Da "La Repubblica" di lunedì 8 marzo 1999 - pag. 8LA BONINO SPIAZZA I PARTITI
I dubbi di Ppi e Cossutta. Fi: bene solo il metodo
Pannella freddo racconta di quando Berlusconi disse: se nomino Emma alla Ue mi arrestano
di ANTONELLO CAPORALE
ROMA - Arriva Marco Pannella. Il papa radicale raggiunge l'hotel Ergife, dove i suoi compagni da due giorni acclamano Emma Bonino, la donna che li sta facendo uscire dal buio di questi ultimi anni. Pannella aveva deciso di disertare, poi ha cambiato idea. Due ore di comizio ma poche, distratte attenzioni sul centro dell'iniziativa politica radicale: la candidatura della commissaria europea a presidente della Repubblica.
In realtà Pannella ha contribuito molto meno di quel che si può immaginare all'azzardo di far correre, contro ogni "regolamento", la Bonino per il Quirinale. Anzi ha mostrato, nelle settimane di gestazione dell'iniziativa, interesse assai morigerato per questa corsa che - ai suoi occhi - ha il rischio di scolorire oltre il lecito l'identità "antiregime" della Bonino sotto il cui nome adesso garantiscono in tanti, (troppi?).
Le riflessioni pannelliane hanno trovato appunto ieri la loro ultima conferma: nel lunghissimo discorso, tenuto dopo la conclusione dei lavori dell'assemblea "dei mille", i riferimenti alla sfida che la leader radicale ha deciso di accettare hanno occupato meno di cinque minuti. E sono stati tutti riferimenti molto sobri, alcuni assai decontestualizzati. Ha ricordato - per esempio - il travaglio, la vera e propria paura che il nome di Emma Bonino produsse a Silvio Berlusconi quando era presidente del Consiglio. Chiamato da Pannella ad onorare l'impegno di nominarla commissaria europea, valutò avventata quella promessa, dirigendo invece la scelta sul nome di Giorgio Napolitano. "Una mattina alle 8,30 - ha riferito Pannella - Berlusconi e Gianni Letta mi chiamano e mi dicono che devono nominare Napolitano: "Se nominiamo Emma questi mi arrestano, arrestano mio fratello Paolo e i miei figli". Questo - ha aggiunto - era lo stato d'animo dell'uomo. Io - ha proseguito Pannella - gli ho detto: "Silvio, non hai capit
o un cazzo. Se fai vedere che hai paura di loro sei fottuto tu, i tuoi figli, tua moglie". A questo ricordo è seguito, poi, un giudizio disincantato sulle possibilità della Bonino di raggiungere il Quirinale: "Se fosse una battaglia di democrazia sarebbe già vinta. Ma siccome siamo in un Paese antidemocratico e anticostituzionale è una battaglia da giungla quella che dobbiamo affrontare".
Il capo, dunque, ci crede poco. E il Palazzo, il mondo politico contro cui l'iniziativa si dirige, reagisce con sentimenti altalenanti. Con il fastidio di Franco Marini, il quale è convinto che il successore di Scalfaro debba avere la medesima tessera di partito in tasca: "Anche noi avremmo delle donne bravissime che potrebbero candidarsi al Quirinale". O con la misurata disponibilità di Pierferdinando Casini (Ccd): "Potrebbe essere un'ottima scelta, come ve ne possono essere altre. Per la prima volta, comunque, è dal paese che nasce un'indicazione e una spinta per il nuovo capo dello Stato senza aspettare che sia solo il Palazzo a pronunciarsi. Questa indicazione di base interpreta bene i nuovi tempi che viviamo ed anche il nuovo ruolo che sul campo si è guadagnata l'istituzione".
Forza Italia si ritrova attratta solo dal metodo: "Più che una candidatura - dichiara il coordinatore nazionale Claudio Scajola - quella di Emma Bonino appare come una vera sferzata bipolarista, che credo potrà aiutare le forze politiche a scegliere il Presidente degli italiani e non dei partiti, garante della legalità costituzionale e al di sopra delle parti". Cautissimo Armando Cossutta ("Va bene una donna, ma sul suo nome si deve ancora discutere"), contrario il verde Mattioli. Ad Emma giungono gli auguri di Rosa Russo Jervolino, ministro degli Interni, ricorrentemente citata in gara per quella carica.
E lei, la candidata, sceglie di ridurre la sua esposizione pubblica, giacché potrebbe confliggere con l'incarico di Bruxelles, precisando - nel giorno in cui la notizia della sua "discesa in campo" ha conquistato le prime pagine dei giornali - di "temere solo la strategia del silenzio. Il problema - spiega poi Emma Bonino - non è se io accetto o meno la candidatura, ma verificare se il Paese sente come prioritaria l'esigenza di legalità e diritto. Se e quando tale esigenza verrà fuori, non mi sottrarrò alle mie responsabilità".