Roma, 4 dicembre 1998 - Con l'iniziativa di oggi intendiamo contribuire a mantenere accesi i riflettori dei media e viva l'attenzione della opinione pubblica su quello che per noi resta un furto, di legalità prima ancora che di denaro.
IL REFERENDUM
Nel 1993 gli italiani approvarono al 90,3% il referendum della Lista Pannella per l'abolizione del finanziamento pubblico ai partiti. Buon senso e rispetto della Costituzione volevano che da allora non si parlasse più di denaro pubblico ai partiti, in qualsiasi forma o modalità. Dopo poco più di tre anni, i partiti hanno scelto di non tener conto in alcun modo della volontà popolare, tradendo il referendum e votando una legge che di fatto ripristina quel finanziamento. Al di là di ipocrisie semantiche, la legge del 4 per mille destina ai partiti soldi del bilancio pubblico sottratti ad altri impieghi. Anche l'unica "consolazione" lasciata al contribuente, negare ai partiti la propria quota di Irpef, è stata cancellata dalla prassi di questi anni.
GLI EFFETTI DELLA LEGGE E LE SOLUZIONI TRUFFALDINE
Al momento del voto dell'approvazione della Legge i partiti si divisero 160 miliardi come una tantum, indipendentemente da qualsiasi volontà dei cittadini: finanziamento pubblico al 1000 per cento. Successivamente è stata erogata la quota stabilita come tetto massimo - 110 miliardi - indipendentemente dal riscontro delle scelte dei contribuenti, poiché non è stato fino a ora "possibile" conoscere l'esatto importo del 4 per mille sottoscritto. Si è proceduto con "anticipi" del 100%, raccontando la favola che vi possa essere una eventuale restituzione del denaro ricevuto se la cifra erogata superasse quella effettivamente risultante dalla dichiarazioni dei redditi.
E letteralmente scandaloso che i tesorieri dei partiti pensino ancora di assegnarsi la quota massima del '98 con il meccanismo dell'anticipo, aggravato da un lato dalla soluzione individuata (emendamento alla Finanziaria; che c'entra?), dall'altro dal tentativo di aggiungere due posti a tavola, per UDR e PDCI, aumentando l'importo da distribuire (da 110 a 130 miliardi).
Nel dare atto al Presidente di AN Fini di rifiutare l'anticipo in assenza di indicazioni precise da parte del Ministero delle Finanze, siamo lieti che il Sen. Di Pietro abbia ripreso la bandiera referendaria che noi gli proponemmo nella primavera scorsa, per una grande campagna da associare a quella per il maggioritario.
NON C'E UN GIUDICE IN ITALIA
Si potrebbe titolare così la vicenda de ricorsi intentati dalla Lista Pannella e dal Comitato promotore del referendum sul finanziamento pubblico per tentare di tutelare in tutte le sedi giurisdizionali i diritti dei cittadini promotori e votanti. Già nell'estate 1996 il comitato promotore sollevò i dinanzi alla Corte Costituzionale un conflitto di attribuzioni nei confronti del Parlamento che stava rimettendo mano alla legge che i cittadini avevano chiesto di abrogare. La Corte Costituzionale si dichiarò in competente, negando la legittimazione del comitato a legge già approvata nel gennaio 1997. Contestualmente furono presentati ricorsi anche alla Corte dei Conti e alla Ragioneria dello Stato, ma anche entrambe le magistratura contabili si dichiararono incompetenti. Sempre nel gennaio 1997 è stato presentato dalla Lista Pannella un esposto alla Procura di Roma per attentato ai diritti civili e politici dei cittadini, ancora senza alcun seguito. Il comitato si rivolse pertanto al magistratura civile ed a qu
ella amministrativa, ma sia il TAR del Lazio, che il Tribunale civile dichiararono nella primavera del 1997 la propria incompetenza.
LA LISTA PANNELLA RIPRENDERA NEI PROSSIMI MESI LA SUA CAMPAGNA DI RESTITUZIONE AI CITTADINI DEL FINANZIAMENTO PUBBLICO ASSEGNATOLE, POICHÉ RITIENE CHE QUALUNQUE ALTRO USO DI QUEL DENARO RAPPRESENTI UN ULTERIORE SCHIAFFO AGLI ELETTORI E ALLA COSTITUZIONE.