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Conferenza Rivoluzione liberale
Partito Radicale Rinascimento - 16 febbraio 1999
Da "La Repubblica" 14 febbraio 1999 - Pagina 13

Dimenticare gli omosessuali

I politici sono solo preoccupati del voto cattolico: cala il silenzio sulle coppie di fatto di ENZO CUCCO e ANGELO PEZZANA

IN UN PAESE che vieta la fecondazione eterologa può sembrare paradossale che qualcuno sia così ingenuo da voler riaprire la questione delle cosiddette coppie di fatto. Un Parlamento che si oppone a una legge in vigore nella maggior parte dei paesi civili, in Europa e non, non è certo il più disponibile ad approvare un cambiamento che regolamenta, insieme ad altre, anche le coppie omosessuali. Parlare e discutere di omosessualità, senza arrossire, tossicchiare o ammiccare in un paese la cui morale bigotta impedisce addirittura a chi omosessuale non è la piena realizzazione sessuale e familiare, può sembrare un'assurdità. Ma noi siamo ostinati, così come lo eravamo nei primi anni '70 quando demmo vita al movimento di liberazione omosessuale, nella quasi totale ostilità delle forze politiche, anche allora come oggi, preoccupate soprattutto del cosiddetto voto cattolico. Purtroppo con una differenza: allora c'erano i radicali, mentre oggi si farebbe fatica a cercare, in ogni schieramento politico, una forza suff

icientemente libera da potersi definire autenticamente liberale. Il voto in Parlamento dell'altro giorno dimostra ampiamente quale abisso separi la definizione di liberale, della quale quasi tutti si appropriano lestamente, dall' esserlo veramente. Laceriamo allora quel silenzio che è calato sul riconoscimento legale delle unioni di fatto con alcune riflessioni che ci auguriamo possano essere utili ai nostri legislatori, almeno a quelli che ritengono il Parlamento un luogo sufficientemente libero in cui rappresentare la volontà dei loro elettori. Non è vero che le famiglie di fatto, almeno da un punto di vista omosessuale, rappresentino una alternativa alla famiglia tradizionale: in queste famiglie siamo nati, la maggior parte di noi ne ha una o ne conserva uno splendido ricordo e gli affetti che lì si sono creati rimangono un patrimonio per la vita intera. Contrabbandare l'aumento delle unioni di fatto e la loro legalizzazione come uno degli elementi determinanti della crisi della famiglia eterosessuale tra

dizionale è una mistificazione che può tornare utile solo a chi ha interesse a mantenere la condizione omosessuale a un livello di inferiorità. Anche se non ne detiene il monopolio esclusivo è indubbio che il pregiudizio antiomosessuale è ancora una delle strutture portanti della gerarchia della Chiesa cattolica, ancora ostile contro la modernità che caratterizza le società liberali del mondo occidentale. Quella stessa modernità così ben rappresentata dalla civiltà americana dove il diritto alla felicità è scritto nella Costituzione. Le unioni di fatto danneggiano la struttura economica, sociale, culturale della nostra società? La risposta è no, perché questo riconoscimento porterà con sé ordine e legalità in situazioni oggi asociali perché non riconosciute e negate. La reversibilità delle pensioni e dei contratti di affitto, la possibilità di assistere il proprio compagno o la propria compagna nelle strutture sanitarie senza che la famiglia di origine abbia motivi legali per opporsi, il riconoscimento dei d

iritti testamentari, l'obbligo di assistenza materiale per il convivente più bisognoso sul piano economico nel caso di separazione: l'assenza di tutto questo genera disordine e illegalità. Perché continuare a negare questi diritti? Persino l'"Economist", che non può essere tacciato di estremismo rivoluzionario, riconosceva come utile per l'intera società il riconoscimento delle convivenze, anche tra omosessuali, addirittura dedicando tre anni fa una copertina, con il titolo "Lasciate che si sposino". Ma in Italia, osservando la profonda sudditanza del mondo politico alla parte più integralista del mondo cattolico, quei cambiamenti e le ragioni che ne stanno alla base continuano a essere visti come un pericolo per la continuità stessa della famiglia. A nulla servono ormai le iniziative come quella del Consiglio comunale di Bologna che ha inventato il "registro delle unioni affettive" (sic!): su questo argomento è finito il tempo delle provocazioni e la trovata bolognese non aiuta la battaglia per il riconosci

mento legale delle convivenze. Bisogna far leva sull'evidente contrasto che esiste tra quello che pensano le gerarchie cattoliche e politiche e quello che pensa la gente. Un'inchiesta di "Famiglia Cristiana" è molto indicativa in tal senso: più del 50% degli italiani considera famiglia l'unione tra un uomo e una donna senza matrimonio, e più del 70% ritiene che alle famiglie nate da queste unioni si devono riconoscere gli stessi diritti delle famiglie matrimoniali. Si dovrà quindi giungere a una rottura tra laici e religiosi, anzi, meglio ancora, tra laici e integralisti? Dove sono i gruppi e gli intellettuali cattolici che hanno nel passato avuto posizioni molto aperte sulla morale sessuale? Perché tacciono di fronte al connubio scellerato tra destra, sinistra, centro e gerarchia cattolica contro il diritto alla felicità di tutti? Esultino pure i vescovi. Ci piacerebbe però che lo facessero nei loro ambiti, entro i loro confini religiosi e territoriali. Lascino in pace i cittadini di questo povero paese che

sembra condannato a dover soggiacere sempre a forme di calcoli elettorali, magari travestiti da clericale sudditanza.

 
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