Il leader radicale e' in vacanza-convalescenza: "La Corte? Decide secondo gli affaracci suoi"Pannella: questi non ci credono davvero
LA STAMPA, sabato 16 gennaio 1999
di Filippo Ceccarelli
ROMA. E nonostante tutto sembra incredibile un referendum senza Marco Pannella.
Mentre la Corte sta per decidere, il leader radicale se ne sta in un posto caldo e lontano. "Dormo - taglia corto al telefono - e sto al sole". Un po' di convalescenza e molta vacanza, dopo piu' di vent'anni: "L'ultima l'avevo fatta nel '75 o nel '76, non ricordo". Riposo volontario, comunque, dato che "la vacanza di questa estate, certo, era obbligata". Scherza, adesso, ma allora stava per rimetterci la pelle. Dagli affari politici, da questo referendum che per la prima volta non lo vede protagonista, seguita ad essere inseguito, pure all'estero. "M'informo tramite i compagni, il partito, il fax e Agora'". Quest'ultima fornisce anche i servizi Internet, di cui Pannella si avvale, "anche se non so usarla. Ecco - aggiunge - in Italia l'ho inventata io, ma non so come funziona". Pero' non ha alcuna nostalgia della vita pubblica.
Prima di ripartire ha confidato a Gaetano Quagliariello, che l'intervistava per Ideazione : "Se tornassi solo per ragioni di mestiere, di abitudini, di riflessi condizionati, a che cosa e a chi servirebbe mai un Pannella di tal fatta?". Ma intanto vale la pena di fare qualche domanda sul referendum e sui nuovi referendari all'uomo che i referendum ha introdotto in Italia.
Andra' a votare?
"Si', per il solo motivo che quel referendum l'ho presentato io, mica loro. E l'ho fatto un anno prima, sia pure come subordinata all'interno di un pacchetto di altri referendum, diciamo principali, che poi la Corte si e' mangiati, confermando la sua funzione di ente contro i diritti costituzionali dei cittadini".
Puo' spiegare meglio?
"Guardi, il testo del quesito e' di quei due ragazzi (Emilio Colombo e Marco Nardinocchi, ndr ) che per mesi e mesi, nell'ambito della Lista Pannella, hanno insistito perche' fosse inserito nel pacchetto. Cosa che feci, appunto".
Ma con qualche riserva.
"No, il punto vero e' che io non credo che questa Corte abbia un'etica ne' un'economia giuridico-costituzionale. Vota in base agli affaracci suoi, che in genere sono ignobilmente politici".
Per cui, a suo giudizio, anche stavolta difficilmente...
"Bah. Intanto e' sufficiente leggere l'articolo della Costituzione sui referendum per capire che al diritto costituzionale la Corte ha via via sostituito l'incertezza assoluta del diritto e il proprio arbitrio. Lo capisce qualsiasi studente di giurisprudenza. Quando, sull'onda del divorzio, proponemmo di fare un referendum sul concordato e sui codici, scatto' il golpe".
E perche', secondo lei?
"Perche' quel referendum avrebbe significato la rivoluzione. Allora la Corte s'invento' il ''principio della ragionevolezza'', dicendo in sostanza che era una follia, i codici non si potevano abolire. Ma non eravamo mica pazzi: con i codici sarebbe caduta tutta la tradizione politica fascista, comunista e clericale. Poi, sempre da parte della Consulta, venne fuori che le leggi non si possono abolire: e quindi addio referendum abrogativo - che invece era intuizione fantastica dei padri costituenti".
In che senso "fantastica"?
"Ma nel senso di profetica, nel senso che i cittadini, oltre a eleggere i loro rappresentanti politici, avevano anche la possibilita' di cancellare le leggi che gli piacevano. E via questo tipo di referendum abrogativo".
E il divorzio?
"Eh, appunto. Le ricordo che allora consentirono alla Chiesa, non a noi, di tenere il referendum. Dio, certo, tra parentesi, fa impazzire chi vuole perdere. Ma dopo hanno cominciato a negare il referendum abrogativo. Dopo si sono inventati la storia dell'omogeneita' del questito. In Italia, capirai, dove ci sono leggi-omnibus in cui schiaffano di tutto".
E allora?
"Beh, allora la questione, in pratica, e' che gli unici referendum consentiti, quello manipolativo che ci hanno imposto, o quello di stimolo al Parlamento, ecco, in realta' questi altri tipi di referendum sono un'arma in piu' in mano alla maggioranza e al regime plebiscitario che controlla i media".
Ed ecco il referendum di oggi, che Pannella votera' con cosi' poco entusiasmo.
"Come il male minore, e senza fiducia nel seguito, perche' e' un referendum degradato, dimezzato, sicuramente manipolativo e di stimolo".
Ma Segni lo sa?
"Se n'e' reso conto benissimo. Il ''mattarello'' e' la conseguenza del suo dissenso da noi che subito dicemmo: bene, il referendum e' operativo... E invece siccome gia' allora il signorino voleva il doppio turno, a quel punto imposero il ''mattarello''. Bene, oggi intendono il referendum come uno stimolo. Tant'e' che hanno chiesto firme sia per il referendum che per la proposta di legge da presentare in Parlamento".
E quindi?
"Beh, questo per me vuol dire essere anti-referendari. Noi abbiamo raccolto e depositato trenta milioni di firme e loro due-tre. Eppure li hanno subito designati referendari, con l'aria di fargli un complimento. I referendari! I nuovi referendari! E via dicendo. Sono stati silenziosi, per non dire conniventi, quando la Consulta funzionava da plotone di esecuzione dei nostri referendum. Ogni tanto si svegliavano..."
Del Di Pietro referendario che ne pensa?
"Non ho capito quanto si sia chiarito le idee sul piano dottrinario. Per il resto, si muove. Un po' come Berlusconi: doveva dire cose piu' chiare, piu' comprensibili. Invece si e' messo a fare il doppio turno, il triplo turno, l'ulivo, il mezzo ulivo, i sindaci, Prodi, l'accidente..."
Che impressione le ha fatto la riunione con Segni, Di Pietro, Fini, Veltroni insieme?
"Ricordo che quando si chiuse la campagna elettorale per il divorzio, nel 1974, sul palco di piazza del Popolo c'erano i comunisti, i cattolici di sinistra, c'era Malagodi e Ugo La Malfa. Insomma, tutti quelli che erano stati contro la nostra iniziativa e il nostro modo di portarla avanti. E lo stesso in tv: c'erano tutti, meno noi. E' una bella abitudine, la loro".