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Conferenza Rivoluzione liberale
Partito Radicale Antonella - 10 marzo 1999
ASSEMBLEA DEI MILLE
Roma, Hotel Ergife - 5, 6, 7 marzo 1999

INTERVENTO DI SERGIO STANZANI

7 MARZO 1999

"La storia radicale è storia di una azione politica ininterrotta, fatta di iniziative ed eventi straordinari sostenuti da decisioni coraggiose e coerenti, con regole e comportamenti rigorosi e determinati. Una storia - è necessario ricordarlo - che nonostante gli ignobili tentativi prodotti, per annullarla, per falsarla, anche dalle storiografie ufficiali è parte importante - come non molte altre - del patrimonio politico degli ultimi cinquanta anni del nostro Paese.

Non mi riferisco solo ai momenti, spesso esaltanti, delle lotte per i "diritti civili" (espressione - oggi - che tende - non di rado - a nascondere i veri protagonisti). Per intenderci al divorzio, all'aborto, all'affermazione dei diritti delle donne e degli omosessuali, dei giovani, a partire dall'obiezione di coscienza e dal voto ai diciottenni, dalla prima difesa contro la violenza e la criminalizzazione da e per le non-droghe, dei più deboli, dai carcerati agli alienati e - ricordiamolo - dai primi referendum per l'abolizione del Concordato che seguivano le altre iniziative "anticlericali".

Si tratta di momenti che permangono vivi e presenti nella memoria ormai di pochi, ma che hanno inciso profondamente nel costume e nella cultura di un Paese che usciva dalla guerra e dalla resistenza, profondamente costretto dalla presenza - allora preminente - della Chiesa e da oltre vent'anni di dominio fascista e al quale come "alternativa laica e liberale" veniva offerto il predominio della cultura marxista, la Democrazia Cristiana e il Partito Comunista più forte dell'Occidente.

Da allora i radicali, il Partito Radicale, sono stati i veri "antagonisti" di quel partito. Che il "pericolo radicale" - che proveniva da sinistra ma fuori dalla sinistra dei partiti e del pci - sia stato avvertito come un pericolo più pericoloso e consistente di quanto sia mai emerso nei e dai numeri è da un lato evidenziato da significative attenzioni a noi rivolte di "comunisti eccellenti" (primo tra questi Palmiro Togliatti) e dall'altro dal persistente tentativo di eliminarci, ignorando o eludendo le nostre dure ma puntuali sollecitazioni a un esplicito e diretto confronto.

Un altro aspetto, certo non disgiunto dai nostri rapporti con il PCI e con i Movimenti della sinistra, ha caratterizzato fin dall'inizio l'azione politica radicale ed è dato dal riferimento costante e coerente alle democrazie anglosassoni e, prima tra queste, agli Stati Uniti.

Come non ricordare il piano Marshall? Cosa sarebbe stata la ricostruzione e lo sviluppo del nostro paese? Come non ricordare la Guerra del Golfo?

La proposta radicale dell' "unità laica delle forze", l'affermazione "della vita del diritto per il diritto alla vita" prospettavano da sinistra l'esigenza di una contrapposizione liberale all'offerta di alleanze per il costituirsi - prima - e il consolidarsi - poi - della partitocrazia: già da quel momento, con quelle iniziative si prefigurava fin da allora la "rivoluzione liberale", come condizione da realizzare per assicurare la democrazia al nostro Paese.

Ma veniamo a tempi più recenti.

Per vent'anni si è protratta la presenza radicale nel Parlamento Italiano, dal 1976 al 1996.

Una presenza che nella VII legislatura ha momenti di grande tensione con l'ostruzionismo praticato dai soli quattro eletti radicali (Bonino, Faccio, Mellini e Pannella) per la legge Reale e quella sull'aborto. E' del 1977 la prima grande raccolta di firme su 8 referendum, sono gli anni del terrorismo, delle leggi speciali, dell'assassinio di Giorgiana Masi, del sequestro Moro.

Nel 1979 il successo delle liste omnibus (20 parlamentari eletti) porta alla Camera anche Leonardo Sciascia. E' la legislatura del delitto Moro e dell'unità nazionale, con l'ostruzionismo alla Camera e al Senato sui decreti Cossiga, con le azioni contro la P2, P38 e Pscalfari: è l' "anno del fanciullo", con le stime dell'ONU di 17 milioni di bambini morti per fame e la nostra campagna per "3 milioni di vivi subito".

Nel 1980 i radicali entrano anche nel Parlamento Europeo, presenza contrassegnata dai durissimi digiuni contro lo sterminio per fame, dal manifesto dei 51 Premi Nobel, dalle marce di natale e di pasqua, dalle petizioni popolari.

Nel 1983 le elezioni sono contrassegnate dalla campagna radicale per il non-voto come azione di disobbedienza civile contro il regime catto-comunista. Sono gli anni dell'elezione di Toni Negri e, al Parlamento Europeo nell'84, di Enzo Tortora,: sono gli anni della prima "radio bestemmia" contro il tentativo di chiusura di Radio radicale nel 1986, dell'elezione di Cicciolina nel 1987, della nascita del primo partito transnazionale e transpartitico nel 1988. E' il partito dei congressi di Budapest, di Zagabria, di Sofia, della pubblicazione di un giornale in 13 lingue distribuito nei parlamenti di 35 paesi che richiama "democratici di tutto il mondo, unitevi"; il partito che conta nel 1992 più di 5000 iscritti dell'ex Unione Sovietica, tra i quali moltissimi parlamentari. E sempre il 1992 è l'anno delle 700mila firme depositate per 9 referendum, l'anno della presentazione della prima lista "che ha un nome": la Lista Pannella. L'anno della guerra nella ex Yugoslavia e dell'inizio delle nostre campagne per l'ist

ituzione dei tribunali ad hoc e permanente per genocidio e crimini di guerra. E poi nel 1993 Tangentopoli e i 30.000 iscritti, e nel 1994 la nostra proposta a Berlusconi su di un progetto preciso: la riforma americana.

Dal 1996 a oggi, è tempo presente. Ma è necessario, qui, oggi ricordarlo.

Ho tentato di richiamare i momenti della storia radicale, della mia storia, della nostra storia che hanno contribuito, ripensandoci e riflettendo, a determinare in me una profonda convinzione: la necessità, per quanti di questa storia hanno fatto o fanno parte o in essa e per essa hanno trovato motivi di attenzione e di riferimento politico di convocare e promuovere questa assemblea "per la rivoluzione liberale e gli stati uniti d'Europa".

Devo essere sincero: è più il valore, il significato l'importanza dell'iniziativa radicale presente nel nostro paese da ormai cinquant'anni che mi da le ragioni per essere qui con voi.

Che si tratti di un "regime" illiberale, quindi non democratico - questo è il punto - chiunque partecipi o solo consideri l'assetto del potere nel nostro paese, non può non riconoscerlo, a prescindere dalle conclusioni che ne voglia, possa o debba trarre.

Altri prima di me ne hanno configurato i tratti essenziali, con ricchezza e competenza.

Tra questi tuttavia, due ne voglio richiamare: il primo è la gestione dei mezzi di informazione, e in particolare la televisione perché decisiva è la sua importanza per il potere.

In realtà si tratta di una condizione generale che coinvolge - chi più e chi meno - tutti gli "esercenti" televisivi, quantomeno quelli a copertura nazionale: ma, tra questi, è l'arroganza senza pudore propria di chi si sente "investito dal Signore" che occupa il cosiddetto servizio pubblico, che mi colpisce, mi offende in modo oppressivo, inaccettabile, intollerabile. Come è possibile non rendersi conto della regìa che sottende alla comparsa degli attori, nelle rappresentazioni dei vari Vespa, Santoro, Lerner, attori che per numero e qualità appaiono contraddire la condizione di regime che viviamo?

Il secondo, è la gestione della realtà economica e sociale esercitata dal potere.

Solo in apparenza rinnovato, ma immutato se si tiene conto del contesto del Paese, questo sì profondamente cambiato anche e soprattutto per l'evolversi di quanto è al di fuori di noi: negli Stati Uniti, in Asia, in tutto il mondo, e anche in Europa.

Il debito pubblico e i sindacati - ma non solo questi - sono di effettivo ostacolo alla liberalizzazione del nostro sistema. Tuttavia, la cultura e gli uomini che governano non sono cambiati: quindi, in buona o in cattiva fede, sono incapaci, e il nostro sistema non può, non riesce a liberarci dalla morsa statalista e illiberale del regime che lo ha governato per decenni.

Com'è pertanto possibile negare la necessità della "rivoluzione liberale" con le essenziali e inevitabili connessioni con "gli Stati Uniti d'Europa"?

Compito immane, tanto da far ritenere che questa volta il "piccolo Davide" non sia in grado di abbattere "il gigante Golia".

Dovrei concludere che non mi resta altro che andarmene a casa. O espatriare, dato che radicale sono, rimango e sono sempre stato.

E' qui, a questo punto che interviene e mi soccorre la mia, la nostra storia, che spesso ha incontrato compiti "impossibili". Ma è pur vero che, segnata da intelligenza, convinzione, determinazione e straordinaria capacità di impegno li ha superati, consentendoci continuità nel procedere e coerenza nel percorso.

Oggi è indubbiamente ancora una volta molto difficile, forse ancora una volta "impossibile".

Da qui la necessità, la forza, il coraggio della decisione di rivolgerci a voi, ai "mille", che sono, che siete ormai 2000 (già questo è un risultato da molti ritenuto impossibile) offrendovi l'opportunità di un incontro per valutare se, col porre totalmente in gioco il patrimonio radicale, quello storico e quello attuale, vi siano la volontà e la capacità - assieme ai molti altri, che qui non sono - di dar vita e corpo alla lotta per la conquista di quella rivoluzione già preannunciata dai radicali fin dai primi momenti, e che oggi è una esigenza consapevole ed evidente di lotta, anche estrema, per l'affermazione del diritto e della legalità, della democrazia, che i pericoli che incombono sullo sviluppo economico e sociale del nostro paese, non è azzardato ritenere possano condurre a soluzioni autoritarie e violente.

Queste sono anche le ragioni della mia sintonia con Marco Pannella, con la sua forza e capacità straordinarie.

Scusatemi se ho approfittato della vostra generosità, del vostro tempo."

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