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Conferenza Rivoluzione liberale
Partito Radicale Matteo - 1 ottobre 1998
CONFINDUSTRIA

Per chiarire quella che a mio parere è la strategia di Confindustria

(al di là delle dichiarazioni) porto due esempi:

1) in seguito alla vittoria del referendum del 1995 sulle

"trattenute sindacali", i datori di lavoro non sono più obbligati ex-lege a

trattenere in busta-paga le quote di iscrizione e a versarle ai sindacati.

Con quel referendum è stata sicuramente abrogata una norma che

burocratizzava le associazioni sindacali.

Tuttavia, subito dopo il referendum, Confindustria ha stipulato con alcuni

sindacati (immaginate quali) degli accordi di carattere privato, inseriti

nell'ambito della disciplina dei contratti di lavoro, che impegnano i propri

aderenti (i datori di lavoro) a effettuare le trattenute in busta-paga e

a esguire i versamenti relativi alle altre parti firmatarie di questi

accordi.

I sindacati che possono beneficiare di questo servizio di "riscossione-quote",

sono esclusivamente quelli firmatari dei contratti collettivi nazionali

( art. 39 costituzione...), cioè quelli maggiormente rappresentativi,

cioè CGIL CISL e UIL.....e pochi altri;

questo ha l'effetto di garantire ai sindacati che sono già sul "mercato dei

lavoratori" un privilegio di carattere economico che è discriminatorio nei

confronti di tutti quei sindacati minori che asprino ad entrarvi.

A mio modesto parere (aimé confutato dal parere di un avvocato, che tuttavia

non mi ha convinto) questa condotta di Confindustria rientra nella

fattispecie vietata dall'art. 17 dello Statuto dei lavoratori "sindacati di comodo"

c.d. sindacati gialli, avverso la quale è possibile ricorrere innanzi

al pretore ( se a qualcuno interessa posso inviargli un dossier di poche pagine

su questo argomento).

Si può quindi concludere che con i fatti che compie Confindustria dimostra di

avere interesse ad avere come unico partner di relazioni industriali la vecchia,

cara, sempre più burocratizzata e sempre più fedele trimurti;

2) è ormai certo che, anche a seguito del referendum che nel 1993 ha abolito il

Ministero delle partecipazioni statali e che ha tra l'altro eliminato la

norma che imponeva agli enti pubblici di avere una rappresentanza distinta

da quella degli imprenditori privati , parallelamente al cosiddetto

"processo di privatizzazione", è in corso un processo di unificazione

delle rappresentanze "padronali" pubbliche e private, attraverso

l'inglobamento da parte di Confindustria di Intersind, l'ente che si

occupava di contrattare e stipulare con i sindacati, i contratti di lavoro

delle aziende ed enti di Stato. Questo significa che società ancora in tutto

o in parte statali (di proprietà del ministero del tesoro), come Telecom,

Ferrovie, Enel, Eni sono o saranno rappresentate da Confindustria; Gli

interessi delle aziende private dovranno necessariamente coincidere con

quelli delle aziende di Stato e/o viceversa. Tra l'altro, come ha notato

recentemente Sergio Romano in un editoriale sul Corriere ( ma come già

Benedetto Dellavedova aveva segnalato nei suoi comunicati, su mia imbeccata :-)),

questo comporta che Confindustria viene e verrà finanziata

(immagino lautamente, viste le dimensioni dei bilanci),

anche dalle quote di iscrizione di queste società statali e quindi con soldi

pubblici del Ministero del tesoro. Detto questo, secondo voi Confindustria è

interessata a privatizzare seriamente qualcosa in Italia ?

Questo quadro assomiglia sempre più quello del capitalismo degli anni

trenta (con Corporazioni di fatto invece che di diritto), che a quanto pare

viene sempre più apprezzato e propagandato con orgoglio dai nostri

governanti in tutta Europa. Se non sbaglio infatti il punto forte e

innovativo della campagna elettorale di Schroeder è stato il patto sul

lavoro tra Stato, sindacati e imprenditori.

--- MMMR v4.00reg

 
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