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Conferenza Rivoluzione liberale
Vernaglione Piero - 13 novembre 1998
Landi, la mia era una questione puramente terminologica (ma importante, almeno per chi ritiene che, in materia di storia delle idee, le classificazioni debbano essere rigorose). Non mi permetto di espellere dal filone del liberalismo autori quali Rawls, Dahl, Dworkin, Dahrendorf e, aggiungo io, Bobbio, Calogero, Sen. Il problema è che il grado di intervento redistributivo da parte dello stato auspicato da Hayek è nettamente inferiore a quello richiesto da Rawls; o l'estensione dei diritti economici e sociali sostenuta da Bobbio non trova riscontro nel pensiero,ad esempio, di Buchanan. Dunque, per evitare quella sciatteria culturale che, sono sicuro, anche tu come me detesti, è opportuno utilizzare termini diversi per indicare queste due correnti di pensiero ormai molto diverse fra loro. Personalmente seguo la classificazione anglosassone, più puntuale e meno cialtrona rispetto alle vaghezze del mondo accademico italiano, e dunque preferisco chiamare liberali i "classical liberals", cioè gli esponenti che si
richiamano al liberalismo liberista dei Locke, degli Smith, dei Mises, degli Hayek e dei Friedman, e liberals (liberalsocialisti) la componente interventista. Tutto qui. Tra l'altro, "Una teoria della giustizia" di Rawls è un pilastro della filosofia politica contemporanea, e ne approfitto per informare che è stato ristampato da poco da Feltrinelli.

 
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