Senza scomodare ancora i vecchi dittatori, anche le piccole "grane" della giornata (fossero tutte piccole) sono banali ma significativi esempi della frequente discordanza fra "diritto" e "giustizia".
Dopo non aver usato per mesi il vecchio GSM, scopro che la carta prepagata della TIM e' "scaduta".
Cioe': c'e' ancora una cifra non spesa (credo oltre 150.000 lire), ma essendo passato piu' di un anno dall'ultima ricarica tale cifra non e' piu' disponibile. Il 916 non mi comunica il credito residuo, ma mi informa che ho tempo (miracolo) fino al 3 dicembre per ricaricare la carta, "recuperando" cosi' anche i soldi gia' pagati e non spesi.
Dopo il 3 dicembre quei soldi sono persi irrimediabilmente, punto e basta.
Per cui, posso considerarmi fortunato ad aver controllato prima del 3 dicembre.
Il "diritto" (oggettivo) parla chiaro: il contratto con TIM e' esplicito, la scadenza della somma e' dichiarata. Quindi ha ragione TIM, ed io non ho alcun appiglio, avendo volontariamente sottoscritto tale contratto.
Per la "giustizia", invece, e' un altro discorso. Un discorso soggettivo direi, quindi "politico". Per me non e' "giusto" che un somma prepagata possa scadere a meno che io non ricarichi periodicamente la carta, anche senza averne bisogno. Cio' che ho gia' pagato (un servizio) e' mio e basta. Non e' "giusto" che tale clausola sia ammissibile in un contratto. Lo considero un furto.
Come per i buoni postali scaduti, o le vecchie banconote scadute, o altro: soldi della gente, che ad un certo punto vengono legalmente espropriati.
Altri, naturalmente, potranno invece considerare il meccanismo ammissibile, normale.
E allora, se io e loro saremo uguali di fronte al diritto, non lo saremo nella scelta "politica" su quello che e' "giusto" e quello che non lo e'.
Conservare o cambiare (con la politica) una parte del diritto, a seconda che lo si consideri coerente o no con la "propria giustizia".
Fermo restando il rispetto dovuto, in democrazia (o quasi...), alle leggi vigenti.