Non sono d'accordo con questo modo di interpretare un lavoro, per di piu' pericoloso.A tutto questo devo aggiungere una "sindrome da persecuzione" che mi pare giunga a livelli rilevanti da parte dei radicali (ed anche io lo sono).
E questo non c'entra con la mia personale conoscenza del giornalista in questione, che mi e' sempre parsa una persona obiettiva e professionale (nei limiti in cui, ovviamente, le condizioni esterne, come una guerra ad esempio, lo possano permettere).
gv