dei 'morti che camminano' CHICAGO - Questa
è la storia di un
gruppo di persone
che la morte l'hanno
sfiorata, vista in
faccia, vicina,
maledettamente
vicina, a un passo.
Questa è la storia di un gruppo di 'morti che
camminano': i condannati in America alla
sedia elettrica, quelli che lo Stato decide di
uccidere, quelli che hanno commesso delitti
talmente efferati da finire sotto terra per
decisione di un giudice e di un tribunale.
Questa è la storia di un gruppo di persone
che hanno sfiorato il buio, ma non dovevano
morire perché erano innocenti e allora oggi
che si sono salvati e sono stati rimessi in
libertà fanno sentire la loro voce. Dicono no
alla pena di morte, si riuniscono, provano a
fare rumore hanno in programma iniziative e
manifestazioni e intanto nell'ultimo weekend
hanno convocato un convegno a Chicago,
Illinois, grattacieli che sfiorano il cielo e un
lago grande che non vedi nemmeno la fine.
Titolo: 'Errori fatali: l'innocenza e la pena di
morte'. Il più grande appuntamento contro le
esecuzioni capitali degli ultimi anni negli Usa
dalla reintroduzione, nel 1976, della legge
che consente ai vari stati di uccidere.
A Chicago, nell'ultimo weekend, sono arrivati
in tanti: più di mille avvocati, studenti di legge,
penalisti, professori universitari, avversori
della pena di morte e militanti, comitati per i
diritti umani - su tutti Amnesty International,
che ha organizzato l'incontro - e poi loro:
eccoli, sono una trentina, sul palco, gli ex
'morti che camminano', 75 quelli rimessi in
libertà perché non colpevoli secondo un
censimento della North Western University di
Chicago. Hanno raccontato le loro storie, con
in mano un bel girasole dentro un vaso e si
sono fatti fotografare così, a simboleggiare la
loro vita ritrovata.
"Mi chiamo Joseph Burrows, nel 1989 ero
un uomo morto, condannato per un delitto
che non avevo commesso. Mi hanno liberato
nel 1994, per fortuna la verità è venuta fuori,
altrimenti non sarei qui oggi a raccontare
quello che mi è capitato", dice e quasi
scoppia a piangere.
Ronaldo Cruz, condannato in entrambi i
gradi di giudizio per lo stupro e l'uccisione di
una bambina, Jeanine Vicario, racconta
ancora: "In prigione, nel braccio della morte,
la mattina pregavo di poter dormire la notte, la
notte sognavo di potermi risvegliare il giorno
dopo. Sempre così, per mesi. Poi si è
scoperto tutto: era una montatura, mi
volevano incastrare, a un certo punto il vero
colpevole ha confessato, quattro persone tra
agenti e investigatori sono finiti sotto
inchiesta. Ora sono qui per urlare che questo
sistema giudiziario è sbagliato, assurdo, sono
qui per dire che la pena di morte è una cosa
atroce. Ma quello che sono oggi lo debbo a
quello che hanno fatto di me", aggiunge,
mostrando davanti alle telecamere dei
network americani il certificato nel quale c'è
scritto in neretto, senza giri di parole:
condannato a morte.
"Siamo qui per mostrare il lato sporco,
marcio, schifoso dell'America", dice Joseph
'Shabaka' Brown, uno che si è fatto
quattordici anni nel braccio della morte e ha
evitato il patibolo solo a pochi minuti
dall'esecuzione. Era innocente, ora non vuole
risarcimento, ma solo che si parli della sua
storia, che tutti sappiano com'è andata,
perché non si ripetano altri casi come il suo.
Walter MacMillian, nero: "Ero accusato di
aver assassinato una bianca e il processo è
durato un giorno e mezzo, nonostante dodici
testimoni neri avessero affermato che al
momento del delitto ero con loro a una
cerimonia religiosa. La verità è che la
maggior parte dei tribunali degli Stati Uniti si
rifiutano di giudicare se l'imputato è
colpevole, ma si preoccupano soltanto se le
procedure legali per la condanna sono state
seguite in modo corretto, alla lettera".
Randall Dale Adams, salvato a 72 ore dalla
camera a gas: "Bisogna fermare questo
massacro di innocenti, bisogna fermarlo il
fretta, bisogna perché io ci sono passato e
una ferita così ti resta per tutta la vita, per
sempre".
A fianco dei detenuti, in questa battaglia
contro la pena di morte, c'è Amnesty: "E'
impossibile saper quante tra le circa settemila
persone messe a morte negli Stati Uniti in
questo secolo fossero innocenti, ma uno
studio dimostra che almeno 23 erano
sicuramente innocenti. La pena di morte è
troppo spesso un 'privilegio' dei poveri. Molti
dei morti viventi - circa il 53 per cento - erano
imputati poveri che non potevano permettersi
un buon avvocato, erano vittime di pregiudizi
razziali, condannati sulla base di prove
sbagliate e false", dicono ed è una denuncia
pesante.
L'Europa si muove contro la pena di morte,
l'America continua a essere divisa: chi è
favore, chi è contro. Loro, intanto, loro, gli ex
'morti che camminano', da sabato hanno
coninciato a mostrare i girasoli e proprio da
Chicago hanno promesso che non
smetteranno di andare in giro a raccontare le
loro storie. E a parlare del buio che stava lì, a
un passo. Il buio che era vicino. Troppo
vicino...
Da Repubblica on-line