pagamento di una indennità di buonuscita-risarcimento da parte del datore di lavoro, secondo la proposta Ichino-De Benedetti. Eliminazione della pluralità dei livelli di contrattazione, mantenendo solo il livello aziendale.

Naturalmente alcuni di questi interventi, in particolare i primi tre, consentendo riduzioni enormi di spesa pubblica, permetterebbero a loro volta una drastica riduzione della pressione fiscale e contributiva, che determinerebbe ulteriori effetti positivi sulla crescita e sull'occupazione.

Come sai, le misure proposte sono in genere avversate dalle sinistre e dalle forze cristiano-solidaristiche, non solo in Italia ma in tutto il mondo, e vengono etichettate, secondo me erroneamente, come politiche conservatrici e di destra. Visto che hai spesso sollecitato i partecipanti a tale conferenza a non assumere posizioni "ideologiche", mi permetto di sollecitare il tuo parere su tali concrete opzioni di riforma, che il pensiero liberale (non liberal) ha elaborato negli ultimi decenni.

 
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