MARCO PANNELLAADESSO TORNO E SALVO L'ITALIA
LEGGE ELETTORALE, SUCCESSIONE AL QUIRINALE E A PALAZZO CHIGI, REFERENDUM IN VISTA DEL NUOVO MILLENNIO. IL LEADER RADICALE, ANCORA IN FORMA DOPO I GROSSI GUAI DI SALUTE, RIVELA AL "BORGHESE" LA SUA STRATEGIA PER FARE USCIRE IL PAESE DALLE PASTOIE E DALL'IMMOBILISMO.
Di Federico Guiglia
Il primo referendum Marco Pannella lo pose a suo padre Leonardo. "Scegli", gli intimò, "o mi laureo bene, ma con un anno di ritardo, visto che sono impegnato giorno e notte in politica da liberale, oppure finisco in tempi regolari però non garantisco sul voto". Risultato: vinse il "no" di papà e lo studente divenne dottore in giurisprudenza per il rotto della cuffia (66 a Urbino con una tesi, guarda un po', sui rapporti fra Stato e Chiesa). A quegli anni risalgono anche le prime botte del nonviolento. "Le ho date e le ho prese", ricorda, "mi scontravo con missini e comunisti. Credo d'aver slogato una spalla a Giulio Caradonna. Io il controllo del territorio di Piazza Bologna, a Roma, sapevo che cosa fosse ". Poi arrivano i primi, italianissimi cortei: "Andai in terza classe a Trieste con la benedizione di Benedetto Croce e giusto nel giorno in cui entravano le nostre truppe. Una giornata bellissima". Amaro invece il ricordo di un pomeriggio del '38, quando scompare Adria, la bimba per cui Pannella aveva pres
o una cotta. "Mi spiegarono che era andata a Tangeri con la famiglia, perché erano ebrei. Un mese dopo i miei mi mandarono a La Clusaz, in Alta Savoia, per coltivare il francese presso il maestro Berthonne, radical-socialista e forse massone, che era anche il segretario comunale. Rimasi alcune settimane, ma già la seconda sera volavano i piatti tra il maestro e la moglie più giovane di trent'anni. Il figlio, poi, stava per partire per il servizio militare, ma non voleva saperne. Insomma, l'ingiustizia di Adria, il divorzio di Berthonne, l'obiezione di coscienza del ragazzo: a otto anni incrociai la politica di tutta la mia vita".
Suonatore di violino, tiratore, di scherma, tifoso della Lazio e di Marilyn Monroe, Pannella appartiene alla generazione dei ragazzi sotto il fascismo e dei giovanotti sotto l'antifascismo, "ottant'anni d'ininterrotto regime", come considera entrambi i periodi. A un certo punto l'incorreggibile si mette in testa d'imparare il norvegese: "Come si fa?", chiese al console di Oslo in Italia. "Studi il tedesco e dopo ne riparliamo" lo scoraggio'.
Anche oggi con quattro by-pass e cinque, recenti operazioni in quaranta giorni ("ero spacciato", confida, e non si capisce se l'orgoglio con cui lo rivela dipenda dall'aver salvato la vita o sfidato la morte), il leader radicale dovrebbe abbassare i toni e smarcarsi dalle polemiche. Lo attendono svariati processi per le sue provocazioni sulla droga: "Se mi condannano in primo grado, non è detto che farò appello. Potrei scegliere il carcere, chissà". Per ora sfoggia l'abbronzatura presa ai Caraibi e si rassegna alle cure di una clinica di Merano, città in cui le palme raccolgono i fiocchi di neve, l'ultimo avamposto di Mediterraneo nel cuore delle Alpi. "Sia ben chiaro: io non sono rientrato in politica", premette. Ma subito dopo il focoso accende una Gauloise, e poi un'altra e poi un'altra ancora. La prima intervista di un rinato Marco Pannella, giacca, cravatta e sciarpa bianca alla Fellini (o alla Scalfaro), può così cominciare.
IL BORGHESE:
Lei ha mostrato scetticismo per il referendum elettorale. Solo perché non l'ha promosso Pannella?
PANNELLA:
Io l'ho promosso e presentato come radicale un anno prima e per ben due volte. Violando la Costituzione, la Corte li fece fuori. Quest'ultimo quesito è stato concepito da due nostri ragazzi e la nuova formulazione toglieva i vecchi pretesti a cui ricorreva la Consulta. Scettico? Un momento. Di Pietro con l'aiuto di Segni ha contemporaneamente raccolto firme per un progetto di legge a favore del doppio turno, che è sempre stata la tesi della partitocrazia. Mariotto, poveretto, ha fatto l'involontario cavallo di Troia sul doppio turno. Sul punto bisogna distinguere: è anti-referendario chi ha la concezione del "referendum-stimolo" per altre e successive decisioni del Parlamento. No, l'esito del referendum è legge. Cio' detto; non ho dubbi sul referendum, li ho sui cosiddetti referendari.
IL BORGHESE:
E se il referendario Mario Segni fosse l'allievo che ha superato il maestro?
PANNELLA:
Segni è stato "nominato" referendario in tre occasioni e sempre con l'accordo dei comunisti, che hanno il dente avvelenato contro noi radicali. La prima: il famoso referendum sulla preferenza unica, che di per sé non colpiva, ma anzi serviva alle segreterie dei partiti. Grazie alla gigantesca campagna del Pci, che finalmente adottava un referendum, e con quell'"andate al mare" di Bettino Craxi, divenne un segnale anti-partitocratico. Nella seconda occasione, nel '93, eravamo insieme, ma le firme furono raccolte da noi e dai comunisti e comunque quel successo portò alla legge-Mattarella. I comunisti non hanno paura di singoli individui. Oggi Segni ci crede: spero che in dieci anni abbia imparato qualcosa.
IL BORGHESE:
Ma lei quand'è che ha scoperto la "politica" del referendum?
PANNELLA:
Nel novembre del '61 proponemmo come sinistra radicale al congresso di allora - c'erano ancora tutti: Scalfari, Pannunzio, Carandini, Ernesto Rossi - una mozione, peraltro non approvata, per chiedere la battaglia sull'aborto, sul divorzio, sull'obiezione di coscienza e sull'Europa, "attivando il diritto al referendum", testuale.
IL BORGHESE:
Qual è il referendum al quale si sente più attaccato?
PANNELLA:
Quelli che devo ancora fare. Certo, il più importante, oltre che il primo, non era "mio": era quello contro il divorzio, promosso dalla Chiesa, che poi se ne pentì. Per un pelo non fu bloccato dalla partitocrazia.
IL BORGHESE:
E lei s'è mai pentito di almeno uno dei tanti - molti dicono troppi - quesiti proposti?
PANNELLA:
Manco mezzo. E ne avro' proposti una settantina .
IL BORGHESE
Neanche un rimorso, magari sull'aborto?
PANNELLA:
Io non riesco a esercitare la virtù del perdono. Quanto all'aborto noi proponemmo l'abrogazione di una parte della legge, quella che ne fa un aborto di Stato. Non riesco perciò a perdonare l'atteggiamento terroristico contro noi radicali, accusati addirittura di volere un aborto di classe. La malafede delle donne laiche e comuniste e della stampa non si dimenticano. Io non ho mai discusso su quando cominciasse la vita umana. Per me la questione era di diritto positivo: con questa legge faccio aumentare o diminuire gli aborti? Se non ci fosse questa sinistra cinica e senza convinzioni e una destra che la scimmiotta, avremmo smontato la bestemmia idealistica di chi afferma "basta ammazzare una sola vita umana per sbagliare". Io invece ritengo che se uno ne ammazza un milione è una cosa, se ne ammazza uno solo è un'altra. Se gli amici monsignori lasciassero fare informazione sessuale, come il preservativo e la pillola del giorno dopo, noi questo flagello e questo dolore dell'aborto l'avremmo abolito molto al di
là delle nostre speranze.
IL BORGHESE:
Ma non sarà sbagliata la logica del "si" o del "no" in un Paese dove spesso prevale la mediazione?
PANNELLA:
Io non voglio un Paese di eterni mediatori e bisogna pur cominciare. Forse tre secoli fa gli indiani avevano il sistema americano? E poi non è vero che le scelte chiare siano lontane dalla nostra tradizione.
IL BORGHESE:
Perché Silvio Berlusconi tentenna sul referendum elettorale?
PANNELLA:
Lui ormai non ha convinzioni e non è nemmeno sicuro di saper scegliere bene le convenienze. Tant'è che sembra aver dimenticato un interrogativo di fondo: qual è il Paese liberale nel quale il capo dell'opposizione ogni giorno dice alla maggioranza siete dei figli di buona donna perché mancate alla parola data e poi con loro vuole fare la legge elettorale, la Bicamerale, le riforme, i telefonini (e questi ultimi riesce a farli)? E' un'aberrazione. Poi ci sono i soliti intellettuali italiani, alla Marcello Pera, che dice: facciamo il 513 con loro, la legge anti-ribaltone con loro Mai che si affermi: cari signori, voi fate quello che vi pare, ma il 70 per cento del Paese da due anni è sempre più d'accordo con la nostra, non con la vostra proposta. Il simbolo di questo pasticcio è la Confindustria, che dal suo vicepresidente Callieri, il quale è il vero presidente, a Confalonieri, a Bernabè, Zaccaria, a tutti i boiardi di Stato e parastato, è divenuta l'appendice del blocco sociale che ci domina da 80 anni. Inve
ce i 7 milioni di partite Iva non hanno alcun interesse né alle rottamazione né alle casse integrazioni. Tutti premi ad aziende decotte contro nuove aziende che si affacciano sul mercato.
IL BORGHESE:
Quali saranno i prossimi referendum?
PANNELLA:
Non ho più messo piede nel mio partito in via di Torre Argentina - e tranne una mattina che sono andato su per fare pipì - dal maggio dell'anno scorso. Non
Sono tornato alla politica. Ho fatto solo alcuni interventi straordinari da semplice cittadino: penso ai casi Gelli, di Emanuele Filiberto di Savoia, dell'incompatibilità dei sindaci italiani in Europa. Ma voglio ricordare a tutti che se non si raccolgono firme per dei quesiti adesso, in questa stagione, non ci saranno più referendum in Italia fino al 2002. Se infatti depositiamo le adesioni entro il 30 settembre e riusciamo a superare il plotone d'esecuzione della Consulta, voteremo nella primavera del 2000. Ma poi ci sono le elezioni e non si possono più raccogliere firme. Non sarebbe bello avere un po' di referendum in pieno Giubileo?
IL BORGHESE:
C'è un comitato per Emma Bonino presidente. E se invece il Parlamento confermasse Oscar Luigi Scalfaro al Quirinale?
PANNELLA:
La candidatura Bonino è il simbolo di un percorso che si confronta con quello della partitocrazia. Di nuovo Scalfaro? C'è una sola cosa più indecorosa di come Scalfaro s'è comportato: coloro che osano parlare di una sua rielezione e, ancor più, quanti - e sono più numerosi di quanto non si creda - all'interno del Polo sono pronti a prendere in considerazione l'ipotesi. Scalfaro ha tradito la Costituzione, è da considerare colpevole del massimo reato civile che si possa realizzare nella Re Pubblica, nella città della Polis. Fu nominato da noi - eravamo solo in cinque - con ratifica del Parlamento, passò dal vertice della Camera al Quirinale. Era stato nominato ed eletto per la sua contrapposizione rispetto al settennato di Cossiga.
IL BORGHESE:
Si pente almeno di questa scelta?
PANNELLA:
Mi pento? Bah Dovrei pentirmi del mio essere laico e tollerante fino in fondo. Ma di questo non mi pento. Noi che siamo gli anti-clericali ufficiali anche in nome della difesa della fede, come tutti i gradi cattolici liberali del Risorgimento, abbiamo proposto qualcuno che appariva più "mariologo" che non organizzatore di clientele, uno che in quell'Italia e in quel Parlamento conosceva l'ascesi della preghiera...
IL BORGHESE:
Per il governo, invece, Berlusconi pensa a un "esterno" al Polo. Va bene così o è arrivato il turno dell'"interno" Gianfranco Fini?
PANNELLA:
Immagino che per Berlusconi il candidato sia io. Quanto a Fini così come Luciano Violante può essere votato dagli ex missini, il leader di An può essere votato dagli ex comunisti. Molto di più che un liberale.
IL BORGHESE
Chi ha ragione fra Romano Prodi e Francesco Cossiga?
PANNELLA:
La ragione non c'entra. Cossiga rappresenta in modo assolutamente simpatico, e non privo di un'incerta nobiltà, l'anima anti-liberale dell'Italia. E' sempre stato contro lo Stato di diritto mai s'è occupato di questioni liberiste o liberali, se non per mortificarle. Prodi è l'ex direttore generale dell'Iri, democristiano da sempre al potere, estraneo alle esperienze di diritto e libertà del mondo moderno. Questo è ormai un sistema più feroce di quello fascista e sicuramente meno legale con le vere minoranze. Tanto più che queste minoranze, ecco la novità, sono in sintonia con almeno il 70 per cento della gente.
IL BORGHESE:
Quale sarà il diritto da rivendicare nel terzo millennio?
PANNELLA:
Il problema del diritto e della libertà, il rapporto fra liberalismo e nonviolenza. Da quando sono nonviolento devo fare i conti con pacifisti, che sono, da Monaco,
nel '38, in poi, la forza maggiore dei guerrafondai e della violenza.