1. Il grande merito storico e scientifico di Keynes é stato quello di "inventare" i concetti e l'apparato analiti della moderna macroeconomia. E' del tutto ovvio che le successive analisi empiriche hanno ridimensionato alcune osservazioni e molte conclusioni del liberale Keynes. D'altra parte Keynes aveva sotto gli occhi una società ancora profondamente divisa in classi e ceti rigidi, per i quali era possibile ipotizzare ed osservare una profonda differenziazione delle propensioni al consumo; nelle società del dopoguerra (grazie proprio al riformismo liberale di matrice Keynesiana) quelle differenziazioni sono molto meno profonde: E quindi si possono osservare comportamenti e scelte macroeconomiche più omologate.
In altre parole in una società spaccata fra una classe possidente privilegiata e una grande classe proletaria o subalterna abbiamo propensioni al consumo "keynesiane"; in una società con una grossa classe intermedia più o meno garantita, abbiamo propensioni al consumo che ad esempio sono molto più legate al "tasso di individualismo": più in una società si fanno scelte economiche individuali più elevata è la propensione al consumo. E così negli usa siamo in presenza di elevatissime propensioni al consumo; in italia e in germania abbiamo più consistenti propensioni al risparmio; in giappone poi abbiamo una ridotta propensione al consumo. Il tutto figlio più della antropologia della famiglia che della sociologia delle classi.
E difatti, fin dall'inizio di questi interventi, ho sempre sostenuto che una cosa sono le politiche economiche di sostegno della domanda nei paesi progrediti (abbassamento delle tasse nelle economia con un carico fiscale superiore al 40 per cento del pil) ed una cosa sono le politiche si sostegno della domanda nei paesi emergenti.
Vernaglione converrà con me che in indonesia, in brasile, in thaillandia, in malaysia, ci sono deficit di domanda di proporzioni abissali; che vi sono disuguaglianze sociali ed economiche altrettanto abissali; e che solo una seria e decente redistribuzione sociale verso i ceti più deboli può garantire un sufficiente livello di domanda interna. Insomma se i lavoratori, le donne di quelle aree non hanno salari decenti (e quindi diritti liberali classici come quelli di associazione, organizzazione,sindacali et di espressione e diritti sociali) mi pare ben difficile che i soli consumi delle fascie privilegiate possano sostenere la locale domanda interna. Parlare di "flessibilità" del lavoro in quei paesi é un po' ridicolo. O no? Lì é da assicurare se mai una certa "rigidità" del lavoro.
Altri sono come ho sempre detto et scritto i problemi per le economie più avanzate.
2. Circa le proposte elencate da Vernaglione cercherò di spiegare la mia modesta opinione.
A: non sono d'accordo con un sistema completamente "a capitalizzazione" di tipo cileno. Sono invece favorevole a un "sistema misto" con una quota comunque garantita dalla previdenza pubblica ed una quota di previdenza e di assicurazione privata.
La ragione é semplice: i sistemi completamente a capitalizzazione funzionano solamente se il cittadino ha redditi da destinare alla pensione in modo continuativo e solamente in assenza di gravi crisi finanziarie. Non per nulla i sistemi pubblici a ripartizione sono nati esattamente sul cadavere di sistemi totalmente a capitalizzazione dopo le grandi crisi finanziarie.
Un'altra osservazione: il sistema cileno é stato introdotto con una terapia-shock possibile solamente grazie allo stadio di santiago e alla dittatura militare golpista di pinochet. E' quello il modello di governo?
B: non sono d'accordo con i meccanismi dei Buoni.
In primo luogo perchè mi pare, al di là delle apparenze, un sistema allocativo particolarmente "statalista". Che cosa sono i Buoni, all'ultimo? Sovvenzioni statali ai cittadini.
In secondo luogo perchè in certi campi, istruzione e sanità, i meccanismi "di simil-mercato" possono strutturalmente indurre a scelte contrarie all'interesse sociale e individuale, scelte che però possono essere falsificate solamente dopo anni ed anni quando nessuno può più cambiare quella scelta. Insomma la verifica della validità di una scuola non può non avvenire che dopo anni; la verifica della validità della scelta di un computer avviene dopo pochi giorni...
In terzo luogo, perchè quel tipo di servizi sono caratterizzati da "vincoli naturali": é ben difficile immaginare più reparti di neurochirurgia in conmpetizione fra di loro in una stessa area territoriale..
In quarto luogo, perchè la competizione opera ovviamente in particolare sui prezzi e in certi servizi il meccanismo dei prezzi non pare preoprio quello più adatto a trasmettere informazioni.
Conclusione: il meccanismo dei Buoni mi lascia perplesso, ma comunque sarebbe interessante pensare ad esperimenti locali per capire in quali condizioni possa effettivamente funzionare.
Una ultima osservazione: sono comunque contrario ad un sistema sanitario ad assicurazione privata, sul modello Usa (anziani e poveri a parte) per la semplice ragione che non copre tutti gli utenti e per la altrettanto semplice ragione che costa troppo (vedasi il caso appunto degli Usa); credo che qualsiasi soluzione e meccanismo istituzionale sia del sistema sanitario che di quello educativo dovrebbero essere analizzati nei termini della Pubblic Choice. Sarebbe alquanto interessante.
3. Il tema della "flessibilità" del lavoro, mi perdonerà Vernaglione, è, nei paesi europei, piuttosto complesso e non può essere affrontato in due battute: é ovvio che specialmente in italia sarebbe necessaria più flessibilità ma le modalità di questa flessibilità sono piuttosto complesse. Per la semplice ragione che mentre negli usa vi é una fortissima mibilità sul territorio del lavoro, in europa come é ben noto vi é una totale rigidità su questo aspetto: Ma se un lavoratore,s alvo casi storici, non si sposta come diavolo la flessibilità "piena" può portare ad una migliore allocazione anche in termini "liberistici"?
Ulteriori osservazioni:
1. La attuale crisi mondiale però, caro Vernaglione, conferma altre analisi Keynesiane ad esempio quella della cosiddetta "trappola della liquidità". Tutti gli operatori finanziari denunciano il "credit crush" (mi pare che questo sia il termini inglese) in un terzo dell'economia planetaria; in giappone stesso ormai la crisi finanziaria si é trasferita ai comportamente economici reali.
2. Tutto ciò ci riporta alla questione di fondo: l'economia di mercato capitalista se non sufficientemente corretta tende strutturalmente a gravi crisi depressive vuoi per insufficiente domanda effettiva vuoi per eccessivi investimenti puramente finanziari. L'attuale crisi mondiale appare figlia sia dell'insufficiente mercato interno di giappone, indonesia, corea,thaillandia, malaysia sia dell'assenza di vigilanza e controllo sui mercati finanziari nazionali e globali.
Che fare? Aspettiamo che l'intera asia orientale e meridionale segua l'esmpio malese, spezzi il mercato globale e instauri regimi "fascisti" oppure interveniamo? Insomma Soros e Sachs hanno ragione oppure no?
Conclusione: il pensiero "neoliberista" dalla pubblic choice in poi ha fatto analisi e proposte particolarmente interessanti ed anche attraenti. Ma ora bastano?