Proporzionale fumo di Londra
Come italiano, anglofilo e appassionato sostenitore della democrazia parlamentare, ho spedito una lettera a Tony Blair, numero l0, Downing Street, Londra. E siccome l'ho spedita ieri, grazie alle poste inglesi posso star certo che stamattina è sul tavolo del primo ministro. Dice pressappoco così.
"Caro Primo Ministro, tra qualche giorno riceverà il rapporto della Commissione da lei insediata per studiare la riforma del sistema elettorale britannico. Dopo di che dovrà decidere che cosa fare: se lanciare un referendum, secondo l'impegno che ha preso prima delle elezioni. O se - come molte fonti a lei vicine suggeriscono - non essendone affatto persuaso, prendere tempo, avviare un lungo dibattito nel paese e nel governo e rinviare il tutto a dopo le prossime elezioni. Io vorrei pregarla di scegliere questa seconda strada, sperando che alla fine non se ne faccia niente.
Glielo dico da italiano, vittima seppure incolpevole dei guasti che la proporzionale, anche in modica quantità, può introdurre in un sistema politico. E glielo dico nell'interesse dell'Italia, paese così anelante al bipolarismo da aver convocato un analogo referendum, seppure con fini diametralmente opposti, teso cioè a rendere il nostro sistema elettorale uguale a quello che voi vorreste cambiare.
I fautori di una riforma in senso proporzionale del glorioso "first-past-the post" inglese (vince il primo arrivato in ogni collegio, e i voti degli altri vanno persi) sostengono che è necessario rendere il sistema più rappresentativo, più democratico, e meno drammatico. Il bipolarismo inglese ha prodotto degli scarti impressionanti, alternando governi di opposto orientamento che in pochi mesi passavano dalle nazionalizzazioni alle privatizzazioni. Un più ampio pluralismo parlamentare - dicono i suoi "proporzionalisti" - potrebbe ampliare lo spazio per la riflessione e la discussione, e ridurre quello del decisionismo. O vero che la soluzione verso cui si orienta la sua Commissione non è seccamente proporzionale: essa prevede - dicono i bene informati - solo una percentuale di seggi (il 25% come da noi, o forse anche di meno) assegnati alle liste di partito, mentre i restanti parlamentari dovrebbero mantenere il loro storico rapporto diretto con il collegio uninominale, ed essere dunque scelti direttamente d
agli elettori. Anche costoro, però, attraverso il meccanismo del voto alternativo, diventerebbero il frutto di alleanze tra i partiti, perché gli elettori avranno una seconda scelta, e i voti dati al secondo preferito si sommeranno a quelli del primo. Il risultato dovrebbe essere la nascita di una coalizione tra il suo partito, il Labour, e quello Liberal-Democratico, suo naturale alleato. A parte la sgradevole estromissione per via di legge elettorale e per un tempo prevedibilmente lungo dei Conservatori dal governo, un grave vulnus al "fair play" elettorale britannico (con i Tories non si alleerà nessuno, e non raggiungeranno mai da soli la maggioranza assoluta dei seggi con questo sistema), lei si troverebbe comunque di fronte al rischio di un governo di coalizione. Dicono che lei è un modernizzatore affascinato dalla democrazia continentale e dalla possibilità di costruire un forte centro egemone che tagli le estreme. Ma lei, per sua fortuna, non ha mai diretto un governo di coalizione, nel quale sono pr
oprio le estreme a godere di un potere molto superiore alla loro forza elettorale.
Lei sa bene che in Italia il governo scelto dagli italiani due anni e mezzo fa se ne è dovuto andare per la scelta di un gruppo di deputati (Rifondazione) che nel sistema uninominale inglese non avrebbero vinto in nessun collegio, e dunque non sarebbero neanche esistiti. E lei sicuramente sa che il partito che ha deciso la soluzione della crisi (l'Udr) è un partito che non si è mai sottoposto al giudizio elettorale, il cui leader non è stato mai eletto da nessuno essendo senatore a vita, e i cui parlamentari sono stati tutti eletti in altri partiti, sostenendo diversi programmi e diverse bandiere. E il "Times" le ha di recente ricordato che la proporzionale consente la presenza di ben l3 sigle di partitini nel Parlamento italiano.
Ha pensato a che cosa significa la scelta dei ministri in un governo di coalizione? Lei, ogni anno, a primavera, fa il rimpasto. Prende i ministri che le sono sembrati deboli, o indisciplinati, o incompetenti, e li cambia. In Italia non si può cambiare neanche un sottogretario senza il consenso della camarilla politica di cui fa parte, e senza sottoporre il governo al ricatto della sconfitta parlamentare.
Lei gode di una situazione in cui i facinorosi della sinistra estrema inglese sono tenuti sotto controllo nei ranghi del partito, dove non possono fare troppi danni. Noi siamo in una situazione in cui una trentina di trotzkisti possono decidere della sorte politica della quinta economia del mondo. Il giorno che ci fosse uno spicchio di proporzionale nel sistema inglese, quella sua sinistra interna diventerebbe esterna, strapperebbe qualche seggio parlamentare e potrebbe diventare essenziale per la sopravvivenza di un governo, suo o di uno dei suoi successori.
Lei potrebbe obiettarmi che il sistema politico inglese non è come quello italiano. Che la legge elettorale non è tutto. Che la lunga tradizione del bipolarismo ha prodotto comportamenti elettorali sensati. E potrebbe argomentare che, anche con la riforma che la Commissione proporrà, e che porterebbe da 46 a l06 i seggi del terzo partito liberal-democratico, il Labour avrebbe ugualmente vinto le ultime elezioni, e ottenuto la maggioranza assoluta per governare. Questo è vero, grazie alla vittoria a valanga che lei ha avuto un anno e mezzo fa nelle urne. Ma sarà sempre così? Il governo Major, che ha retto con appena un paio di voti di maggioranza, non sarebbe esistito con questo sistema elettorale, e al suo posto avremmo avuto qualche anno di caos politico non consono con la tradizione britannica.
Si dice che lei sia molto preoccupato dalla tendenza all'estremismo che una legge elettorale crudele come quella inglese produce nel vostro sistema politico. Ma lei sa fin troppo bene che ormai ci pensano i quotidiani sondaggi di opinione della sterminata e moderata classe media a frenare ogni eccesso del governo in carica. Il suo stesso governo, per quanto dotato di una maggioranza schiacciante in Parlamento, non farebbe mai niente che possa infastidire i veri padroni dei sistemi politici moderni: gli elettori di centro.
Non è più rappresentanza, ma più decisione democratica ciò che chiedono le moderne società europee.
Non dia dunque questo dispiacere a tutti i fautori italiani del bipolarismo anglosassone. Una di loro, la commissaria europea Emma Bonino, che lei certamente conosce e stima, ha definito il vostro sistema elettorale il migliore del mondo. Un altro di loro, Mario Segni, che forse lei non conosce, ha avuto il merito di avviare in nome del bipolarismo una battaglia referendaria che ha contribuito non poco a sovvertire un vecchio e sclerotico sistema politico e ad avviare la cosiddetta "rivoluzione italiana". Grazie alla quale oggi siamo in Europa. Non meritano, non meritiamo, uno schiaffo proprio dal modello ispiratore: i "proporzionalisti" italiani se ne farebbero forti, e questo complicherebbe notevolmente il nostro cammino verso il bipolarismo.
Lo faccia per l'Italia: lasci perdere. Cordialmente suo".