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Conferenza Rivoluzione liberale
Partito Radicale Paolo - 10 novembre 1998
GIUSTIZIA PER PINOCHET

Mi rifiuto di porre sui piatti di una bilancia il sangue e i morti, le vittime dei regimi sanguinari che hanno governato e governano cosi' ampia parte del pianeta. Troppo spesso il dibattito partito dal caso Pinochet indulge su computi e sulla ricerca del piu' cattivo.

E' in primo luogo profonda tristezza quella che deriva dal dover prendere atto del fatto che chi si vuole metter sotto processo e' chi non ha piu', se non in misura marginale, potere e potesta'. Tristezza per non esservi rivolta di coscienze volonta' di giustizia, di rigore e giustizia nei confronti di dittatori sanguinari ancora al potere, magari da molti decenni. Quasi che la volonta' di giustizia sappia esprimersi, e nemmeno sempre, soltanto nei confronti di chi non e' piu' al potere.

Certo vi e' dell'altro, certo vi e' volonta' di legittimazione delle culture dominanti e del potere, che sanno cogliere occasioni quali questa; anche al costo di danneggiare un paese, il Cile, in cui giudici e tribunali vi sono, e che ha saputo conquistare a se stesso democrazia politica e ordinamento, ancorche' perfettibili, quale e' sempre e per definizione una democrazia.

Ma Se norme e leggi lo consentono, se ordinamenti penali lo consentono o impongono, Pinochet puo' e deve essere giudicato.

Una considerazione pero' si impone: Giustizia e diritto non sono sinonimi. Mi sembra sconcertante che - con le culture dominanti, storicamente e tuttora vincenti - continui a prevalere e per nulla casualmente un fraintendimento sedimentato e tremendo. Quel che fa la differenza con la barbarie non e' il fare giustizia, ma l'applicare il diritto, quello scritto, quello che c'e'.

Chi uccide per vendetta l'assassino del proprio partner o del proprio figlio conquista giustizia, si fa giustizia. Nella sfera morale quella vendetta puo' essere intesa e soggettivamente e' attuazione di giustizia. Molte societa' del mondo hanno superato questa giustizia per avere concepito un sistema di convivenza fondato su leggi e contratti.

Giustizia e diritto non sono sinonimi, perche' quel che fa la differenza e' il diritto e la legalita', e non il presunto tasso di aspirazione alla giustizia o la giustizia come valore.

I tribunali devono applicare il diritto, ed e' per questo che proprio noialtri radicali siamo stati determinanti nella costituzione di corti internazionali.

In nome della giustizia, e talvolta anche in buonissima fede, sono state sacrificate messi di umani; perche' e' in nome della giustizia che intere classi sociali sono state sterminate in Russia e in Urss, o nazioni nell'Europa dominata dai Nazisti. Era in nome della giustizia che quei crimini furono commessi, ed e' in nome della giustizia che funzionano le camere a gas coreane o i Laogai cinesi o i gulag cubani.

Se prevale la giustizia come valore, sul diritto come metodo, si erige un altare sacrificale.

La storia del secolo che sta per concludersi e' colma soprattutto di una illusione, che e' palese anche in questa vicenda di Pinochet, e che e' illusione per nulla casuale, e invece determinata e costruita e voluta. E l'illusione e' nel ritenere che la giustizia sia altrove che nella perfettibilita' di leggi e di sentenze pronunciate nel rispetto delle norme; la illusione e' nel continuare a nutrire il tragico equivoco che la giustizia sia un valore vivo in se, e non invece, quale e' esclusivamente, la perfettibilissima pronuncia di un tribunale dopo un processo legale.

Paolo Pietrosanti

 
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