DA "La Stampa" di Lunedì 8 marzo 1999 - pag. 3PANNELLA: UNA BATTAGLIA DA GIUNGLA
"EMMA? IN UNA DEMOCRAZIA SAREBBE GIA' AL COLLE"
All'assemblea radicale il leader storico ha proposto l'"assalto al regime"
ROMA
E gli abusivi del Vesuvio che "rischiano una nuova Pompei", e i morti di via Rasella "poveri ragazzi che arrivavano da Bolzano e dal Sud Tirolo che allora era austriaco", e Kappler, e Priebke, e le foibe, e i comunisti che "ci sono ancora", e l'ambientalismo "da rifondare" e i "Verdi del mondo che per fortuna non sono putti come Mattioli e Rutelli", e le "scorciatoie tragiche", e la Banca d'Italia, e il Papa "complice dell'impero cinese nello sterminio per fame", e la rivoluzione digitale per "mettere in rete le istituzioni di tutto il mondo come tante Radio Radicali", e Retequattro "che vuole il canone per fare il servizio pubblico", e Confalonieri "furbo" che vuol fare "ancora meglio gli interessi del potere", e le pensioni di anzianità "prodotto di Scalfaro e di Ciampi", e "la Bonino che arriva in Guinea, prende per mano il presidente e il capo dei ribelli, e li mette d'accordo manco fosse la Madonna", e i radicali "con la sindrome di Stoccolma", e "io che che sono incapace di non essere molto minoritario
", e Vespa "monsignore", e Santoro "teppista", e gli undici professori che "soli rifiutarono di giurare nelle mani di Mussolini", e i costituzionalisti "che scrivono quello che piace ai re e ai Mussolini di adesso", e i giudici che "vergogna vergogna vergogna", e lo Stato "leviatano e usurpatore", e "noi unico partito che ha avuto tutti i suoi dirigenti in galera", e "sua eccellenza il sottosegretario Mattioli che prima tuona contro il professionismo della politica e poi piazza il suo culo di pietra sulle poltrone", e "i cinematografari italiani", e "i documentaristi amici di Veltroni", e "le ''forbici d'oro'' di Sergio Zavoli che fanno grandi ricostruzioni di questo cazzo", e "Taradash e Calderisi ancora più stupidi di Berlusconi", e "Giuliano Ferrara scatenato contro la nomina di Emma a commissaria europea", e Berlusconi che "non la possiamo proprio fare: qui arrestano me, mio fratello e tutti i miei figli", e "io: se perdono il rispetto di te sei fatto e fottuto", e "lui aveva già convocato Napolitano", e
Napolitano "che stava per arrivare a Palazzo Chigi", e "io che urlo a Silvio: dirottalo alla Camera, e vai a dirgli che vuoi violare la conventio ad excludendum". E "quante cose avrei ancora ma forse è meglio che mi fermi qui...".
Marco Pannella. Un fiume in piena che per due ore e mezzo si abbatte sui 1700 dell'assemblea radicale, nel "day after" della candidatura al Quirinale di Emma Bonino. Un ritorno atteso, salutato da baci, dichiarazioni d'amore, applausi lunghi minuti, bandiere che sventolano e gente che piange. "Sono tornato perché qualcosa sta succedendo", dice alla folla prima di sommergerla con il suo eloquio affascinante e pindarico. Pannella torna per benedire la ripresa dell'iniziativa radicale, che per "dare l'assalto al regime" e per "fare una politica che sia governo degli eventi" è pronta a vendere tutto, dalla radio alla sede: "Noi - applaude Pannella - dobbiamo essere un treno del vecchio West che brucia il legno dei suoi sedili pur di continuare a correre sempre più forte e sfuggire agli indiani che lo assediano. Sperando di essere ancora in tempo".
Due ore e mezzo di parole in cui Emma Bonino entra solo di striscio. Pannella cita qua e là la Bonino commissaria, la Bonino amica, la Bonino militante. Però, dal suo comizio a ruota libera, la Bonino candidata resta fuori. Lei, "l'uomo giusto per il Quirinale", come recitano ironici manifesti e magliette, torna sul palco a dire che il suo impegno in Europa non sarà distratto e "che non ci saranno liste radicali per Strasburgo con la Bonino capolista": i cittadini europei, spiega, "si meritano un commissario a tempo pieno. Non invitatemi a cene e dibattiti: il mio lavoro richiede altre priorità". Poi, dopo aver abbracciato Pannella, la Bonino corre a Fiumicino mentre il leader ritornato sta ancora parlando, sudando e con la voce sempre più roca. Alla fine della maratona, si avvicina la solita militante con la t-shirt di "Emma for president". La speranza, forse, è che Pannella la indossi. Lui la tiene un attimo, poi la restituisce e torna sul palco circondato da microfoni e telecamere: "Onorevole, che cosa ne
pensa della Bonino al Quirinale?". La risposta è un sorriso. "Ancora?". Ma più tardi, ai microfoni del Tg1, è lui stesso a riprendere il discorso e a dire: "Se quella del Quirinale fosse una battaglia di democrazia sarebbe già vinta. Ma siccome siamo in un Paese antidemocratico e anticostituzionale è una battaglia da giungla quella che dobbiamo affrontare".
Guido Tiberga