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Poretti Donatella - 26 gennaio 1999
LA BONINO CRITICA L'ITALIA "PRENDA ESEMPIO DAGLI ALTRI"
Ma il commissario Ue attacca le divisioni dell'Europa e propone la nascita di una struttura federale sulle migrazioni

da LA REPUBBLICA, di lunedi' 25 gennaio 1999

di MARCO ANSALDO

ROMA - "L'Italia si allarma sui profughi anche quando gli arrivi sono molto contenuti. Dopo l'episodio degli scafisti in Albania, per affrontare il problema di chi fugge dalle zone di crisi ben venga in Europa una struttura sovranazionale che regoli le migrazioni. Ma prima di creare un simile organismo serve un'unanimita', che invece manca sempre. Se l'Unione europea ha 15 linee diverse, non si va da nessuna parte. E anche in Kosovo alla fine gli europei non decideranno nulla. Strilleranno, aspettando l'aiuto di Washington, salvo poi gridare "yankee go home"".

E' una Emma Bonino veemente quella che discute il problema Albania, la crisi del Kosovo e la questione dei profughi nella sua qualita' di commissario europeo per gli aiuti umanitari. Di passaggio ieri a Roma da Bruxelles per una riunione del Partito radicale, la Bonino spiega in un' intervista a Repubblica le sue perplessita' e affronta nuove proposte.

Commissario Bonino, davanti al continuo esodo di fuggiaschi (profughi e immigrati) l'impressione e' che o l'Europa si assume il compito di pacificare le aree da cui i rifugiati arrivano, o continuera' ad esserne sommersa. Qual e' la sua opinione?

"Condivido assolutamente questa impressione. Il problema e' come andare avanti. Viviamo in un'Europa post-tutto e che non e' ancora pre-niente, che non ha definito niente. Il fatto di essere arrivati all'euro come moneta unica richiede la necessita' di mettere in primissimo piano e con grande urgenza l'integrazione politica".

Che cosa significa?

"Che se non si fa piu' che velocemente l'Unione politica - come dicevano Monnet, Spinelli, i padri dell'Europa, ideale per cui io stessa mi batto oggi - se cioe' non si fanno gli Stati Uniti d' Europa temo che: primo, non reggera' neppure l'euro; secondo, questo continente, che non riesce neanche a capire e non ti da' gli strumenti per analizzare il dramma di chi fugge, non galvanizzera' nessuno".

Qualche esempio?

"In positivo, il Portogallo, che si e' beccato 30 mila profughi in poche settimane dalla Guinea- Bissau senza strillare molto. In Italia invece ci allarmiamo per cifre assai piu' contenute. Adesso abbiamo il Kosovo e l'Albania, domani magari ci tocchera' affrontare esodi dalla costa sud del Mediterraneo. E che faremo, allora".

C'e' chi dice, come Barbara Spinelli, che in Europa oggi non c'e' nessuna struttura sovranazionale che regoli le migrazioni. Sarebbe necessaria?

"Non solo necessaria, ma prima di creare un simile organismo, per l'immigrazione serve un'unanimita' che invece non c'e' mai. Bisognerebbe allora prendere delle decisioni a maggioranza qualificata. Ma se non c'e' lo strumento di decisione politica, se le linee sono 15, tanti quanti sono i membri della Ue, invece di una sola, beh allora non si va da nessuna parte".

Per l'Albania il ministro della Difesa Scognamiglio propone di raddoppiare la presenza dei soldati italiani. E' una misura efficace?

"In Albania sono crollate o esplose tutte le istituzioni, il governo, la polizia, l'esercito, eccetera. Per ricostruire tutto questo si richiedono tempi molto piu' lunghi rispetto a un intervento militare".

E il ministro dell'Interno Jervolino dice invece che dobbiamo rafforzare la polizia albanese.

"Come spiega Carl Bildt, l'ex premier svedese e gia' inviato europeo, nel suo libro sulla Bosnia, l'intervento militare e' pure rapido. Ma il problema della ricostruzione delle istituzioni e' un processo molto piu' lungo. Questo, tuttavia, non deve far venire meno tutta la nostra determinazione per rafforzare le istituzioni albanesi".

Dentro il governo c'e' ormai chi dice apertamente che "se la lotta agli scafisti non la fanno gli albanesi, allora dobbiamo farla noi". Condivide?

"Non siamo una forza di occupazione, a meno di non considerare il nostro aiuto una sorta di protettorato. Ma questa non e' la linea politica scelta finora".

Perche', lei sarebbe favorevole a un protettorato?

"No, io credo che noi potremmo aiutare molto l'Albania se pacificassimo le zone limitrofe per prevenire quegli esodi e quei drammi. E intendo dire il Kosovo, perche' le due situazioni sono collegate".

Proprio l'emergenza Kosovo ha portato alla luce le divergenze tra gli europei (che vorrebbero inviare truppe di terra) e gli americani (favorevoli al bombardamento contro i serbi)...

"Si', solo che gli europei alla fine non decideranno nulla. Strillando, borbottando, storcendo il naso aspetteremo l'intervento di Washington. Salvo poi, quando gli Usa saranno arrivati, gridare "yankee go home"".

 
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