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Conferenza Rivoluzione liberale
Orofino Veronica - 27 settembre 1998
PAURA DEL NUOVO

la stampa / di barbara spinelli

Si possono capire molto bene le difficoltà che traversa la sinistra tedesca, aqlla vigilia delle elezioni di questa domenica . Sedici anni sono passati dalla caduta di Helmut Schimdt, e sul trono della Repubblica Federale c'è sempre ancora Kohl, il cancelliere che all'inizio sembrava un passante , un provvisorio, e che invece si è insatallato durevolmente ai vertici della nazione come ai vertici d'Europa, vincendo uno dopo l'altro - ben quattro volte - i candidati socialdemocratici che l'avevano sfidato. Si possono capitr le ansie della sinistraq impersonata oggi da Gerhard Schroeder, e le convinzioni intime che essa è andata maturando durante un'attesa così lunga, snervante, spesso mortificante. In tutti questi anni la socialdemocrazia ha avuto modo di guardarsi intorno, di osservare quel che succedeva in Occidente, di intuire uno dei fenomeni più rilevanti del nostro tempo: il fenomeno di sinistre che quasi ovunque si trovgano a dover governare, ma senza più disporre di basi elettorali sufficrntement

e ampie, scontate, prevedibili. Il frnomeno di una sinistra che conosce l'imbarazzo più gravoso : che è l'imbarazzo di esistere e durare a dispetto dei venti contrari, dell'ostile spirito dei tempi, dei clandestini sconforti. Esser di sinistra alla fine di questo alla fine di questo secolo non è semplice, né in Germania nè nell'Ulivo italiano né in Europa. Si ha il comando, ma le società non sono più quelle di un tempo: sono meno trasparenti, più frammerntatr, individualiste, opache a guardarsi. Sono figlie di una crisi ormai decennale che ha mutato i modi di lavorare, di organizzare il tempo, di pensare a preparare il rapporto tra generazioni, di investire nella cosaq pubblica o di militare nei partiti. Non esiste più un compatto popolo di sinistra, che di tanto in tanto diventa maggiotitario. non esiste una base che si identifichi ideologicamente, sentimentalmente, con i programmi tradizionali della sinistra storica. esistomo partiti progressisti o socialisti cui capita di dover governare, ma senza che le

nazioni siano di sinistra. Spesso accade addirittura che governino società che fondamentalmente vanno a destra, come in francia o in America o in Italia. Spesso hanno di fronte elettori che non sanno bene quel che desiderano . se adeguarsi nello status quo o se accettare di mutarlo radicalmente, come in Germania. Veramente indubitabile oggi è la condizione di permanente disagio, in cui le sinistre si trovano a vivere quando portano con sè il consueto fardello di certezze, di visioni antagoniste del mondo, di antiche preferenze collettiviste.

E' il motivo per cui i candidati di questa sinistra in cerca di nuovi programmi personalizzano oggi le battaglie, e fanno di tutto per svincolarsi dai rispettivi partiti, per emanciparsi da apparati troppo ingombranti, immobilizzanti. Così ha fatto Tony Blair, prima che il Nuovo Labour mettesse radici nell'Inghilterra trasformata da Matgaret Thatcher. Così fece sin da principio Felipe Gonzalez, nello sforzo di modernizzare tempestivamente, quasi nella violenza, il socialismo spagnolo. Così si è comportato Geehard Schroeder, serbando ben viva la memoria di come l'ultimo cancelliere di sinistra - Schimidt - fu dapprima tutelato, poi ingabbiato, infine silurato, non già dal dal verdetto delle urne ma dalle accidiose pesantezze della famiglia d'appartenenza ideologica . Il sotterraneo appetito di Grandi Coalizioni non discende solo dalle aritmetiche del voto: c'è in Schroeder anche il desiderio di precipitare una metamorfosi delle sinistre, di contagiarle mettendole a contatto con il partito che ha prodotto

un politico della statura di Kohl. C'è il desiderio di evitare in anticipo questa volta, il solitario destino di impotenza che fu riservato a Schimith dauna socialdemocrazia ancora abbarbicata alla sua idea di Germania -provincia pedagogica: provincia animata da forti etiche della convinzione, e da smilze etiche della responsabilità nazionale, europea, o mondiale.

Non è molto diversa infatti la situazionhe di oggi, se paragonata ai primi Anni Ottanta. Ecco ancora una volta la Germania chiamata a divenire nazione non solo responsabile ma strategicamente indispensabile, ne cuore del continente. Allora si trattava di rispondere alle minacce militari e psicologiche dell'Urss con una volontà inequivocabile di difendere nuclearmente le nazionidella Comunità europea: volontà che Schmidt impose di persona a un'Amertca indebolita dalla presidenza Carter, allergica alle funzioni di guida occidentali, tentata dalle ricorrenti sue introversioni. Già allora apparve chiaro che la Germania era un Paese in mutazione- non più afflitto dal duplice morbo di nanismo politico e gigantismo economico, diagnosticato dal cristiano-sociale Franz Joseph Strauss - e che un capitolo del dopoguerra europeo schiudeva, con il consenso di Giscard e poi di Mitterrand. Ma si chiudeva senza che il partito del cancelliere fosse preparato alla svolta decisiva, senza che fosse pronto a fare i conti con

una nazione che smetteva di essere passiva marca di confine dell'Europa post- bellica : marca elvetizzata, installata in una sorta di neutralità, provvidenzialmente deresponsabilizzata grazie alle sue storiche colpe, e agli obblighi delle sue speciali espiazioni. Lasciato solo con le sue intuizioni, Schmidt dovette dunque passare la staffetta a Kohl, e il compito di fondare una nuova Germania cadde per intero sulle spalle di quest'ultimo, come in fondo la socialdemocrazia aveva voluto.

Sicché fu Kohl a unificare le due nazioni tedesche , dopo la caduta del Muro nell'89 . Fu Kohl a volere con tenacia l'Europa della moneta unica , edificata in modo tale che la Repubblica tedesca divenisse di fatto nazione egemone, ma senza più allarmare i popoli circostanti. Fu Kohl a mostrare la maturità di una classe politica che anche nel malessere sa darsi un grande compito, e superare difficili prove della storia : una classe politica senza paragoni, in Europa. E è su questa Germania profondamente trasformata dal leader democristiano che il futuro cancelliere dovrà edificare, quale che sia il risultato del voto. E' su questa Germania che

esercita ormai un suo primatonell'Unione Europea, ma che è ancora tentata da retrattili immobilità economiche, sociali, sindacali. Che è ancora attratta dalla confortante quiete che promette lo statuto di provincia pedagogica. La cocciuta ostilità popolare all'euro conferma l'esistenza di queste immobilità narcisiste, percepibili soprattutto nelle regioni dell'Est che due dittature successive- prima nazista, poi comunista- hanno diseducato al senso della libertà soggettiva, della responsabilità individuale, dell'emancipazione da collettivi familiare, partitici, statalisti.

Questa Germania diseducara da 56 anni di dirratura ininterrotta, all'est dell'Elba, non conosce oggi che l'urlo peotestatario del minorenne politico, abituato a riversare sistematicamente sugli altri responsabilità che son sue. E' un'urlo colmo di ressentiment, di domande di tutela, di paure del nuovo come dell'età adulta. Questa Germania post-nazista e post comunista cercherà forse rifugio nei partiti specializzati in ressentiment- come il postcomunista Pds, o le nuove destre xenofobe della Dvu, e sarà lei a disegnare la Germania che gli europei avranno di fronte nei prossimi anni. Il che significa che non sarà agevole il compito del futuro cancelliere, qualunque esso sia. Non sarà semplice né per la democrazia cristiana né per la socialdemocrazia, e ambedue saranno costrette ad apprendere l'arte del governo nel preciso momento in cui l'Europa ha più che mai bisogno di una Germania forte e l'Occidente è più chje mai privo di una guida americana sicura, proprio come negli ultimi anni di Schmidt.

A quei tempi la socialdemocrazia non era pronta per la metamorfosi decisiva, e ancor oggi il mutamento mette paura. Mette paura congedarsi dalle abitudini al ressentiment, anche quando i classici comportamenti protestatari trasmigrano dal socialismo ai partiti d'estrema destra, o ai partiti neocomunisti. Mette paura cambiare discorso sulla crisi economica o la disoccupazione o gli esclusi, e parlare finalmente non più di crisi ma di mutazione durevole e profonda del lavoro che non è più fisso, del contratto fra generazioni che va rifondato, del contratto sociale che aspetta di essere reinventato. Fa una così grande paura che Schroeder è costretto a nominare un ministro ombra dell'Economia-Jost Stollmann, ex imprenditore- che non ha rapporto alcuno con la socialdemocrazia e che può parlare in piena libertà senza tema di esser ingabbiato da apparati. Di questa maggiore libertà hanno bisogno tutti i politici in Germania, se vogliono imitare le resurrezioni di Kohl ed evitare a se stessi le mortificazioni, l

e paralisi, che Schmidt ebbe a subire al crepuscolo della sua carriera.

 
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