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Radio Radicale Sergio - 27 novembre 1998
Pansa: "Sciascia sbagliò. Non cambio idea"

DISCUSSIONI Dopo le dichiarazioni del pm palermitano Lo Forte sui "professionisti dell'antimafia"

[Corriere della Sera 27/11/1998]

Dario Fertilio

"Il giorno in cui mi presenterò al dio del giornalismo, lui mi chiederà: che hai fatto di buono nella tua vita professionale? Dimmi almeno tre cose. Io risponderò: prima di tutto, ho scritto quell'articolo contro Sciascia, in risposta all'articolo sul Corriere intitolato I professionisti dell'antimafia".

E così, Giampaolo Pansa, per nulla mutato dopo undici anni, e indignato come allora. Mentre nella sciasciana Racalmuto gli accusatori d'un tempo, quelli del Coordinamento antimafia, si interrogano, distinguono e abbozzano autocritiche, lui resta fermo nel suo "no", convinto di avere combattuto la buona battaglia. "Sì, la mia risposta la riscriverei tale e quale, senza cambiare una virgola", conferma. E che cosa conteneva quella replica, che prendeva di petto la "scandalosa" tesi di Sciascia sull'ideologia antimafiosa, della quale si sarebbero avvantaggiati uomini come Borsellino, o, implicitamente, il sindaco di Palermo Orlando, per mettersi in mostra e fare carriera? Una domanda angosciosa, si poneva Pansa: "Dove è finito il massimo scrittore civile italiano?". E rispondeva: dopo una mutazione da dottor Jekyll, è nato "uno Sciascia che si mette a combattere con Sciascia".

Divisi come allora, dunque. Né aiuta a conciliare l'inconciliabile il magistrato Lo Forte, che ora dichiara: più che sbagliate, le parole pronunciate dagli accusatori di Sciascia furono comiche. Non aiuta perché Pansa è orgoglioso di un ben diverso giudizio, pronunciato sempre a Racalmuto da padre Ennio Pintacuda: "Quell'articolo di Sciascia fu peggio di una bomba atomica. Se non fosse intervenuto Pansa ci saremmo sentiti addosso il mitra non solo della mafia". Pansa ringrazia Pintacuda di aver ricordato quell'intervento: "Anche se non sono sicuro di essere stato uno scudo così potente". Precisa: "Questo non significa che io non stimi lo scrittore siciliano, è stato uno dei miei maestri. Comunque, visto come poi andarono le cose con Borsellino, io fui un facile profeta di sventure. Meno male che sono in pace con la mia coscienza per aver preso posizione". E le autocritiche pronunciate da alcuni che non la pensano più come allora? "Di quello che ha dichiarato Lo Forte non mi importa", risponde Pansa, "ma prob

abilmente, se mi avessero invitato a Racalmuto, ci sarei andato. Peccato: il mio ruolo è stato quello del convitato di pietra". E dire che in una delle interviste più care a Pansa, Sciascia gli aveva spiegato: "La linea della mafia è come quella della palma, ogni anno si sposta di qualche metro verso il nord". Poi, dopo quell'articolo. tutto cambiò. E le altre due risposte che Pansa darà al dio del giornalismo, nel giorno del giudizio? "Citerò il mio articolo sulla catastrofe di Longarone, e quello sulla strage di piazza Fontana. Ma il primo resterà quello: il mio "no" al secondo Sciascia".

 
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