"I partiti rivogliono la Prima Repubblica"da LA REPUBBLICA, domenica 20 dicembre 1998
di ANTONIO DI PIETRO
Caro direttore, e' proprio vero che al peggio non c'e' mai fine. La sponda della Seconda Repubblica sembra allontanarsi, mentre si manifestano tutti i segnali di una restaurazione che rischia di riportarci in piena Prima Repubblica con la benedizione di buona parte dei partiti. Gli esempi di una "partitocrazia di ritorno" sono sotto gli occhi di tutti ma vale la pena riepilogarli.
PRIMO: la presenza sulla scena di tanti politici della Prima Repubblica, piu' baldanzosi che mai. Notabili che ieri se la sono cavata per il rotto della cuffia e che oggi pontificano a bocca piena. Non piu' imputabili per il fatto che, grazie al decorso del tempo, hanno potuto usufruire del beneficio della prescrizione, e che pretendono ora di trasferire la loro impunita' dal piano penale a quello morale ed etico (ah, se qualcuno si prendesse la briga di rileggersi certi passaggi illuminanti delle dichiarazioni di Citaristi).
Secondo: la mortificazione del merito in ampi settori della vita pubblica. Molte carriere si continuano a costruire per anzianita' e per raccomandazione. Se qualcuno cerca di darsi da fare, subito scattano invidie e gelosie, che imbrattano l'immagine e azzerano le potenzialita' di chi vuole qualcosa di piu' che aspettare la fine del mese per ritirare lo stipendio.
Terzo: la tentazione di molti politici di ricominciare a spartire le risorse pubbliche a cordate di amici e sostenitori, con accordi sottobanco secondo la prassi del "tu dai una cosa a me e io do una cosa a te".
Quarto: la violazione diffusa della legalita', che impedisce il decollo e lo sviluppo soprattutto nel Mezzogiorno (ma anche nel Nord, specie per quanto riguarda l'evasione fiscale).
Quinto: la manipolazione dell'informazione, specie quella televisiva (tutta accentrata nelle mani del duopolio Rai-Fininvest) soffocata da un incrocio di conflitti di interessi tale per cui diventa notizia non quella che veramente e', ma quella che viene "montata" per piacere al proprio referente politico o al proprio datore di lavoro (vi immaginate il risalto che sarebbe stato dato al recente provvedimento del giudice di Brescia qualora, invece di prosciogliere me e stigmatizzare il comportamento delegittimante di Berlusconi e Previti, come e' avvenuto, avesse deciso il contrario!).
Sesto: i continui attacchi all'indipendenza di giudizio della magistratura. L'ultima perla e' stata la decisione di alcuni esponenti di partito - presa, si badi bene, non nelle aule parlamentari, ma nelle loro segreterie - di procedere addirittura alla modifica della Costituzione per azzerare una decisione della Corte costituzionale che restituiva ai giudici il diritto-dovere di valutare tutto il materiale probatorio a disposizione (e quindi anche le dichiarazioni rese durante le indagini preliminari) per decidere se una persona sia colpevole o innocente.
Settimo: ...ma no, basta, per elencare tutti i segnali della restaurazione partitocratica non basterebbero le pagine di questo giornale. Che il Parlamento, d'altronde, non riesca a emanare le leggi necessarie per chiudere la lunga e faticosa transizione e' altrettanto chiaro: dal 1992 a oggi nessuna regola condivisa e' stata approvata, riguardi essa la riforma elettorale, il ruolo diverso delle due Camere, la diminuzione del numero di parlamentari, le misure anticorruzione, il conflitto di interessi.
L'esempio piu' attuale e preoccupante della ripresa partitocratica e' la proposta di legge sul finanziamento pubblico ai partiti, preparata e sottoscritta dai loro tesorieri (praticamente tutti, ad eccezione di An, di quelli della lista Pannella e naturalmente noi dell'Italia dei Valori). Neanche ai tempi della Prima Repubblica era mai accaduto che coloro che dovevano spendere - cioe' i tesorieri - stabilissero anche quanto dovessero prendere dalle casse dello Stato. A ogni massaia, quando va a fare la spesa, piacerebbe poter avere il portafoglio gonfio di tutto il denaro che gli abbisogna ma sa che deve far quadrare i conti con quello che ha in tasca. Al contrario i partiti vorrebbero avere in tasca tutto quel che vogliono, prendendosi i soldi dalle casse dell'Erario e quindi dei contribuenti.
Di piu': hanno lanciato lo slogan "mi voti e mi finanzi" ma la proposta di legge che hanno presentato prevede l'esatto contrario: "Anche se non mi voti, mi finanzi lo stesso", giacche' vorrebbero prendersi 4.000 lire per ogni cittadino, sulla base della popolazione del paese. Di piu' ancora: per l'anno prossimo, hanno previsto di spartirsi un "anticipo" di 110 miliardi, a titolo di rimborso spese elettorali, anche se le elezioni non ancora si fanno e non si sa se e quali elezioni si faranno. Ancora di piu': hanno previsto che alla spartizione di tutta questa manna, partecipino tutte quelle formazioni politiche che abbiano ottenuto almeno l'un per cento dei voti (finora almeno vi era lo sbarramento del 3 per cento).
Questo non fara' altro che incentivare ulteriormente il frazionamento e la nascita di tanti ennesimi partitini con il bellissimo (si fa per dire) risultato che il paese diventera' ancor piu' ingovernabile. Alla faccia di tutti i discorsi sul bipolarismo, sulla semplificazione della politica e sulla diminuzione del numero dei partiti. Contro questo andazzo, l'Italia dei Valori si opporra' con tutti gli strumenti democratici. Se e appena la nuova legge sul finanziamento ai partiti sara' approvata, inizieremo la procedura per un nuovo referendum. Siamo consapevoli che la politica costa e deve essere mantenuta, ma cio' puo' e deve essere fatto in modo responsabile e trasparente. Altrimenti, tutti quanti sono capaci di far politica con i soldi degli altri.