Qualche considerazione di natura tecnica sui limiti che la maggioranza di governo vuol porre all'acquisto dei diritti sul calcio da trasmettere in pay-tv digitale.
Pare che ci si orienti su un tetto del 50% per ciascun operatore.
Prima ipotesi (improbabile, stando alle affermazioni del ministro Cardinale): il calcolo viene fatto sul numero di abbonati alle singole squadre di calcio. Se gli operatori sono due, Telepiù e Stream (come è realistico ritenere dati gli eventi delle ultime settimane), automaticamente una quota inferiore al 50% da parte di uno dei due comporta lo sfondamento del tetto da parte dell'altro. Tuttavia, mi si può obiettare, le norme devono essere pensate in astratto, prescindendo dalla situazione concreta, e cioé ipotizzando che in un futuro, anche remoto, il numero di operatori possa crescere. Anche in questo caso, però, il meccanismo non funziona. Infatti, il numero di tifosi-abbonati varia in continuazione nel corso dell'anno, e dunque è impossibile far rispettare il limite. Si consideri inoltre che i contratti con le società di calcio saranno pluriennali, ciò che rende ancora più complicata la verifica del rispetto dei "tetti".
Ma concentriamoci sulla seconda ipotesi, la più probabile: il calcolo viene effettuato in relazione al numero di squadre. Le squadre prese in considerazione sono quelle di serie A e B, che in totale raggiungono il numero di 38. Dunque, ciascun operatore non potrebbe stipulare contratti con più di 19 società. Ma se un operatore stipula contratti con le società che hanno più tifosi (e potenziali abbonati), ad esempio Juventus, Milan, Inter, Napoli ecc. fino ad arrivare a 19, e l'altro operatore (o gli altri operatori) con le società che hanno meno tifosi (Chievo, Monza, Andria e così via fino ad arrivare a 19, o meno se vi sono altri operatori), comunque il primo operatore ha una posizione stradominante, raccogliendo circa il 95% degli abbonamenti.
A chi fa rilevare che in fin dei conti non è un pericolo per la libertà di espressione che le partite di calcio vengano trasmesse da una sola televisione, coloro che vogliono porre i vincoli (Vita, Cardinale e compagnia bella) rispondono che la piattaforma che diventa dominante attraverso i diritti del calcio, trasmette poi attraverso i suoi canali anche i programmi di informazione. Tuttavia il problema non è tecnicamente risolvibile ponendo limiti alle quote. Infatti: supponiamo che tutti i decoder siano "aperti", cioé abbiano la possibilità di ricevere e decrittare i programmi di tutte le piattaforme attraverso l'inserimento di diverse "smart card"; e supponiamo che tutti gli operatori utilizzino un solo satellite, ad esempio Eutelsat, e non satelliti diversi, come Astra, circostanza che diventerebbe un impedimento tecnico per i telespettatori, i quali non potrebbero continuamente riorientare la propria parabola. Anche concedendo queste due condizioni (che non sono affatto scontate), se le partite di calci
o di una singola squadra sono l'elemento trainante nelle possibilità di abbonamento all'uno o all'altro pacchetto (come tutti ammettono), allora ogni sostenitore si abbonerà alla televisione che trasmette le partite della sua squadra, e comunque non potrà vedere i programmi (anche di informazione) dell'altra televisione. Se il telespettatore è interessato anche ai programmi dell'altra televisione, potrà abbonarsi (acquistando la smart card e inserendola nel decoder), ma ciò è indipendente da come sono ripartite le partite di calcio fra le varie televisioni.
Dunque, continuo a pensare che le motivazioni dei "regolamentatori" rispondano alle solite istanze dirigistiche e antimercato. Nel migliore dei casi. Nel peggiore, alla difesa dei propri interessi partitocratici.