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Conferenza Rivoluzione liberale
Poretti Donatella - 23 marzo 1999
"NON HANNO AVVISATO NOI NE' IL MAGISTRATO"
la lettera del fratello

da Il Corriere della Sera, martedi' 23 marzo 1999

MATERA - "Signor ministro Oliviero Diliberto: perche'? Signora ministro Rosa Russo Jervolino: perche'? Perche' mio fratello, trasferito in questura vivo, si e' trovato morto in ospedale?". E' drammatica la lettera che Giuseppe De Palo, fratello di Angelo Raffaele, ha inviato ai ministri della Giustizia e dell'Interno per invocare trasparenza "sulla fine di un ragazzo di 31 anni, figlio di una famiglia stimata da tutti, che da cento anni a Matera produce pane e biscotti". Ma non c'e' solo dolore, nelle parole di Giuseppe De Palo, diplomato, ex studente in Legge e poi anch'egli panificatore, come i genitori e i fratelli. Giuseppe, a nome di tutta la famiglia, chiede: "Avete approvato il nuovo "pacchetto-anticrimine". Ma siete proprio convinti di delegare alle forze dell'ordine fermi e accertamenti senza informare la magistratura, anche quando non sono stati commessi reati?". E poi, la conclusione amara: "Siamo in Europa, si viaggia senza passaporto, e a Matera si ferma in pieno centro, sotto casa propria, un

ragazzo. Lo si porta in questura per accertamenti, lo si ricovera per sospetta frattura del setto nasale e lo si ritrova morto, senza che i genitori, la moglie, il magistrato vengano avvisati. Ma il questore parla di fatalita'". Ai funerali di Lino, nessun rappresentante istituzionale. E nessun accenno da parte del prete alla tragica fine del ragazzo. In compenso, una folla spontanea, "un corteo di protesta silenziosa che ci conforta", dicono quelli che a Lino De Palo volevano bene.

"LINO AMMAZZATO DALLA POLIZIA"

Il giovane fornaio di Matera e' deceduto nove ore dopo in ospedale, aveva cranio e setto nasale rotti

La famiglia dell'uomo morto dopo la lite in questura accusa, aperta un'inchiesta

Di Carlo Vulpio

MATERA - Entrare in questura vivi e uscirne morti. "Proprio cosi', questo e' accaduto. Non e' stata una fatalita'. A Lino lo hanno ammazzato in questura": a parlare, tra le lacrime e la pieta' della gente che gremisce la chiesa di San Domenico per i funerali di Lino, sono i familiari di Angelo Raffaele De Palo, detto Lino, fornaio di 31 anni, sposato, papa' di una bimba di dieci anni. Secondo loro, Lino e' stato "pestato a sangue".

C'e' tanto dolore nel vecchio palazzo Latronico, da dove portano via la salma di Lino. E anche tanta rabbia. Il dolore, come quello della vecchietta che piange dietro le tendine bianche di una porta-finestra, trova il suo sfogo nelle lacrime e nelle preghiere. La rabbia invece si cerca di reprimerla, ma c'e' poco da fare, vien fuori come lava da un vulcano. "Adesso bisogna piangere Lino e stare vicino ai suoi - dicono gli amici, alcuni venuti persino dall'Austria -. Ma poi bisognera' gridare che questo e' un delitto e che occorre fare giustizia. Ha fatto bene il fratello di Lino a scrivere ai ministri dell'Interno e della Giustizia".

La fine di Lino De Palo e' cominciata venerdi' sera, poco dopo le 23, nel centro di Matera, una delle citta' piu' tranquille d'Italia, anche sul fronte della cosiddetta microcriminalita'. Lino De Palo e' nei giardinetti, sotto casa sua, e sta discutendo animatamente, forse troppo, con un'altra persona. Passa una "volante" a lampeggiante spento, siamo a non piu' di 500 metri dalla questura, e si ferma. Normale controllo. Magari per capire se quello che hanno da dirsi con tanta foga i due possa degenerare. Ma De Palo, secondo la versione della polizia, non gradisce l'intervento. Oltraggia, si agita, minaccia. Pero' senza fare storie sale sull'auto degli agenti, che accende il lampeggiante e sgomma verso la questura. Ma qui, sempre secondo il racconto dei poliziotti, De Palo si arrabbia di nuovo. Al punto da avere uno scatto d'ira contro un ispettore, lanciandogli in faccia la sigaretta accesa e poi afferrandolo per il collo. Segue colluttazione tra i due e la caduta - contro un palo di cemento armato o uno spi

golo, non si capisce bene - che spappola il setto nasale di Lino De Palo. Il giovane adesso e' a terra, e non da' segni di vita. E' mezzanotte. Arriva l'ambulanza, si corre all'ospedale e si ricovera Lino nel reparto di otorinolaringoiatria perche' si pensa a una rottura delle varici dell'esofago. Anche se non si fa nemmeno una radiografia per accertarlo, cosa che forse avrebbe permesso di "vedere" la frattura del cranio del povero Lino "nella regione occipitale-parietale", come dira' l'autopsia eseguita dal professor Luigi Strada dell'universita' di Bari. Cranio fracassato e conseguente emorragia cerebrale spengono Lino in nove ore. Il giorno dopo, sabato alle 9.35, il ragazzo muore. Sua moglie riesce a vederlo un attimo prima che lo portino all'obitorio, "e vede lo spettacolo terribile del marito che, in ospedale, giace a terra, in una pozza di sangue", racconta il fratello di Lino, Giuseppe. "Nessuno ci aveva avvisati - aggiunge Giuseppe -. Io stesso l'ho saputo per caso all'una di notte da un amico che l

avora in ospedale e sono corso da mio fratello. L'ho trovato abbandonato su un letto in corsia e con il mio fazzoletto gli ho pulito il volto insanguinato".

Il questore, Eugenio Introcaso, parla di tragica fatalita'. Ma in citta' c'e' chi non e' convinto. E il pm Eva Toscani ha aperto un'inchiesta e ha fatto sequestrare le cartelle cliniche. Anche perche' c'e' da spiegare come poteva un ragazzo minuto e malato come Lino De Palo sprigionare tanta aggressivita' con i poliziotti.

"E' vero - dicono amici e familiari -, stava male perche' era sieropositivo, e allora? Con la droga aveva chiuso. Era diventato un ragazzo felice. Aveva anche un panificio tutto suo. Cosa mai puo' aver fatto per essere ammazzato?".

 
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