Conferenza Rivoluzione liberale |
Vernaglione Piero
- 2 aprile 1999
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Sulla vendita delle attività dell'area radicale ho già espresso la mia perplessità in un precedente intervento, in cui, prendendo a prestito un'espressione economica, giudicavo poco saggio intaccare il capitale per effettuare spese correnti (stamattina un ascoltatore di Radio Radicale ha utilizzato una appropriata metafora, sostenendo che in tal modo si brucia la locomotiva, e non solo il carbone che la fa camminare). Tento di precisare i motivi del dissenso con un maggior grado di dettaglio. Nel tentativo di interpretare le ragioni della scelta da parte del gruppo dirigente (con quanta compattezza?), sono fortemente tentato dall'utilizzazione di categorie di natura generale, che hanno a che fare più con la psicologia che con la politica, come una certa "impossibilità di essere normale" che caratterizza l'"homo radicalis", nel senso di un atteggiamento mentale che richiede sempre lo stare in "surmenage", il rifiuto della presa d'atto che, se lo sfondamento politico immediato non è praticabile, allora aprir |
e l'ombrello per sopportare temporaneamente la durezza della quotidianità non è un compromesso vile. Tuttavia giustificherò la mia contrarietà utilizzando un argomento molto più pratico e pragmatico, la delineazione di uno scenario che prevedo approssimativamente così: si raccoglieranno, supponiamo, 60 miliardi, che verranno utilizzati per una paio di campagne referendarie fallite, la pubblicità su alcuni quotidiani per qualche iniziativa specifica, la stampa di qualche opuscolo o libro ecc. Fra due anni, il soggetto politico radicale continuerà ad avere più o meno il 2%, non si sarà aperto nessuno spazio politico serio (perché non ve ne sono le condizioni), non sarà stata conseguita nessuna riforma liberale di rilievo; ma, rispetto ad oggi, saremo senza Radio Radicale ed altre attività che rappresentano il piccolo varco mantenuto aperto; il canale di comunicazione di un punto di vista prezioso, quello liberal-radicale; la garanzia di un riferimento, culturale e politico; lo spazio di "testimonianza" (si, l'ho detta la parolaccia!) che consente di vivere il quotidiano, qui e ora. Insomma, nella mia percezione, quell'uno per cento di disaccordo di cui parlava saggiamente Bordin stamattina. |
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