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Conferenza Rivoluzione liberale
Radio Radicale Claudio - 12 novembre 1998
Una nota ulteriore. Non mi pare semplice definire in tre righe culture e tradizioni politiche e culturali di qualche centinaio di anni come "liberalismo", "liberismo" o "libertarismo". Anche perché le definizioni mutano da periodo storico e periodo storico e da paese a paese.
Ad esempio il termine" Liberale" nasce con in Spagna nei primi tentativi di costituzione ad opera di ufficiali anticlericali; in Inghilterra i "liberali" erano gli antichi "Whig", partito egemone nel settecento (il periodo di Walpole) alle origini della democrazia britannica.

E ovviamente ogni nazione e ogni periodo risente dei problemi e delle contraddizioni di quelle epoche e di quelle civiltà: ad esempio nel mondo inglese i liberali sono "individualisti" e collegati all"individualismo metodologico" e alla tradizione del "contratto sociale". E non solo i liberali: anche Hobbes, si rifa a quel tipo di discorso, pur arrivando a conclusioni non liberali. Al contrario nel mondo tedesco, i liberali sono "idealisti" e tuttaltro che "individualisti": Nella filosofia tedesca é ben difficile non essere figli o cugini o parenti di Hegel!

E in Italia poi abbiamo il famoso e controverso dibattito fra Croce e Einaudi proprio sul reciproco rapporto fra "liberalismo" e "liberismo".

Che cosa é allora il "liberalismo"? Una dottrina dello stato e del potere che cerca di limitare il primo e di equlibrare il secondo, tutelando al massimo le libertà (i diritti) degli individui.

Al centro dunque vi é l'individuo, come persona, come soggetto sociale, come proprietario. Da un lato si cerca di garantire gli individui, dall'altra di evitare che concentrazioni di potere troppo rilevanti schiaccino concretamente e ideologicamente gli individui.

Dunque i diritti degli individui. i diritti di disposizione (es quelli di proprietà) e i diritti formali.

Ma la faccenda non é così semplice. Ad esempio come di regolano e si bilanciano i diversi diritti degli individui? E cosa succede se non tutti gli individui hanno risorse tutelate come diritti? Dagli individui si arriva alle obbligazioni sociali. Gli individui devono "limitarsi" a loro volta nel soddisfacimento di bisogni e desideri, per evitare di fare danni (Mill, un altro liberale non particolarmente "liberista"). In particolare per evitare la guerra di ognuno contro tutti devono delegare (ancora non sembra essere stato trovato uno strumento istituzionale migliore) il potere di coercizione ad una istituzione speciale ma pericolosa, lo stato appunto: in tal modo ogni individuo contrae obbligazioni con gli altri individui, obbligazioni in parte mediate dallo stato.

Per "limitare" lo stato nascono i diritti politici e civili.

Non solo: non tutti gli individui, "naturalmente", riescono a partecipare al grande gioco sociale. Insomma ci sono gli esclusi, particolarmente in periodi di innovazioni e di trasformazioni (questione cruciale in una società individualistica...). Che fare? E' accettabile che questi esclusi rimangano tali? Nasce il problema dell'uguaglianza e della giustizia "sostanziale".

E nascono i diritti sociali.

Dal liberalismo giuridico, dai diritti formali di proprietà, storicamente e logicamente, si arriva dritti dritti al liberalismo sociale e ai diritti sostanziali. Come si diceva qualche anno fa, dalle "libertà da" alle "libertà di". E' l'evoluzione della cittadinanza descritta da Marshall (non ho inventato nulla, naturalmente....).

Ora si comincia a capire diffusamente che la tutela dei diritti non può non essere globale: ed allora arriviamo ai diritti transnazionali e, in presenza di un mondo dominato da tante e diverse civiltà, arriviamo ai temi del "comunitarism".

Esistono quindi tante definizione di "liberali": ci sono quelli che si limitano alla tutela dei diritti formali o addirittura dei diritti di proprietà; oppure ci sono quelli che danno un ruolo centrale ai diritti sociali; o ancora quelli che cercano di definire un sistema pluralistico di "sfere di giustizia" e quindi di strutture di diritti differenziati.

Ci sono insomma i "liberali classici" (o "utilitaristi"), i "social-liberali"( O "liberal" o "contrattualisti") e chissà i "liberali-comunitaristi".

E naturalmente i liberali si incontrano con "liberisti", con "socialisti", con "nazionalisti" eccetera eccetera eccetera.

Ma esiste ovviamente una domanda centrale: può esistere un ordinamento (e una dottrina) liberale che non faccia proprio il "mercato"?

La faccenda é maledettamente complicata. E assomiglia molto alle discussioni sull'esistenza della divinità.

Sul piano storico e su quello delle analisi figlie della nostra civiltà occidentale, una civiltà nata e cresciuta sul grembo dell'economia mondo capitalista la risposta non può che essere negativa: non vi é liberalismo che non incontri sulla sua strada il "mercato". Personalmente sono comunque convinto che questa affermazione sia valida solamente sotto le condizioni dette: In teoria astratta si può pensare a società, stati e dottrine liberali "senza mercato". Astrattamente.

Rimanendo con i piedi a terra, dunque nella nostra amata civiltà occidentale, possiamo in primo luogoi affermare che NON esiste liberalismo che non incontri il "mercato".

Ma quale mercato? E poi un liberalismo occidentale può o magari deve incontrare anche qualcos'altro?

Esistono tante forme di mercato; e secondo me il liberalismo, se vuole effettivamente essere costruttore di nuove istituzioni nel mondo DEVE incontrare anche ALTRO: ad esempio il Welfare.

 
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