IDEAZIONE - N. 5 - 1998 - Settembre/Ottobre
di Marco Taradash
Esistono due versioni della relazione Pellegrino sul lavoro della Commissione stragi. La prima risale al 1995, la legislatura del ribaltone, e in alcune centinaia di cartelle ripercorre la storia d'Italia dallo sbarco alleato in Sicilia fino agli anni '80. Non e' mai stata discussa dalla Commissione, ne' tantomeno votata, ma rimane il suo testo di riferimento, quello che per primo viene fatto leggere dai funzionari ai parlamentari esordienti e ai nuovi consulenti. In gergo si chiama "la bozza".
La seconda e' in progress, affiora da dichiarazioni, interviste, interventi a convegni, di cui il presidente Pellegrino e' prodigo: questa versione spesso contraddice la prima nell'analisi di eventi specifici e, pur tra spinosi contorcimenti ideologici, parzialmente ne corregge l'assunto di fondo. Che e', come e' noto, quello su cui si e' radicata la teoria del "doppio Stato": la storia della Prima Repubblica va rivista, per comprenderla, da sotto lo châssis, nei suoi ingranaggi e meccanismi invisibili, perche' le grandi inchieste giudiziarie di oggi, sulle stragi e sulla mafia, hanno irrimediabilmente reso obsolete le letture storiografiche classiche, persino le piu' approfondite. La storia degli ultimi cinquant'anni e' storia di arcani imperii, e - questa l'originalita' della bozza rispetto a ben piu' antiche e documentate denunce antipartitocratiche - l'impero in questione e' effettivamente l'Impero, alias "l'oltranzismo atlantico". Chi, lette le carte processuali, non si adeguasse alla nuova storiografia
politically correct non potrebbe non essere tacciato di ingenuita' o di collusione.
Unamuno ha scritto (e Borges ce lo ha fatto notare) che, a differenza dell'opinione comune, il corso del tempo non procede dal passato all'avvenire, ma viceversa: "Notturno il fiume delle ore scorre/dalla sorgente che e' l'eterno domani". Nella XII legislatura, che dette vita alla bozza, l'eterno domani aveva ancora in gestazione la vittoria elettorale delle sinistre; occorreva intanto predisporre un passato adeguato, fatto di istituzioni fantoccio, da De Gasperi a Rumor, da Saragat a Cossiga, da Andreotti alle scaturigini berlusconiane, di stragi non soltanto di Stato, ma, piu' precisamente di governo, di servizi non piu' deviati ma inviati da Washington, di Gladio e P2 intrecciate e inconfondibili, di mafia, camorra, 'ndrangheta come bande mercenarie di riserva, di guerre aeronavali Nato sui cieli di Ustica, di estremismi non opposti ma composti in un disegno strategico cui solo il crollo del muro di Berlino e la fine del pericolo comunista avrebbe messo termine.
L'Antistato era lo Stato, e tutti gli eventi piu' segreti e fondamentali della Repubblica potevano, anzi dovevano essere svelati con un semplice abracadabra: impedire l'ingresso del Pci nell'area di governo. Soltanto dal Pci o dai suoi eredi - il corollario era implicito - sarebbe potuta arrivare la liberazione a lungo invocata.
Questa storiografia militante, dove vero e verosimile si uniscono spregiudicatamente per dar forma a quel "cervello a forma di pugno" che Ignazio Silone rinfacciava ai comunisti (e agli ex comunisti - l'Italia dell'Ulivo ne e' piena - che si erano spogliati del pelo politico senza perdere il vizio ideologico), offriva un sostanziale vantaggio: il Pci, o come si chiamasse la sua nuova maschera politica, poteva tranquillamente candidarsi a governare il Paese senza bisogno di aprire archivi, cassetti o cassette di sicurezza. I suoi scheletri (i finanziamenti dall'Urss, la struttura paramilitare detta "Gladio rossa", l'anti-imperialismo, il consociativismo, eccetera, eccetera) erano piuttosto icone di una seconda lunga resistenza democratica, come del resto tribunali di mezza Italia andavano confermando.
D'altra parte, acciaccato Cossiga, disarmato Berlusconi, chi altri avrebbe avuto la forza politica di dire: il re e' nudo, vale a dire chiedere al Pci conto non degli scheletri ma del corpo, non dei suoi lati d'ombra ma del suo essere stato solare espressione del comunismo internazionale, alleato del comunismo internazionale, custode dei segreti del comunismo internazionale? Questo capitolo nella bozza non c'e'. Ne' potrebbe esservi, poiche' tutta la ricostruzione si fonda su un paradosso: il fattore K, che agisce in funzione della collocazione politica internazionale del Pci (ed opera per lungo tempo in modo diametralmente opposto a quanto la bozza sostiene: per tutti gli anni '70, quelli delle stragi e dei terrorismi, la Dc ha cercato con l'opposizione comunista, trovandola, una conventio ad includendum, non ad excludendum), e' assunto come la fonte di ogni nefandezza; mentre la presenza del Pci e' rilevata come un mero dato di fatto, al di la' della sua collocazione politica internazionale.
Su questa rimozione, su questa omissione omertosa, si stagliano i silenzi dei parlamentari Pci-Pds-Ds. Al punto che il presidente Pellegrino si e' trovato a fare, di recente, questa sconcertante riflessione: "Il contesto dell'immediato dopoguerra fu caratterizzato dal permanere della disponibilita' di armi da parte di formazioni civili, almeno fino alla sconfitta del Fronte popolare per quelle di matrice cattolica, come Francesco Cossiga, fra gli altri, ha piu' volte ricordato; e per quelle di matrice comunista sino alla meta' degli anni '50, come riferito da Taviani, da ultimo, in sede parlamentare". Taviani, si badi, non Ingrao o Nilde Jotti o il ministro dell'Interno Napolitano. O Massimo D'Alema.
La frase di Pellegrino e' stata pronunciata al convegno dell'Istituto Gramsci sulla "Doppia lealta' e doppio Stato nella storia della Repubblica", svoltosi nello scorso maggio, che ha, imprevedibilmente, avviato al macero la storia d'Italia a fumetti che continua ad essere scritta nelle aule dei tribunali (dove ogni pm che si rispetti si avvale della nuova figura professionale del "perito storico" - avanti fumettari, a riscuotere!) o in quelle del Parlamento. In una relazione di grande chiarezza metodologica, Umberto Gentiloni Silveri ha analizzato l'atteggiamento di Togliatti e del Pci di fronte al nascente centro-sinistra, e quello della Cia di fronte al Pci. Dopo aver osservato come la "doppia lealta'", alla Costituzione e a Mosca, avesse escluso il Pci dalle ipotesi riformatrici proprie della cultura progressista europea e da ogni possibile ricambio di governo, ha aggiunto: "Sarebbe un grave errore identificare la storia della Repubblica con le vicende del doppio Stato. La doppia lealta' (alla Costituzio
ne e alle compatibilita' internazionali del bipolarismo) e' un dato dal quale non si puo' prescindere per seguire le scelte e gli indirizzi delle classi dirigenti. La storia del doppio Stato non e' la storia della Repubblica, ma la stessa democrazia repubblicana vive e puo' essere compresa solo nel quadro dello sviluppo e delle modifiche del nesso nazionale-internazionale". Amen.
Il Pci-Pds-Ds ha vinto le elezioni, i suoi uomini occupano ministeri importanti, stringono relazioni internazionali, e il mondo appare loro oggi un po' diverso da come lo decifravano spiandolo dalle caverne dell'ideologia. L'intendenza, giudici e intellettuali, seguira'. E forse diventera' nozione comune che le due "doppie lealta'" non possono essere messe sullo stesso piano. I concetti di doppio Stato e di guerra civile verranno ricoperti dalla polvere. Rileggeremo quell'ammasso di vicende infami, di malaffare, di intrighi, di generali fascistoidi, di ruberie di Stato, di servizi "deviati", di depistaggi di stragi, di corruzione contro la legge e nelle leggi - e sara' la storia del sottosistema del sistema dei partiti - attraverso le denunce e le lotte politiche di Sturzo, di Ernesto Rossi, di Maranini o di Pannella. Per capire e per cambiare, non per annientare gli avversari. Forse. Di certo la Commissione stragi continuera' i suoi lavori.
P.S. Il compito istituzionale della Commissione e' quello di analizzare le cause e la natura dei depistaggi di Stato che hanno accompagnato gli eventi di strage e di terrorismo. Come appare chiaro, la Commissione si e' occupata, dalla sua costituzione ad oggi, di tutt'altro. La magistratura indaghi.