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Conferenza Rivoluzione liberale
Partito Radicale Rinascimento - 9 marzo 1999
Dall'OPINIONE del 9 marzo 1999 pag. 2
Di Dimitri Buffa

Elena Paciotti respinse la richiesta degli eredi di Tortora di riaprire il processo contro il pentito Melluso

Quel magistrato "autonomo" candidato dai Ds

La candidatura di Elena Paciotti come capolista Ds alle europee rappresenta la prova del nove che il cosiddetto "partito del giudici" esiste e lotta insieme a loro. Bisogna dare atto al segretario Valter Veltroni di avere finalmente rotto gli indugi e posto fine ad un'ipocrisia ormai insopportabile.

Non solo questa donna magistrato è stata per anni ai vertici del sindacato di categoria che del suddetto partito è il nocciolo duro, basti pensare che alle riunioni "sindacali" spesso e volentieri interveniva in pompa magna anche Oscar Luigi Scalfaro, che si guarda bene dal presenziare all'esecutivo della Fiom Cgil o a quello della Fnsi, ma ha anche rappresentato l'ala dura dei »magistrati in lotta" di cui la procura di Milano è uno dei primi motori immobili.

Che differenza di stile questa candidatura da quella di Emma Bonino alla presidenza della Repubblica!

Quest'ultima è stata preceduta da una trasparente raccolta dl firme, da una campagna stampa e dalla generale simpatia della opinione pubblica.

La prima invece è stata comunicata alla chetichella, nella tarda sera di una domenica di marzo subito dopo che gli italiani avevano fatto la pennichella post prandium che precede il rito calcistico che si consuma con 90 minuto.

Ci piace ricordare (si fa per dire) Elena Paciotti per quel che era quando svolgeva le mansioni di sostituto procuratore generale a Milano, stesso distretto di Corte d'appello dove il marito ricopre il ruolo di procuratore aggiunto (e futuro titolare di cattedra in attesa della promozione di Borrelli a procuratore generale).

In particolare per le frasi con cui negò la riapertura del processo per diffamazione a mezzo stampa intentata dagli eredi di Tortora a Gianni Melluso detto "il bello", nonché alla giornalista Matilde Amorosi e al direttore responsabile di "Gente" Sandro Meyer.

I tre erano già stati rapidamente prosciolti dal Gip (manco fossero Di Pietro) il 19 dicembre 1994: due mesi dopo, il 24 febbraio del 1995, la Paciotti respinse l'istanza di riapertura del procedimento con queste parole che passeranno alla storia del doppiopesismo della giustizia italica anche in materia di diffamazione a mezzo stampa: "l'assoluzione di Enzo Tortora con formula piena non è conseguenza della ritenuta falsità delle dichiarazioni di Giovanni Melluso e di altri chiamanti in correità, ma della ritenuta inidoneità delle stesse a costituire valida prova di accusa. Di qui la congruità rispetto al caso in esame del richiamo alla ovvia impossibilità di porre un'equazione tra assoluzione del chiamato in correità e la penale responsabilità per calunnia del chiamante". Cioé Melluso. Che, per la cronaca, si era "limitato" a riproporre per vere le fandonie da lui inventate, per sua stessa ammissione (proprio in quei giorni Melluso tempestava di lettere le procure di mezza Italia cercando qualcuno disposto

ad abboccare alle sue ritrattazioni sul caso Tortora, ndr), con la complicità di un settimanale in cerca di facili scoop e di ancor più facili "emozioni".

Quelle parole della Paciotti, che nella paginetta di provvedimento di cui sopra si lagna persino degli "eccessi" della giornalista nel definire "falsità" le accuse di Melluso (si usa fare così per pararsi le terga quando si sa di farla grossa), sono il degno epitaffio di questo stato forcaiolo sulla lapide di Enzo Tortora.

E la candidatura dell'ex presidente dell'Anm con i Ds a Strasburgo è un'ulteriore indizio dell'imminente contagio dell"'Aids" della giustizia italiana in Europa.

Pubblichiamo integralmente il provvedimento con cui Elena Paciotti ha respinto la richiesta di riapertura del processo per diffamazione a mezzo stampa intentato dagli eredi di Enzo Tortora al pentito Gianni Melluso e ai giornalisti Matilde Amorosi e Sandro Meyer.

Sull'istanza ex art. 572 c.p.p. del difensore delle sig.re Silvia e Gaia Tortora nel procedimento penale per diffamazione aggravata a mezzo stampa a carico di Giovanni Melluso, Matilde Amorosi, Sandro Mayer concluso con sentenza di non doversi procedere dal Giudice per le indagini preliminari di Milano in data 19.12.1994, osserva:

Gli argomenti addotti nell'istanza non risultano fondati alla stregua delle risultanze degli atti. Infatti:

- L'assoluzione di Enzo Tortora con formula piena non è conseguenza della ritenuta "falsità" delle dichiarazioni di Giovanni Melluso - e di altri chiamanti in correità - ma dell'accusa. Di qui la congruità rispetto al caso in esame del richiamo alla, ovvia 'impossibilità" di porre una equazione tra assoluzione del chiamato in correità e la penale responsabilità per calunnia del chiamante .

- Sussiste, per il giornalista, l'esimente del diritto di cronaca

a) perché, accanto alla versione del Melluso non solo viene riportata la

notizia della piena assoluzione di Enzo Tortora, riferendosi testualmente che egli è stato 'riconosciuto innocente'; ma vengono anche riportate le parole di Tortora e si riferisce persino - con qualche eccesso - di una ritenuta 'falsità" delle accuse di Melluso: di qui l'infondatezza della valutazione secondo cui nel brano giornalistico si sarebbe fatto ricorso "agli strumenti dell'insinuazione delle affermazioni apodittiche (del tipo 'Tortora era colpevole')"; smentita dalla lettura del testo integrale dell'articolo e dallo stesso "occhiello" premesso al titolo ("Le allucinanti dichiarazioni di Gianni Melluso...");

b) perché non può essere negato l'interesse pubblico alle vicende del processo Tortora, sovente richiamato, ancora a distanza di anni, nelle cronache giornalistiche e nelle ricorrenti polemiche sui cosiddetti "pentiti". Nella specie l'occasione di riparlare del caso è data dalla notizia della imminente rimessione in libertà del Melluso (l'articolo comincia con la frase "Gianni Meli uso, il 'pentito' siciliano che. con la sua testimonianza mandò in carcere sotto l'accusa di uso e spaccio di droga Enzo Tortora, poi riconosciuto innocente, sta per tornare in libertà").

 
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