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Radio Radicale Sergio - 29 novembre 1998
La denuncia dei provider: "Emergenza-Internet"

I fornitori di accesso alla Rete a convegno: allarme per ritardi della cultura telematica, tariffe e regole

da www.repubblica.it (28 novembre 1998)

di ANNALISA USAI

NAPOLI - No-TUT? Ma quando mai! Semmai un quasi "sì-TUT" è il clamoroso e per nulla poplare slogan che esce dalla seconda conferenza dei provider italiani. Una conferenza che già dal titolo, "Emergenza Internet", denuncia una situazione tutt'altro che rosea. Loro, i provider, sono quelli che forniscono agli utenti l'accesso alla Rete, le aziende con cui i naviganti firmano il contratto che dà loro la carta d'identità Internet, vale a dire il codice e la password. Sono quelle aziende che stanno dopo la chiocciola, per intenderci, nel nostro indirizzo di e-mail.

In Italia sono circa 300 (28 quelle associate nell'Aiip), e rappresentano dunque gli imprenditori di Internet. Imprenditori di un mercato oggi non certo stratosferico (200 miliardi, tra utenza residenziale e utenza d'affari nel 1998, di cui la metà esatta entra nelle tasche di Tin e Interbusiness, cioè Telecom), ma di sicura forte crescita.

Perché il rifiuto della battaglia "No-TUT" da parte degli Internet provider? Semplice. Gli Internet provider chiedono a gran voce libero mercato. Vogliono cioè che sia la legge della domanda e dell'offerta a decidere le tariffe. E infatti dicono anche: attenzione all'articolo della Finanziaria che promette le quattro ore a tariffa agevolata. Attenzione a tutti i "regali", diretti o mascherati, attenzione agli sconti e alle facilitazioni. E aggiungono: saranno le nuove teconologie, soprattutto quelle wireless, e saranno i nuovi operatori che entreranno sul mercato della telefonia urbana a delineare la nuova strategia tariffaria per gli utenti Internet.

Sullo spinoso problema "Internet, ma quanto mi costi?" già da tempo gli Internet provider sostengono una posizione precisa: la proposta tanto amata dai naviganti di abolire la TUT presenta più svantaggi che vantaggi. La soluzione potrebbe essere una via di mezzo, una sorta di "rallentamento" degli scatti per coloro che si collegano alla Rete. Lo aveva già anticipato Marco Barbuti, presidente dell'Associazione Internet Provider, in un'intervista al supplemento "Affari & Finanza" di Repubblica: "Se la TUT venisse eliminata, i provider sarebbero costretti ad adottare un tariffario basato sulle ore di collegamento degli utenti", aveva detto Barbuti. In altre parole, l'eliminazione degli scatti telefonici porterebbe a un aumento del tempo di collegamento degli utenti, e di conseguenza i provider sarebbero costretti ad adeguare le proprie strutture di reti, server, cavi di trasmissione dati, router e modem alzando il prezzo degli abbonamenti.

Lo ha ribadito qui a Napoli: "Sia la No-TUT, sia l'articolo della Finanziaria sono proposte demagogiche, che rischiano di far esplodere Internet, aumentando i tempi medi di connessione. Meglio una TUT ridotta, o un formula di abbonamento senza conone fisso, che mantenga comunque un principio: l'utente deve pagare il tempo di collegamento alla Rete. Chi si collega poco, continuerà a pagare quanto paga oggi. Ma chi si collegherà per quattro ore, è giusto che paghi proporzionalmente".

E chiede tempo, Barbuti, per pianificare, ma soprattutto per attendere. Intanto la riduzione dei prezzi delle linee che ogni provider prende in affitto da Telecom. E poi che l'Authority per le Telecomunicazioni completi il complesso "ribilanciamento tariffario", che vada avanti, dopo il decreto sull'interconnessione (che ha ridotto i costi per gli operatori concorrenti di Telecom), e affonti e risolva il vero nodo, quello delle tariffe di prossimità. Unica strada, secondo gli Internet provider, per sconfiggere sul campo la Telecom e i suoi "POP virtuali", gli accessi alla Rete che l'ex monopolista sta offrendo al costo delle telefonate urbane a quegli utenti che non hanno un provider nel proprio distretto telefonico (e sono tanti, tantissimi: per intenderci, tutti quelli che non vivono in città o che vivono nei quartieri satellite delle grandi metropoli).

Insomma: la "No-TUT" è destinata a restare un sogno dei giovani "ribelli" della rete. "La No-TUT non può passare". Lo conferma anche Paolo Nuti, direttore di McLink (terzo provider italiano per numero di abbonati, dopo Tin - che da sola ha il 52 per cento degli utenti residenziali - e dopo Iol). "Perché è incompatibile con il meccanismo tariffario europeo, che si basa sul principio di far pagare le risorse in proporzione all'utilizzo che se fa", spiega, e aggiunge: "Il prezzo di accesso italiano a Internet è il più basso in Europa, sia come costo telefonico che come costo dell'abbonamento".

Molti altri, tariffe a parte, i motivi che portano i provider italiani a denunciare questa "Emergenza Internet". A cominciare dal mercato, perché la concorrenza tra provider non è tanto libera, dato il peso schiacciante di Telecom (e l'Antitrust ha aperto anche un'istruttoria contro l'ex gestore monopolista, dopo l'accusa dell'Aiip di "prezzi predatori", cioè di fornire il servizio di connettività in perdita); poi il quadro normativo, le cosiddette "regole" di Internet che ancora mancano, il che significa che la responsabilità degli illeciti commessi in Rete è per ora tutta dei provider; infine il commercio elettronico, che in Italia tarda a decollare.

"Quando parliamo di 'emergenza' non parliamo solo di tariffe. Ci sono altri problemi, molto più gravi: un enorme ritardo del parco computer, dell'alfabetizzazione telematica, dell'offerta, delle scelte imprenditoriali e di quelle politiche", continua Nuti. Ma c'è anche un altro aspetto che preoccupa i provider italiani, e che il direttore di McLink sottolinea con forza: serve il codice di autoregolamentazione, "che deve coinvolgere utenti, fornitori di servizi, fornitori di accesso e fornitori di notizie".

E gli utenti, cosa chiedono ai provider? Alcei è la prima associazione italiana per la difesa dei diritti degli utenti e della libertà d'espressione. Il cuore di Alcei è la lotta contro la censura e i vari abusi nel trattamento dei dati personali. "Ma soprattutto l'obiettivo di Alcei è quello di sviluppare una corretta cultura della Rete", spiega Andrea Monti, nuovo direttore dell'Associazione. "E in questa 'cultura' gli utenti devono avere voce, anche, se non soprattutto, nel rapporto con il mercato, con gli affari, e quindi con i provider".

Questo significa che anche il "problema tariffe", secondo Andrea Monti, va visto con un'altra ottica: "La bolletta è tanto più salata quanto più l'utente sta collegato in Rete. Ma il tempo, molto spesso, è un tempo di attesa, il famoso world wide wait, dovuto al collo di bottiglia del provider che ha macchine sottodimensionate. L'utente chiede allora una migliore qualità, al proprio provider. Un utente scoraggiato perché il modem si sconnette, o perché non riesce a scaricare le pagine, utilizza Internet in modo poco creativo, passivo o addirittura infastidito". Ed è difficile che un utente "scoraggiato" possa diventare un cittadino di Internet colto e creativo. Con un evidente danno per se stesso e per la Rete.

 
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