Infatti, la realtà russa non e' molto lontano dalla realtà italiana degli anni settanti quando il partito radicale era divenuto una grande forza civile e politica. E' vero per molte battaglie "storici" italiani che quasi semplicemente possono essere "trasferiti" nel campo politico di questo paese: antimilitarismo (obiezione di coscienza), anticlericalismo, antiproibizionismo eccetera. Ad eccezione forse solo di aborto, perché e' completamente legale (l'unico "grazie" al regime sovietico :)
Ma non questo e' il punto.
Non sono sicuro, che "il PR "ITALIANO" ha combattuto e' vinto grandi battaglie", come scrive Antonio. Proprio la battaglia per la riforma elettorale e' stata lanciata nel 1987, esattamente quando il progetto del "partito transnazionale" era già proclamato. Certamente, i radicali italiani, si' (come oggi e - spero - domani i radicali russi nella Russia). Ma non il partito radicale italiano, dal punto di vista statutario che politico, non il partito radicale russo. Ricordo bene il cosiddetto "Secondo congresso italiano del Partito radicale" nel gennaio 1990, dove ho partecipato e dove il momento principale dei dibattiti era proprio la riforma uninominale.
Per quanto riguarda il "transpartito". Non e' cosi', che il Partito radicale era sempre transpartitico? Come so', da sempre ha avuto un certo numero di iscrizioni "a doppia tessera", no? Era da sempre non un classico partito, un partito vecchio, come Pci o Psi o Pri o che sia altro, no? La stessa lotta per la riforma elettorale era da sempre indirizzata a tutti i potenziali sostenitori, provenienti dalle tutte le forze politiche, no? E - solo da precisare - se non sbaglio, nel tempo di grandi battagli riformatori al fine '80 - inizio '90 i parlamentari radicali erano presenti nel parlamento non come un gruppo del partito radicale, ma come federalisti europei, antiproibizionisti eccetera?
E poi, perché solo la riforma elettorale? Tutti le nostre battaglie devono svolgersi NELLA politica. Nella politica italiana, russa, belga, azera, croata eccetera (ciò e' nei parlamenti e nelle piazze), non solo nelle sede di Onu a New York o Genova oppure nei ministeri degli esteri. Per quanto riguarda antiproibizionismo (spero, nessuno voglia ipotizzare che questa battaglia non deve far parte del impegno politico del Partito radicale transnazionale), non e' necessario "un patto politico con alcuni partiti, contro (cosi' e') altri partiti"? Non e' cosi' già infatti per tutte le campagne radicale?
E' vero, il partito radicale ha deciso in 1987 (se non sbaglio) non presentare più le proprie liste (a proposito, queste liste esistono solo nella realtà proporzionalista, contro quale noi ci lottiamo). Ma chi impedisce a radicali candidarsi nelle circoscrizioni uninominali, come ho fatto ad esempio nel 1997 durante elezioni regionali a Mosca? E chi ha detto che la partecipazione elettorale e' la meta principale dei radicali?
Davvero c'e' molto da pensare, molto da pensare su come rilanciare (e forse trasformarlo) il partito radicale transnazionale. Per avere il PRT non solo come una Ong con dieci funzionari, tre o quattro sede con fax macchine per incazzare telefonicamente e faxamente i deputati brasiliani, ma come un forte internazionale (transnazionale, meglio dire) degli iscritti e militanti, che stanno operando anche NELLA politica dei loro paesi.