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Conferenza Rivoluzione liberale
Caporale Cinzia - 2 marzo 1999
IL SOLE 24 ORE, 28 febbraio 1999

COPPIE DI FATTO OK, ORA PARLIAMO DI DIRITTI

Di Cinzia Caporale

Le Costituzioni sono derivate dall'idea di proteggere i diritti dei cittadini dalla coercizione esercitata dal potere sovrano. Nell'espressione di John Locke, lo Stato esiste per proteggere la vita, le libertà ed i beni delle persone. I diritti individuali preesistono al contratto sociale e non sono generati da esso. La funzione dello Stato è quella di tutelare i diritti che appartengono agli individui in quanto 'individui', e non in quanto membri di una comunità politica, ovvero cittadini.

Dalla nascita dell'idea costituzionale moderna, vita, libertà e beni hanno definito in maniera esaustiva la sfera dei diritti individuali. La ragione è che, se in questi tre secoli si sono modificate le condizioni sociali, non è invece mutato l'orizzonte ontologico dell'uomo: nascita, riproduzione e morte sono infatti mutati in modo più 'quantitativo' che 'qualitativo'. Con l'avvento della moderna biomedicina però, l'orizzonte delle conoscenze scientifiche e delle possibilità tecnologiche si è intersecato con il nostro orizzonte ontologico: siamo in grado di riprodurci, e di morire, in modi che non dipendono più esclusivamente dalla natura. La natura umana è divenuta, cioè, oggetto di decisioni da parte dell'individuo. Il problema fondamentale che si pone è quindi analogo a quello degli albori del costituzionalismo: come proteggere i diritti individuali in ambiti che non coincidono più con quelli dei diritti tradizionali. Analogamente a quanto avvenne allora, occorre oggi riconoscere che decidere su come rip

rodursi o morire, non è una concessione elargita dal potere sovrano, ma un diritto individuale al pari di quelli tradizionali, un diritto che merita piena costituzionalizzazione.

Un tale diritto non è né attribuibile, né revocabile, da una maggioranza politica. Un diritto costituzionale pre-esiste, e la sua esistenza emerge nella coscienza dei singoli, ed in quella collettiva, attraverso il confronto delle diverse visioni del mondo. Quando l'orizzonte delle possibilità tecnologiche si trasforma in realtà, è necessario un nuovo "contratto sociale", un momento costituzionale che riconosca e tuteli i diritti emersi dal rinnovato orizzonte.

Diversamente da quanto accaduto per la fecondazione eterologa, la Camera ha approvato l'articolo di legge che consente l'accesso alle tecniche per le coppie di fatto. La vittoria politica del fronte trasversale laico è di tutta evidenza. Tuttavia, occorre sottolineare che la tematica è stata affrontata come una briga politica "qualsiasi", da risolvere a colpi di maggioranze a geometria variabile. E del tutto mancata la consapevolezza che, riguardando questioni così fondamentali, essa avrebbe richiesto un momento autenticamente 'costituzionale' piuttosto che una trattazione più adatta a materie ordinarie, soggette al volere di singole legislature e di maggioranze contingenti. Queste considerazioni sono tanto più vere quanto più le leggi in esame hanno come contenuto dei divieti, delle restrizioni.

Una legge ordinaria in tema di fecondazione assistita avrebbe semmai avuto senso se essa avesse 'allargato' la sfera dei diritti, formali e reali, di cui i cittadini già godevano in precedenza. Ma, appunto, la legge ordinaria all'esame della Camera abolisce diritti fondamentali che sono riconosciuti a livello costituzionale. Alle single ed alle omosessuali, ad esempio, è proibito il ricorso alle tecniche, creando in tal modo una grave discriminazione morale e giuridica, con l'ulteriore contraddizione di considerare la procreazione assistita come terapia della sterilità ed al contempo di negare loro il diritto alla salute. Il testo approvato, inoltre, introduce il concetto di "coppia di fatto", giuridicamente dubbio. Determinare se due persone costituiscono una coppia di fatto, rischia di essere rimesso al giudizio di funzionari statali o di "esperti". Il risultato potrebbe essere quello di una burocratizzazione dell'accesso, in cui cittadini-sudditi imploreranno di vedersi riconosciuto uno status che non è

un diritto. Nei fatti, ciò sarà particolarmente difficoltoso per le categorie più deboli, nei cui confronti si applicherà un odioso "darwinismo sociale". I diritti fondamentali di privacy nella sfera sessuale verranno vanificati e si ricorrerà ad una molteplicità di aggiramenti delle norme.

Occorre interrogarsi sul perché il fronte "laico" abbia voluto guardare alle coppie di fatto a scapito del riconoscimento di diritti 'individuali'. A parte una strategia di mediazione politica, il sospetto, espresso anche in Aula, del desiderio di una qualche loro legittimazione giuridica attraverso questa legge, appare fondato. Nella nostra società, infatti, sempre di più il benessere di ciascuno dipende dal poter accedere ai programmi di Welfare. Spesso, questi attribuiscono benefici ai cittadini non in quanto individui, ma in quanto mogli, mariti, figli. La pressione che viene esercitata affinché lo Stato riconosca le unioni di fatto risulta quindi comprensibile. Da un punto di vista liberale, tuttavia, non sembra questa la strada da perseguire. Per un liberale, i diritti personali e sociali sono infatti gli stessi per 'tutti' i cittadini, indipendentemente dal loro status anagrafico. Allo stesso modo, ogni singola persona deve essere responsabile, moralmente e giuridicamente, verso i propri figli. E chi

genera un figlio attraverso la fecondazione assistita è certo di volerlo e, come l'evidenza dimostra, è più probabile che lo educhi con amore.

La legge sulla procreazione assistita vìola questo principio liberale. Offre tolleranza e concessioni, non diritti costituzionali. Ragiona di coppie e non di persone. Chi ha paura delle libertà individuali e, in definitiva, degli stessi individui?

 
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