Comunque, ciò che lega Socrate al caffé Illy è la cicuta. Il poveretto si bevve la ciufeca ammannitagli da quei fondamentalisti dei vecchi della Agorà, che erano (ma non dirlo a Cicciomessere, sennò si offende) aristocratici legati alle cosche agrarie dell'interland, e quindi odiavano i commercianti borghesi del Pireo, loschi affaristi che andavano rubacchiando e rapinando per il Mediterraneo (poveretti, era la loro globalizzazione, non cooscevano il Pacifico e dovevano accontentarsi ). Socrate parteggiava, assieme a quei giornalisti dei sofisti, per i mercanti dabbasso, e quindi gli fecero bere quella robaccia. Era così schifosa che lui ne morì. La cicuta di Socrate somigliava molto al caffé di cicoria che ci rifilò Mussolini, sostenendo che era molto meglio del caffé brazileiro, prodotto demoplutogiudaico del capitalismo americano. Insieme al caffé fatto in casa, Mussolini, quel fondamentalista filoarabo detto anche "la spada" (o "la sega") dell'Islam (secondo quanto insegnava alla Uiversità Cattolica Amin
tore Fanfani, teoreta del primato dei bassi sui capitalisti nordici alti e biondi) ci ammannì il tè abissino, alias karkadé, il pane di segale, la lana di ginestra, il cuoio artificiale e l'aereo jet fatto in casa col motore fasullo (io lo vidi volare proprio sopra casa mia, e facemmo tutti gli scongiuri, perché non ci cadesse addosso). Lui chiamava questa robaccia "autarchia" (dal greco "autòs" e "arché", che sigifica "fasso tutto mi". Intanto il pregevole figliolo Romano si vedeva a casa, a Villa Torlonia, i film americani e ascoltava i dischi jazz, assieme al fior fiore dell'intellighenzia poi divenuta "progressista" , e finanziava il primo film del neorealismo italiano, "Ossessine" di Visconti, tratto (ma nessuno lo diceva) da un romanzo di J. Cain (americano, obviously).
La campanella è suonata, la lezione è finita, per oggi.