Per chiarire quella che a mio parere è la strategia di Confindustria
(al di là delle dichiarazioni) porto due esempi:
1) in seguito alla vittoria del referendum del 1995 sulle
"trattenute sindacali", i datori di lavoro non sono più obbligati ex-lege a
trattenere in busta-paga le quote di iscrizione e a versarle ai sindacati.
Con quel referendum è stata sicuramente abrogata una norma che
burocratizzava le associazioni sindacali.
Tuttavia, subito dopo il referendum, Confindustria ha stipulato con alcuni
sindacati (immaginate quali) degli accordi di carattere privato, inseriti
nell'ambito della disciplina dei contratti di lavoro, che impegnano i propri
aderenti (i datori di lavoro) a effettuare le trattenute in busta-paga e
a esguire i versamenti relativi alle altre parti firmatarie di questi
accordi.
I sindacati che possono beneficiare di questo servizio di "riscossione-quote",
sono esclusivamente quelli firmatari dei contratti collettivi nazionali
( art. 39 costituzione...), cioè quelli maggiormente rappresentativi,
cioè CGIL CISL e UIL.....e pochi altri;
questo ha l'effetto di garantire ai sindacati che sono già sul "mercato dei
lavoratori" un privilegio di carattere economico che è discriminatorio nei
confronti di tutti quei sindacati minori che asprino ad entrarvi.
A mio modesto parere (aimé confutato dal parere di un avvocato, che tuttavia
non mi ha convinto) questa condotta di Confindustria rientra nella
fattispecie vietata dall'art. 17 dello Statuto dei lavoratori "sindacati di comodo"
c.d. sindacati gialli, avverso la quale è possibile ricorrere innanzi
al pretore ( se a qualcuno interessa posso inviargli un dossier di poche pagine
su questo argomento).
Si può quindi concludere che con i fatti che compie Confindustria dimostra di
avere interesse ad avere come unico partner di relazioni industriali la vecchia,
cara, sempre più burocratizzata e sempre più fedele trimurti;
2) è ormai certo che, anche a seguito del referendum che nel 1993 ha abolito il
Ministero delle partecipazioni statali e che ha tra l'altro eliminato la
norma che imponeva agli enti pubblici di avere una rappresentanza distinta
da quella degli imprenditori privati , parallelamente al cosiddetto
"processo di privatizzazione", è in corso un processo di unificazione
delle rappresentanze "padronali" pubbliche e private, attraverso
l'inglobamento da parte di Confindustria di Intersind, l'ente che si
occupava di contrattare e stipulare con i sindacati, i contratti di lavoro
delle aziende ed enti di Stato. Questo significa che società ancora in tutto
o in parte statali (di proprietà del ministero del tesoro), come Telecom,
Ferrovie, Enel, Eni sono o saranno rappresentate da Confindustria; Gli
interessi delle aziende private dovranno necessariamente coincidere con
quelli delle aziende di Stato e/o viceversa. Tra l'altro, come ha notato
recentemente Sergio Romano in un editoriale sul Corriere ( ma come già
Benedetto Dellavedova aveva segnalato nei suoi comunicati, su mia imbeccata :-)),
questo comporta che Confindustria viene e verrà finanziata
(immagino lautamente, viste le dimensioni dei bilanci),
anche dalle quote di iscrizione di queste società statali e quindi con soldi
pubblici del Ministero del tesoro. Detto questo, secondo voi Confindustria è
interessata a privatizzare seriamente qualcosa in Italia ?
Questo quadro assomiglia sempre più quello del capitalismo degli anni
trenta (con Corporazioni di fatto invece che di diritto), che a quanto pare
viene sempre più apprezzato e propagandato con orgoglio dai nostri
governanti in tutta Europa. Se non sbaglio infatti il punto forte e
innovativo della campagna elettorale di Schroeder è stato il patto sul
lavoro tra Stato, sindacati e imprenditori.
--- MMMR v4.00reg