Corriere della Seralunedi , 22 febbraio 1999
Commenti
L'inglese-»americano per superare le liti di campanile
E ORA L'UNIONE LINGUISTICA
di BEPPE SEVERGNINI
Beppe Severgnini, www.corriere.it/severgnini
Leggo l'appello per una »nuova Maastricht basata su una lingua comune; apprendo
che metà dei giovani europei tra i 15 e i 25 anni parlano inglese (erano un
terzo nel 1987); scopro che Pubblicità Progresso punterà sull'»autopromozione
attraverso la conoscenza delle lingue . Coincidenze? No, buone notizie.
L'appello per una »Maastricht linguistica viene da Innocenzo Cipolletta,
direttore generale di Confindustria. I Paesi europei, scrive, »devono impegnarsi
affinché le nuove generazioni parlino almeno un'altra lingua oltre quella
nazionale . Cipolletta ammette poi che questa lingua sarà certamente l'inglese.
Nulla di male, diciamo noi. Anzi: molto di bene. L'inglese si è imposto da solo:
è forza di mercato (linguistico) al lavoro, con buona pace degli esperantisti.
Abbiamo trovato una lingua comune senza cercarla, mentre quando la cercavamo non
l'abbiamo trovata: rallegriamoci.
Cosa possiamo fare per completare l'opera? A livello nazionale, molto è
possibile: occorre solo lungimiranza e buona volontà. Penso alla scuola, dove
non si dovrebbe studiare solo l'inglese, ma in inglese (alcune materie).
E alla televisione: a quando »Never too late , il »Non è mai troppo tardi per
gli analfabeti del Duemila, ovvero coloro che non sanno l'inglese?
Le decisioni europee mi sembrano, invece, più complicate. L'inglese, prima di
essere la lingua di tutti, era la lingua di qualcuno: degli inglesi. Cipolletta
propone di »usare fondi strutturali europei per favorirne la diffusione . Be',
quando i francesi dovranno votare il provvedimento, voglio esserci. Grideranno,
si strapperanno i capelli, e alla fine otterranno di destinare una parte dei
soldi al sostegno della gloriosa lingua francese (che è gloriosa: ma i computer
non la capiscono). I tedeschi allora diranno: e il tedesco? Gli spagnoli, che
fino allora erano stati zitti, chiederanno aiuti per lo spagnolo. E noi
italiani, se gli spagnoli fanno qualcosa, vogliamo farlo anche noi (è accaduto
con la moneta unica, accadrebbe con la lingua comune).
Ecco la debolezza di una »Maastricht delle lingue . In Europa, per costruire
insieme, bisogna prima demolire qualcosa. Undici Paesi hanno rinunciato alle
monete nazionali, ed è nato l'euro. Nel caso della lingua comune, non sarebbe
necessario - e nemmeno auspicabile - rinunciare alle lingue nazionali. I
francesi continueranno a parlare francese, i tedeschi tedesco; in Italia solo
disc-jockey, pubblicitari ed economisti parleranno inglese col barbiere e la
fidanzata. Ma l'adozione di una lingua comune ridurrebbe costi inutili di
traduzione, e creerebbe un vero mercato del lavoro europeo. Resta il problema:
l'inglese è la lingua degli inglesi, e a qualcuno questo non va.
Per risolvere la questione, avrei una proposta. Ricordate quello che accadde
all'Unione Europea Occidentale (Ueo), che doveva provvedere alla difesa comune,
e venne soppiantata dalla Nato? Be', facciamo la stessa cosa. Diciamo che
l'inglese è la lingua dell'America. Ci sarà qualche mugugno, ma poi tutti
chineranno la testa. In fondo, siamo abituati a litigare tra noi, in Europa, per
finire a fare quello che dicono gli americani.