Scherzi a parte.....Non credo proprio che il "liberismo" sia l'anticamera dell'autoritarismo. Penso invece che i liberisti dovrebbero, per correttezza intellettuale, porsi qualche domanda.
1. Il liberalismo é "compatibile" con un'economia di mercato "fondamentalista", ovvero con un'interpretazione integralistica e "olistica" del libero mercato?
Secondo me, No. Esattamente come non é compatibile con un'economia di stato collettivistica, ovvero con un'interpretazione "olistica" del socialismo.
La democrazia liberale si combina con l'"economia mista", ovvero con un'economia di mercato "corretta" da un'economia "di stato" welfarista e pluralista. Il perché é presto detto: una economia collettivistica determina un paurosa concentrazione di potere politico, economico, burocratico, culturale nelle mani di una burocrazia; una economia di mercato integralistica concentra lo stesso potere in una classe ristretta, in una elite proprietaria. Come scriveva Luigi Einaudi, la vera critica al modello del piano non é economica ma politica. Ma un effetto di concentrazione perfettamente analogo vi é anche con una economia di mercato "scorretta". I casi dei paesi latinoamericani appunto stanno lì a dimostrarlo.
Facciamo un po' di conti: un'indicatore accettabile per la definizione dell'intrusione dello stato o comunque del "pubblico" nell'economia é dato dalla percentuale della tassazione o della spesa pubblica sul pil. Gli Stati Uniti presentano una percentuale del 33 per cento; le nazioni scandinave una percentuale del 55 per cento. In entrambi i casi siamo in presenza di una "economia mista" ( con diversa struttura e diversa prevalenza ovviamente..) ma in entrambi i casi abbiamo un forte presenza dello stato.
In alcuni paesi emergenti, Brasile, Indonesia, Asia del sud, Africa, Latinomerica, abbiamo percentuali del 10-15 per cento. E questo non funziona né dal lato politico (vi é un potere troppo forte delle "classi dominanti" proprietarie, della rendita, degli interessi transnazionali) nè dal lato economica (ovvero siamo in economie a strutturale deficit di domanda e con istituzioni economico-finanziarie arretrate come stiamo constatando in queste settimane di crisi finanziaria globale).
Percentuali così basse di presenza dello stato erano "compatibili" con assetti istituzionali liberali-democratici solamente in uno stadio diverso dello sviluppo civile; quando per intenderci, famiglia e comunità tradizionale svolgevano un ruolo chiave nelle attività di servizio. Non é un caso che i grandi liberisti classici, da Luigi Einaudi e Joseph Schumpeter passando per il padre nobile del liberismo Adam Smith, hanno sempre sottolineato l'eccezionale importanza delle istituzioni "morali" per l'economia di mercato. Con i grandi processi di secolarizzazione e modernizzazione culturale e civile però quelle istituzioni morali hanno perso larga parte della loro importanza; i servizi personali e sociali sono passati alla mediazione della moneta. Ed allora l'economia di mercato, per essere compatibile con la democrazia liberale, deve essere "corretta" da un forte intervento sociale. Per questa ragione al liberalismo liberista classico é succeduto il liberalismo sociale moderno.
Morale: partendo dalle analisi del pensiero liberista classico si arriva, secondo me, alla conclusione della "necessità" di una "economia mista" (NB: nell'accezione che ho cercato di dare, un'economia che ha una presenza dello stato di almeno il 30 per cento sul pil).
2. Seconda domanda: non sarà che la tanto decantata riforma previdenziale del regime della junrta é politicamente imparentata con lo stadio di santiago e con la repressione del dissenso sociale e politico attuata scientificamente dalla junta?
Personalmente ritengo che riforme privatistiche della previdenza possono essere attuate anche in regime di democrazia liberale però i neoliberisti dovrebbero avere la correttezza di porsi la domanda e di darsi una risposta non ideologica.
3. Per i paesi emergenti quale politica economica e quale economia politica é necessaria? I neoliberisti di questa conferenza amano tanto discettare su riforma pensionistica, liberalizzazione del mercato del lavoro, uscita dallo stato sociale, distruzione del welfare e della socialdemocrazia, dovrebbero spiegare, a mio avviso, che senso ha parlare di questi temi in nazioni come l'indonesia, il brasile, il perù, la russia, l'intero continente africano, dove la presenza dello stato é inferiore al 10 per cento, o giù di lì. In questi paesi, a mio avviso, la questione all'odg é esattamente opposta (in termini sia di efficienza economica che di sviluppo democratico). Lo stato deve, in queste economie, triplicare la sua presenza.
4. Caro Vernaglione, l'economia cilena era ed é ben differente da quella argentina o brasiliana. L'argentina, anche ai tempi di allende o della junta, non aveva grandi produzioni di rame o salnitro come il cile; era ed é un'economia di grandi allevamenti e con una forte presenza industriale. Quindi non mi pare che potesse rispondere positivamente ad un forte incremento del prezzo del rame. Difatti la politica liberistica della junta argentina ha prodotto solamente disastri economici.
Il brasile, poi, aveva ed ha un'economia ben più differrenziata del cile: le sue performance economiche sono state anche in quel caso tuttaltro che negative: basta ricordarsi i tassi di sviluppo dell'economia brasiliana fra gli anni sessanta e settanta. In quel caso però la politica economica della locale junta era ben più "interventista".
E questo ci pone un ulteriore problema: un'economia "di stato" evidentemente é ahimè coniugabile con una dittatura. Anzi se l'economia di stato é autarchica si sposa perfettamente con un regime dittatoriale moderno. Esattamente come l'economia di mercato anche l'economia "di stato" deve rispondere a certe condizioni per essere compatibile con la democrazia liberale.
Gli amici neoliberisti dovrebbero, secondo la mia modesta opinione, capire che il fondamentalismo liberista o non liberista é difficilmente compatibile, politicamente e culturalmente, con la democrazia e la cultura liberale e che liberismo e liberalismo non sono sinonimi. Ci sono liberali non liberisti e ci sono liberisti antiliberali: anzi il fondamentalismo neoliberistico é antiliberale (ed anticapitalistico) tanto quanto il rivoluzionarismo comunista