Trascrizione di interventi pronunciati nella assemblea svoltasi a Roma, presso la sede di Via Torre Argentina, il 3 dicembre 1998 alle ore 18,00.Trascrizione integrale non editata.
Intervento di Diego Galli
Ciao a tutti, io sono Diego Galli, militante del Partito Radicale e tra i promotori e gli organizzatori di quest'iniziativa. Iniziativa che e' nata e maturata all'interno di un gruppo di persone che da tempo si riunisce in questa stessa sala ogni giovedi', per organizzare iniziative, scambiarsi informazioni, impressioni e dibattere. Molte delle cose che diro' sono appunto maturate nel corso di questi incontri senza dei quali, credo, molti di noi non sarebbero qui, o probabilmente non lo sarebbero con quel poco di consapevolezza che riteniamo esser riusciti a conquistare.
Quello che mi interessa dire e' questo. Il Partito Radicale in questo momento ha e quindi dà poca forza. Chi sta qui credo che si faccia anzitutto forza di se', stesso e delle proprie convinzioni e idee, piu' che riceverle dalla capacita' di mobilitazione del Partito radicale, da battaglie in corso o da Marco Pannella. E va benissimo. Il problema che pero' ci poniamo e' quello di coinvolgere altri oltre a noi. Le mille persone o il Terzo Stato.
Cittadini e parlamentari residenti all'estero. E per far questo dobbiamo necessariamente saper accrescere la nostra forza anzitutto, tra di noi. Dobbiamo saper lottare insieme con tutte le difficolta' che questo comporta, dobbiamo approfondire le nostre analisi, la nostra "teoria" politica, dobbiamo riuscire ad essere punto di riferimento adeguato agli obbiettivi che ci siamo posti e ci porremo. Ora occorrerebbe capire se questa poca forza sia dovuta alla mancanza di iniziative e proposte politiche, o se al contrario di iniziative non ne manchino, ma piuttosto e' lo strumento che ci siamo dati, il Partito Radicale e le varie associazioni radicali ad essere inadeguati. Non credo di avere una risposta. Penso pero' che la situazione attuale interna del Partito non permette di comprendere questo. Non permette neanche la possibilita' che maturino chiarezze forse proprio perche', mancano le possibilita' di scontro tra progetti, prefigurazioni, priorita' politiche. Manca la possibilita' di
scontri che non si riducano a divergenze e incompatibilita' personali proprio per la mancanza di regole del nostro stare insieme. Per la mancanza di accordo su quello che il partito e' o vorremo che fosse. Che il nostro Statuto non sia applicato da tempo non e' una novita'. Il punto e' che occorre capire perche', finora ha funzionato lo stesso cosi' e non perche', adesso com'e' naturale non regga piu' la situazione. Ebbene probabilmente finora e' stato possibile grazie alla capacita' di aggregazione, di mobilitazione, di coinvolgimento personale, grazie alle intuizioni di Marco Pannella, al suo carisma anche. E non credo che vada nascosto. Il problema e' stabilire se questo ha facilitato la nostra attivita', il nostro lottare insieme o se invece sia stato di impaccio anche allo stesso Pannella.
Insomma dobbiamo quantomeno approfondire le nostre contraddizioni. Se si puo' dare un gruppo di persone che ha sempre fatto politica sostenendo che lo strumento di lotta prefigura l'obbiettivo che si vuole raggiungere, che i fini sono omogenei ai mezzi eccetera e che poi si organizza violando le regole che si e' dato, venendo meno ai requisiti di democraticita' formale che un Partito qualsiasi dovrebbe avere.
Adesso si parla di fare un Congresso. Il Congresso del Partito Radicale. Penso che la prima cosa da fare sia arrivare a questo Congresso con delle proposte forti, di rilancio.
Porsi con esso una sfida, un termine, una scadenza per cui si mette in gioco, come sempre abbiamo fatto, l'esistenza quantomeno della forma del nostro essere compagni di idee e di battaglie. Occorre quindi che emergano con urgenza delle proposte su cui discutere, su cui rimettersi in gioco, su cui aggregare possibili nuovi partecipanti al prossimo Congresso. Proposte e prospettive ripeto anche in scontro tra loro, anche alternative, anzi direi soprattutto.
Questo e' sicuramente un momento poco attivo, poco propositivo. Quindi inevitabilmente un momento di riflessione. Non e' di poca importanza credo chiedersi le cose che ci stiamo chiedendo questa sera, rispetto anche alle battaglie che facciamo e che faremo. Occorre che non diventi una discussione oziosa e inconcludente solo perche', potrebbe apparire senza scadenza, senza urgenza, senza obbiettivi concreti. L'obbiettivo concreto e' capire cosa vogliamo, approfondire le ragioni del nostro esser radicali, rinnovandole, rioffrendole agli altri e ponendosi quindi il problema del come offrirle, del come attuarle, del come dargli corpo. Mi chiedevo allora, dopo tanti tentativi andati a
vuoto, dopo una riflessione pluridecennale che porta alcuni di noi a dire che l'unica battaglia possibile oggi per un radicale e' abbattere il regime, mi chiedevo se non si potesse immaginare un ripercorrere la storia radicale, traendo spunto magari dal CD-ROM in corso di elaborazione che conterra' l'archivio del PR. Ma riuscendo da questo pero' a fare in modo che si traduca in un percorso di tanti, anche di crescita, un'attivita' politica in cui vengano coinvolti anche i militanti. Se abbiamo qualcosa da rivendicare della nostra storia, e non solo il mero fatto che e' censurata, intanto dovremmo riuscire a non negarla a noi stessi.
Un altro disagio che come militante avverto e' il fatto che sembra essersi aperta una distanza, dei compartimenti stagni, dei vasi non comunicanti in cui da una parte c'e' chi decide, un gruppo dirigente, e dall'altra i diretti, i militanti. Questo lo dico senza lanciare accuse, ma rivelando un comune sentire piu' volte emerso nel corso delle riunioni del giovedi' e anche da colloqui miei personali con altri compagni. Forse oggi e' un primo passo per modificare la situazione. Forse e' proprio quella mancanza di regole che porta al crearsi di queste situazioni, che non credo dipendano dalla volonta' di nessuno, ma che forse peggio stiano diventando "strutturali" nel Partito.
Credo per concludere che sia importante fissare una data per il Congresso e allo stesso tempo mettersi tutti a lavorare, e permettere a tutti di lavorare, da compagni, insieme, per un rilancio della nostra politica, delle nostre idee, del nostro essere radicali. Occorrerebbe per cui forse organizzare vari seminari, sulle tematiche piu' scottanti ed in cui siamo piu' coinvolti. Penso alla questione dell'informazione politica e del diritto all'immagine. Alle tematiche economiche. Si potrebbe pensare anche a nuove campagne transnazionali. Per esempio mi sembra che nessuno stia facendo nulla nei confronti del cambiamento climatico. Nessuna organizzazione politica credo che abbia aperto una campagna per la denuncia e la modifica del Trattato di Kyoto, che sembra essere una
vera e propria presa in giro. Sull'ambiente da tempo i verdi fanno solo politica d'immagine, ma noi da altrettanto tempo siamo assenti. E poi la questione del regime.
Sembra a molti ostica la tesi di Pannella. Quantomeno poco comprensibile. A me quando chiedono all'Universita' di spiegare cosa vuole dire Marco non ci riesco. Non c'e' capacita' di coinvolgimento, di comunicazione. Ora puo' darsi che Marco rientrera' con qualche proposta geniale. Ma fino ad allora e per allora sarebbe utile a noi e a lui anche credo, che si verificasse la veridicita' di quello che dice. Sviluppare quei 50 referendum che abbiamo chiamato i cahiers de doleance della societa' italiana. Raccogliere i sondaggi di cui parla quando descrive la nostra societa' come largamente a sostegno delle nostre proposte di riforma. Far fare nuovi sondaggi. Analizzare lo stato prerivoluzionario della societa' italiana. Raccogliere le denunce, le illegalita' del potere in Italia. Elencare tutte le forme di corporativismo. Comparare la nostra situazione con quella di altri paesi o con il modello americano. Insomma magari si tratta soltanto di ricapitolare gli ultimi anni di
nostre iniziative, delle nostre denunce e della nostra teoria politica. Si potrebbe creare un
dossier da far circolare. Da inviare all'estero. Se no non potra' che esser debole un Partito
che ripete senza saper argomentare o solo per averne vaga percezione, quello che dice Marco.
Mi permetto di fare una proposta un po' azzardata, soprattutto a causa della mia
incompetenza tecnica al riguardo, sull'organizzazione del Congresso. Abbiamo detto che
lo Statuto del Partito Radicale Transnazionale non e' stato applicato. Mi sono chiesto una
cosa: non e' che non e' stato applicato perche', era impossibile farlo? Tanti iscritti cosi'
lontani, mobilitazioni in varie paesi, le proposte di legge in Parlamenti lontanissimi
dall'Italia. Ecco forse la risposta e' Internet. Lo strumento responsabile della globalizzazione della comunicazione e' forse anche lo strumento indispensabile alla vita di un Partito Transnazionale, di iniziative transnazionali, di una societa' civile transnazionale.
Questo credo che l'abbiamo in parte intuito. Allora non sarebbe possibile, per abbattere i costi e facilitare la partecipazione del piu' gran numero di persone, che il prossimo congresso del Partito avvenga in rete, sia telematico? Che cioe' avvenga contemporaneamente in tutto il mondo permettendo a molti di partecipare. Che il luogo non sia Roma piuttosto che Bruxelles, piuttosto che Sofia, ma che sia tutti i luoghi, se e per chi lo voglia. Che sia lanciato in tutti i paesi con comunicati stampa come il primo congresso telematico di un partito transnazionale. Aggiungo anche che un tale avvenimento non resterebbe autoreferenziale, ma si inserirebbe nel progetto di democrazia telematica iniziato con il convegno lungo un mese e rilanciato anche dall'ultima newsletter del Partito. Sarebbe cioe' davvero un mezzo che prefigura un obbiettivo che abbiamo deciso di darci. Sarebbe cioe' gia' un primo contenuto, un primo rilancio.
Rilancio che a mio avviso dovra' anche prender di petto la questione dell'effettiva transnazionalita' di un partito finora prevalentemente italiano. Rischiamo se no di diventare un'avanguardia elitista, di impantanarci nella diplomazia, di allontanarci dalla quotidianita' dei bisogni politici degli individui. Se e' vero quello che abbiamo scritto sul libro bianco, se e' vero quello che e' scritto sull'ultima newsletter, se e' vero che c'e' un deliberato tentativo di cancellarci e che di questo ne risente un Partito che e' transnazionale e percio' potrebbe godere di spazi di autonomia dalle contingenze italiane (e non dico che se ne dovrebbe disinteressare, dico che dovrebbe poter agire su diversi livelli in parte indipendenti da quello italiano), allora perche', non metterci in gioco, perche',
non rivendicare la transnazionalita', obbligarci a nutrirla di un'organizzazione, una dimensione e una partecipazione adeguate. Si potrebbe anche pensare che il Partito Radicale lasci l'Italia. Potremmo garantire cosi' nuove energie e nuovo slancio al Partito Transnazionale e allo stesso tempo creare la situazione adatta per la ripresa di una battaglia italiana, magari con risonanza internazionale, con il libro bianco che gira per il mondo. Potrebbe, dopo averci riflettuto, apparire addirittura come una necessita', anche nei confronti di chi non ci conosce e altrimenti non gli daremo mai la possibilita' di farlo. Credo che lo stare in Italia possa anche avere delle ragioni, ma che non debbano essere
date per scontate se davvero le esigenze politiche che riteniamo prioritarie sono transnazionali. Lancio una provocazione: il Pkk ha recentemente chiesto asilo politico per il suo parlamento in esilio e per il suo leader, perche', sostiene, in Turchia esiste un regime repressivo che gli impedisce di svolgere la sua attivita' politica. Mi chiedo allora: non diciamo anche noi che in Italia esiste un regime e che in questo paese per noi esiste l'impossibilita' oggettiva di svolgere attivita' politica. Non si potrebbe pensare che, quantomeno simbolicamente, il Partito Radicale chieda asilo politico in qualche altro paese?