La campagna di Romano Prodi per l'Asinellodi Francesco Merlo, da Il Corriere della Sera, giovedi' 1 aprile 1999
Percorrendo un'Italia in guerra, per fare campagna elettorale a favore del suo Asinello, il presidente designato (con pieno merito) Romano Prodi sta accendendo di luce europea ogni lampione di paese e sta annaffiando tutti i fiori con l'acqua di colonia della sua Commissione. Solo quando gli chiedono di esprimersi, come tutti si aspetterebbero, sulla pace e sulla guerra, Prodi si rifugia nelle vaghezze generiche e manierate, sotto l'ombrello delle competenze istituzionali o nel folclore e nell'effimero delle manifestazioni locali. Nei vari cinema Odeon, tra canti e musichette, fiori e spettacolini da strapaese non ha nulla da dire sui pacifisti che stanno dentro al governo, non offre alcun appoggio esplicito alla Nato, ne' spende una parola sui crimini di Milosevic, niente: "Per carita', nella mia posizione super partes".
Se, come nelle commedie classiche, la pace fosse un liquido d'ambrosia agevolmente trasportabile in appositi recipienti, allora certamente Prodi ne farebbe dono ai tanti fans elettorali che lo seguono e che lo applaudono nei cinema e nei teatri d'Italia. A Reggio Calabria Prodi ha offerto il suo nettare agli universitari, promettendo che le lauree italiane avranno presto valore legale in tutto il Continente.
E a Palermo ha spiegato agli scrittori i vantaggi strabilianti del copyright europeo. Per ogni delusione di quartiere e per ogni irritazione di villaggio Prodi mostra una soluzione europea. Poi pero' gli fanno la domanda sulla guerra: "Cosa pensa della partecipazione italiana ai bombardamenti contro la Serbia di Milosevic?". E lui: "La prego, sono super partes". Altra domanda: "Il presidente del Consiglio, a reti unificate, chiede all'Italia di essere forte. Lei non sente il dovere di unirsi al suo appello? E che cosa dice ai pacifisti che stanno dentro al governo? Crede che l'Italia rischi di non essere all'altezza dell'Europa che lei va a presiedere?". E lui: "Le pare che nella mia posizione io possa mettermi a litigare?".
Come aveva annunciato, Romano Prodi sta facendo il suo giro d'Italia per vendere l'Europa a fini elettorali. Si esibisce nei mercati, cerca i bagni di folla, benedice gli investimenti canadesi al Sud, ha presentato a Catania le candidature di Enzo Bianco e Leoluca Orlando. L'Europa e l'Asinello sono per lui la stessa cosa. Con lui presidente ci sara' ovviamente un equo riconoscimento per tutti; ogni voto per l'Asino sara' un voto al presidente della Commissione. Una blandizie consolatoria l'ha riservata anche agli agricoltori e ai pescivendoli. Persino quelli che vivono ai margini, come i bancarellari, hanno adesso una speranza continentale: "Aiutatevi e l'Europa vi aiutera'". E nella sala matrimoni del Monastero Santa Chiara di Catania ha detto agli imprenditori queruli: "Ragazzi, il vostro parroco e' stato eletto vescovo, altre pecore sono arrivate nel mio pascolo; se capitasse, per esempio, che quelle spagnole fossero piu' veloci, sapete com'e', non potrei far finta di non vederle". Agli amici ha pure con
fidato di aver gia' ricevuto piu' richieste di raccomandazione adesso che durante il tempo che rimase all'Iri: "E tutti vorrebbero entrare nel mio staff, c'e' chi propone una stagista, chi mi telefona per un posto di barman al Parlamento: "Professore, mio figlio sa le lingue". Adesso capisco meglio il caso Cresson".
La campagna elettorale di Prodi ha ancora una sua mansueta misura, ma il ritornello non e' certo elegantissimo: in Europa si viaggia sull'Asinello. L'ex premier aveva gia' detto che avrebbe sfidato i concetti di opportunita' e di eleganza, non ha intenzione di estraniarsi dal dibattito politico nazionale, conosciamo la risposta anche filosofica che Prodi ha confezionato nei giorni scorsi. Sappiamo che Prodi rivendica il diritto di completare il suo progetto politico, che non vuole e forse non puo' diventare il funzionario del Progresso e l'impiegato della Storia confinato sulla piu' ricca e lontana poltrona europea, non vuole svendere il ruolo che ha avuto in questo Paese a partire dalla vittoria elettorale del 21 aprile sino all'avventurosa sostituzione a Palazzo Chigi con il suo alleato-avversario Massimo D'Alema. Tutto lecito, tutto scontato, tutto comprensibile.
Ma adesso l'Italia e' in guerra. E Prodi, che era al governo quando parti' la prima richiesta europea di intervento armato alla Nato, avrebbe forse il dovere di trovare un po' di tempo per parlare di guerra e di pace agli italiani che lo votarono il 21 aprile. Fosse pure in uno di questi suoi pittoreschi bagni di folla, tra un mazzo di fiori e un omaggio alla Curia. Ci sono momenti speciali e solenni in cui bisogna trascurare il proprio Asinello e cominciare a correre qualche rischio personale.